Una volta chiesero ad uno scienziato cosa avrebbe salvato della cultura scientifica in previsione di una distruzione totale. Egli rispose senza esitare: "la conoscenza dell'atomo, della sua struttura e delle sue proprietà".
Quando, nell'antichissima Grecia, Democrito, probabilmente giocando con la sabbia, ebbe l'intuizione che la materia non doveva essere continua come una lastra di marmo, ma formata di piccolissime, invisibili particelle "ultime", non sapeva certo quale meccanismo avesse innescato e quali incredibili conseguenze questa sua "scommessa" avrebbe contribuito a creare. Dagli "atomos" (indivisibili appunto) di Democrito sono passati molti secoli prima che gli alchimisti e poi i chimici fornissero prove sensate dell'esistenza degli atomi. E non è molto tempo che si è cominciato a pensare ad una loro organizzazione interna. Non potendo essere viste, queste piccole particelle vengono "immaginate", di esse si costruiscono dei "modelli" il cui scopo è di spiegare i fenomeni che noi riusciamo a vedere. La costruzione di un modello quindi non può essere fatta a casaccio. E' un po' come quando tastiamo sotto un lenzuolo degli oggetti spigolosi; a nessuno verrebbe in mente di dire che là sotto ci sono dei pompelmi e va bene così perché tanto nessuno ci può guardare!
Quando, nell'antichissima Grecia, Democrito, probabilmente giocando con la sabbia, ebbe l'intuizione che la materia non doveva essere continua come una lastra di marmo, ma formata di piccolissime, invisibili particelle "ultime", non sapeva certo quale meccanismo avesse innescato e quali incredibili conseguenze questa sua "scommessa" avrebbe contribuito a creare. Dagli "atomos" (indivisibili appunto) di Democrito sono passati molti secoli prima che gli alchimisti e poi i chimici fornissero prove sensate dell'esistenza degli atomi. E non è molto tempo che si è cominciato a pensare ad una loro organizzazione interna. Non potendo essere viste, queste piccole particelle vengono "immaginate", di esse si costruiscono dei "modelli" il cui scopo è di spiegare i fenomeni che noi riusciamo a vedere. La costruzione di un modello quindi non può essere fatta a casaccio. E' un po' come quando tastiamo sotto un lenzuolo degli oggetti spigolosi; a nessuno verrebbe in mente di dire che là sotto ci sono dei pompelmi e va bene così perché tanto nessuno ci può guardare!
Dunque, il nucleo è la parte più piccola dell’atomo.
In esso sono compressi tutti i protoni, che con le loro cariche elettriche positive, si respingono l’un l’altro, quindi, al suo interno devono essere presenti anche i neutroni; particelle "grandi" quasi come i protoni, ma privi di carica elettrica. Tuttavia i neutroni esercitano un altro tipo di interazione (nucleare forte) sui protoni - attrattiva - il che consente al nucleo di restare compatto e non rompersi.
Ogni elemento è contraddistinto dal numero delle particelle che lo compongono. Così l’elemento più leggero è l’Idrogeno, perché il suo atomo è costituito da un solo elettrone e da un protone, poi viene l’Elio con 2 elettroni, 2 protoni e 2 neutroni e così via, fino ad elementi decisamente più pesanti come l’Uranio che può contare 238 tra protoni e neutroni.
In esso sono compressi tutti i protoni, che con le loro cariche elettriche positive, si respingono l’un l’altro, quindi, al suo interno devono essere presenti anche i neutroni; particelle "grandi" quasi come i protoni, ma privi di carica elettrica. Tuttavia i neutroni esercitano un altro tipo di interazione (nucleare forte) sui protoni - attrattiva - il che consente al nucleo di restare compatto e non rompersi.
Ogni elemento è contraddistinto dal numero delle particelle che lo compongono. Così l’elemento più leggero è l’Idrogeno, perché il suo atomo è costituito da un solo elettrone e da un protone, poi viene l’Elio con 2 elettroni, 2 protoni e 2 neutroni e così via, fino ad elementi decisamente più pesanti come l’Uranio che può contare 238 tra protoni e neutroni.
Dunque dal nucleo proviene un sacco di energia. Possiamo usarla? Se sì, come? Sappiamo dalla precedente puntata che la reazione che interessa è la fissione nucleare. Per riprendere brevemente la questione, ricordo che un neutrone entra in un nucleo di Uranio (o altro materiale fissile) rompendolo in nuclei più leggeri; come prodotti di uscita ci sono anche alcuni neutroni (due o tre) e una quantità notevole di energia. Sono proprio quei “due o tre” neutroni ad aver dato il primo problema all''utilizzo dell''energia nucleare. Infatti, ogni urto ne innesca altri “due o tre”, ognuno di questi, altri “due o tre” e così via, in un''amplificazione dell''effetto che in brevissimo tempo coinvolge una quantità davvero sterminata di nuclei. Questo processo prende il nome di “reazione a catena”. Certo è possibile limitarla, in modo da controllare la produzione di neutroni e quindi di energia. Ma di questo parleremo la prossima volta.
Una guerra fa sempre troppi morti, con o senza le armi nucleari. Non è questo il punto.
Quando scoppia una granata e fa dei morti, la questione termina là. Nel caso di una esplosione nucleare, purtroppo, è appena l''inizio della tragedia.
Quali sono dunque gli effetti terribili di una bomba A? Ne hanno parlato in tanti, tra questi i sopravvissuti all''eccidio giapponese del 1945. In quali modi l''energia nucleare si manifesta al mondo? Vediamo i principali.
1. La luce: terribile e accecante (nel senso letterale del termine). “Un secondo sole, ma mille volte più luminoso” è la descrizione ricorrente. La cecità può essere indotta ad un osservatore che si trovi anche a 60 km di distanza.
2.Il calore prodotto è in grado di “sterilizzare” aree larghe alcuni chilometri, di qualsiasi forma di vita. Le temperature raggiunte nel momento dell''esplosione raggiungono valori di parecchi milioni di gradi.
3.L''onda d''urto, con l''aria mossa fino a 1500 km/h, è forse la prima causa di morte.
4.Le radiazioni emesse di tipo alfa, beta e gamma sono altamente ionizzanti (specie le ultime). Penetrando nella materia esse modificano la struttura atomica e quindi molecolare e quindi cellulare dei tessuti, con le conseguenze drammatiche che è facile immaginare. Leucemie e cancri (tra l''altro) sono indotti dalla ionizzazione.
Quando scoppia una granata e fa dei morti, la questione termina là. Nel caso di una esplosione nucleare, purtroppo, è appena l''inizio della tragedia.
Quali sono dunque gli effetti terribili di una bomba A? Ne hanno parlato in tanti, tra questi i sopravvissuti all''eccidio giapponese del 1945. In quali modi l''energia nucleare si manifesta al mondo? Vediamo i principali.
1. La luce: terribile e accecante (nel senso letterale del termine). “Un secondo sole, ma mille volte più luminoso” è la descrizione ricorrente. La cecità può essere indotta ad un osservatore che si trovi anche a 60 km di distanza.
2.Il calore prodotto è in grado di “sterilizzare” aree larghe alcuni chilometri, di qualsiasi forma di vita. Le temperature raggiunte nel momento dell''esplosione raggiungono valori di parecchi milioni di gradi.
3.L''onda d''urto, con l''aria mossa fino a 1500 km/h, è forse la prima causa di morte.
4.Le radiazioni emesse di tipo alfa, beta e gamma sono altamente ionizzanti (specie le ultime). Penetrando nella materia esse modificano la struttura atomica e quindi molecolare e quindi cellulare dei tessuti, con le conseguenze drammatiche che è facile immaginare. Leucemie e cancri (tra l''altro) sono indotti dalla ionizzazione.
Immaginate di voler preparare una grigliata. Oltre alla carne e alla polenta vi serve un po’ di carbone o di legna da ardere, insomma vi serve un combustibile.
La proprietà di queste sostanze è quella di reagire chimicamente con un comburente, quasi sempre l’ossigeno dell’aria (ossidazione), producendo una certa quantità di energia termica.
C’è anche un “combustibile nucleare”, solitamente Uranio e Plutonio, che fornisce energia attraverso una reazione nucleare di fissione del nucleo.
La domanda che qui ci poniamo è la seguente. Dove andiamo a prendere i combustibili? Come vengono prodotti e cosa occorre fare per poterli utilizzare? E cosa fa di un combustibile una “fonte rinnovabile”? E come partecipa alla produzione dell’effetto serra?
La proprietà di queste sostanze è quella di reagire chimicamente con un comburente, quasi sempre l’ossigeno dell’aria (ossidazione), producendo una certa quantità di energia termica.
C’è anche un “combustibile nucleare”, solitamente Uranio e Plutonio, che fornisce energia attraverso una reazione nucleare di fissione del nucleo.
La domanda che qui ci poniamo è la seguente. Dove andiamo a prendere i combustibili? Come vengono prodotti e cosa occorre fare per poterli utilizzare? E cosa fa di un combustibile una “fonte rinnovabile”? E come partecipa alla produzione dell’effetto serra?
E così abbiamo il combustibile, un bel po’ di Ossido di Uranio, nel quale abbiamo mescolato U238 e U235. Quest’ultimo a dire il vero è pochino, la sua concentrazione non raggiunge l’1% e quindi dovremo fare in modo di aggiungerne un po’. In altre parole dovremo arricchire il combustibile.
Immaginiamo di avere fatto tutto questo. Adesso, per produrre la nostra energia elettrica ci basta costruire una centrale nucleare. A sentire i rappresentanti del nostro governo dev’essere una passeggiata o quasi.
Vediamo un po’ come stanno le cose.
Storicamente, le prime sperimentazioni sono avvenute negli USA subito dopo la guerra: il 20 dicembre 1951 si ebbe la prima produzione di elettricità da parte di un reattore, che nel 1955 ebbe anche la prima parziale fusione del nocciolo e quindi il primo incidente nucleare. Ma la prima centrale vera e propria venne costruita in Unione Sovietica, nel 1954 a Obninsk: produceva circa 5 MW di potenza. Per avere un termine di paragone, la vecchia centrale di Caorso aveva una potenza di circa 850 MW. Erano anni in cui l’atomo (come allora si chiamava “il nucleare”) lasciava intravvedere prospettive davvero straordinarie se il presidente della Atomic Energy Commission statunitense, Lewis Strauss, in un convegno di scrittori scientifici sostenne: "Non è troppo aspettarsi che i nostri figli usufruiranno nelle loro case di energia elettrica troppo economica per poter essere misurata". Non sappiamo se egli fosse solo troppo ottimista o un inguaribile ingenuo.
Immaginiamo di avere fatto tutto questo. Adesso, per produrre la nostra energia elettrica ci basta costruire una centrale nucleare. A sentire i rappresentanti del nostro governo dev’essere una passeggiata o quasi.
Vediamo un po’ come stanno le cose.
Storicamente, le prime sperimentazioni sono avvenute negli USA subito dopo la guerra: il 20 dicembre 1951 si ebbe la prima produzione di elettricità da parte di un reattore, che nel 1955 ebbe anche la prima parziale fusione del nocciolo e quindi il primo incidente nucleare. Ma la prima centrale vera e propria venne costruita in Unione Sovietica, nel 1954 a Obninsk: produceva circa 5 MW di potenza. Per avere un termine di paragone, la vecchia centrale di Caorso aveva una potenza di circa 850 MW. Erano anni in cui l’atomo (come allora si chiamava “il nucleare”) lasciava intravvedere prospettive davvero straordinarie se il presidente della Atomic Energy Commission statunitense, Lewis Strauss, in un convegno di scrittori scientifici sostenne: "Non è troppo aspettarsi che i nostri figli usufruiranno nelle loro case di energia elettrica troppo economica per poter essere misurata". Non sappiamo se egli fosse solo troppo ottimista o un inguaribile ingenuo.
Bene, abbiamo costruito la nostra centrale e adesso, come dei veri industriali siamo pronti per produrre e vendere energia “a basso costo” guadagnando un sacco di soldi. Ma ci sono ancora alcuni problemini da risolvere.
Il primo è quello che il rendimento non è molto alto e c’è una quantità di calore enorme da portare via. Ci serve quindi un sistema di raffreddamento. Come questo è realizzato dipende dal tipo di reattore che abbiamo installato nella nostra centrale.
I primi ad entrare in produzione furono i Magnox, ma la maggior parte di quelli oggi funzionanti sono del tipo PWR oppure BWR. WR sta per Water Reactor. Le lettere P e B per Pressurized e Boiling. In sostanza in entrambi viene utilizzata dell’acqua per la fase di raffreddamento (e anche di moderazione dei neutroni), ma con circuiti differenti e mantenuta a pressioni decisamente maggiori nel primo caso. La 3^ generazione non ha portato novità; dal punto di vista del raffreddamento non è cambiato niente.
Il primo è quello che il rendimento non è molto alto e c’è una quantità di calore enorme da portare via. Ci serve quindi un sistema di raffreddamento. Come questo è realizzato dipende dal tipo di reattore che abbiamo installato nella nostra centrale.
I primi ad entrare in produzione furono i Magnox, ma la maggior parte di quelli oggi funzionanti sono del tipo PWR oppure BWR. WR sta per Water Reactor. Le lettere P e B per Pressurized e Boiling. In sostanza in entrambi viene utilizzata dell’acqua per la fase di raffreddamento (e anche di moderazione dei neutroni), ma con circuiti differenti e mantenuta a pressioni decisamente maggiori nel primo caso. La 3^ generazione non ha portato novità; dal punto di vista del raffreddamento non è cambiato niente.
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