Nova Lectio

anarchQuesto è il testo della puntata che ho realizzato in radio e che contiene, come parte, quello usato per il video di Nova Lectio.

Introduzione


Carissimi amici di NSSI, benvenuti a questa puntata della trasmissione, l’ultima prima della sosta estiva. Credo sia abbastanza chiaro quale sia il tema di oggi. La canzone introduttiva è uno dei canti più famosi dell’anarchismo e ricorda l’espulsione di un gruppo di anarchici dalla Svizzera. Tra questi c’era l’autore del testo che abbiamo appena ascoltato, Pietro Gori. Si era rifugiato in Svizzera perché accusato di complicità nell’omicidio del presidente francese Sadi Carnot nel 1894, ad opera di un altro anarchico, amico di Gori, Sante Caserio.
Da questa introduzione può sembrare che gli anarchici siano tutti bombaroli, per usare un’espressione cara a Fabrizio De Andrè, anche lui anarchico. Questa puntata vuol dimostrare che le cose sono enormemente più complesse e che parlare per sentito dire fa, sempre, fare brutte figure.
Avviso subito che la puntata è bella tosta, piena di riferimenti storici, spesso poco conosciuti dal grande pubblico.

pannellaParlare di Marco Pannella è complicatissimo, non perché il personaggio sia sfuggente o altro, ma per la semplice ragione che non c’è azione politica del dopoguerra in cui non abbia messo piede. Se poi ci riferiamo ai diritti civili questa considerazione va elevata alla ennesima potenza.
Tanto per chiarire: dopo la sua morte, è stato chiesto a molti suoi contemporanei importanti, politici, giornalisti, intellettuali, di definirlo. Non ci sono due definizioni uguali, ciascuno ha privilegiato un suo aspetto, positivo o negativo che fosse, perché Pannella è così: il bene e il male, la luce e l’ombra. Ma resta una figura centrale, anzi centralissima, della politica italiana. Diverso da tutti gli altri, una figura leggendaria per la sua unicità rispetto a quanti lo hanno circondato con affetto o lo hanno respinto con sdegno. Un alieno per metodi non convenzionali, spesso inventati perché ancora non esistenti.

pepeÉ un contadino di 89 anni, vive nella sua piccola fattoria al Cerro, nella periferia di Montevideo. Coltiva fiori, soprattutto crisantemi, che vende al mercato o alle fiorerie della zona. Non si separa mai da Lucìa, sua moglie e da Amelia, la sua cagnetta che ha perso una zampa. É stato per cinque anni presidente dell’Uruguay e, prima, guerrigliero e rinchiuso in carcere per 15 anni, 11 dei quali passati in condizioni disumane. É un uomo saggio, pieno di esperienze, ma anche di sogni, un uomo che, nonostante l’età, non teme di parlare di futuro e di utopia.
É Josè Alberto Mujica Cordano, per tutti semplicemente Pepe Mujica. Questa è la sua storia.
La sua salute, in queste ultime settimane è peggiorata, ma quando scrivo questo pezzo è vivo e vegeto e io spero rimanga tale ancora a lungo.

dolciDanilo Dolci è stato un uomo straordinario. I siciliani, specie quelli della provincia di Palermo, lo conoscono bene. Ci sono vie e scuole intitolate a lui. Per la maggior parte degli altri è un nome che non dice molto, eppure la sua opera ha provocato in quelle terre una vera e propria rivoluzione. Parlarne oggi, a cento anni dalla sua nascita, è quindi quantomeno doveroso. Danilo nasce il 28 giugno 1924 in mezzo alle doline del Carso, in Friuli, da dove si sposta, per il lavoro del padre, in Lombardia. Antifascista, viene arrestato dai repubblichini, ma riesce a fuggire e a rifugiarsi presso dei pastori in un piccolo borgo dell’appennino abruzzese. É il suo approccio con un altro mondo, un altro modo di essere, una società che la povertà sa benissimo cosa sia. Ma, la sera, con quella gente, in osteria, si trova a parlare di poesia. Dopo la guerra, studia architettura, prima a Roma, poi a Milano. Per racimolare un po’ di soldi insegna in un corso serale e ha tra i suoi allievi Franco Alasia, che sarà sempre al suo fianco in mille battaglie. Partecipa a concorsi di poesia, finendo per gareggiare con nomi come Pasolini, Turoldo, Zanzotto e non è l’ultimo tra i poeti conosciuti.

berliChe i politici non siano proprio il trionfo della simpatia per il popolo è cosa risaputa. Parlarne è sempre un tantino complicato. In questo caso la storia di un uomo, importante, decisivo per milioni di persone, addirittura, in alcuni casi, per le sorti di una nazione, si intreccia con quella della nostra Repubblica. E lo fa in un periodo straordinariamente ricco di eventi, belli e brutti, ma soprattutto brutti, che hanno segnato i 40 anni dalla fine della seconda guerra mondiale al 1984. L’uomo al quale è dedicato questo video è Enrico Berlinguer, sassarese, del 1922, famiglia di antica nobiltà sarda, decisamente antifascista durante il ventennio, con il padre avvocato, socialista.
Muore da “eroe comunista”, subendo un ictus sul palco di Padova, durante un comizio elettorale nel 1984. Più di un milione di persone parteciperanno ai suoi funerali a Roma. L’effetto della sua scomparsa porterà, per la prima e unica volta, il suo partito ad essere il primo in Italia, anche se per una manciata di voti.

monnezzaPorto fuori la spazzatura”. Quante volte l’abbiamo detto: “fuori” è davanti a casa, in attesa del camion della raccolta differenziata o l’isola ecologica di condominio. Oggi parliamo di un altro “fuori”, di quei rifiuti che finiscono in un’altra nazione o addirittura in un altro continente. E qui le cose cambiano drasticamente.
La società dei consumi, quella in cui viviamo, è fondata sui rifiuti. Senza di essi non esisterebbe.
La rivoluzione industriale del ‘700 ci ha regalato un sistema di produzione “lineare”. Si estraggono materie prime: quelle che servono per realizzare le merci, e quelle che servono per produrre l’energia necessaria alla loro lavorazione. Facendolo, si produce inquinamento e, spesso, devastazione dei territori.

videlaQuando in Argentina si parla del “golpe”, nessuno ha dubbi che ci si riferisca, tra i tanti avvenuti, a quello che tra il 1976 e il 1983 ha visto al potere una giunta militare.
I numeri sono importanti e dicono molto, ma non tutto, di questo periodo. Ci sono decine di migliaia di morti ma un numero molto minore di cadaveri, migliaia di prigionieri, cittadini fucilati per strada, un milione di esiliati. Questo orribile conteggio, che ancora oggi non ha spento il suo eco, va, in qualche modo, spiegato, perché la dittatura è stata, anche, un atto politico, una presa di potere per la quale occorre porsi alcune domande. Perché è avvenuta? Chi l’ha resa possibile e chi l’ha sostenuta? Quali novità ha portato nella vita sociale, associativa, economica del paese? E poi: perché e come è finita?