
Voglio subito dire che qui non ho alcuna intenzione di entrare nel mondo dei vegetariani e tanto meno dei vegani, i quali professano una specie di religione fatta di regole molto rigide. Niente di tutto questo. Seguitemi e capirete.
Come sempre, mi affido ad uno studio recente, condotto da un team di studiosi dell’Università Statale dell’Oregon negli Stati Uniti. Vi hanno collaborato anche scienziati e ricercatori della New York University e di Harvard, uno dei centri universitari più conosciuti e famosi degli Stati Uniti, che si trova in Massacchussets. Insomma una ricerca seria. É stata pubblicata il 7 settembre 2020 dalla rivista Nature, un altro totem dell’ambientalismo moderno.
Le credenziali per dare un’occhiata interessata a questo documento ci sono tutte. Cercherò di riassumere le tre fitte pagine, in inglese, presenti nel dossier.
Non so se qualcuno di voi ha già sentito il termine “event attribution science”. Non vi preoccupate, si tratta di un ramo della scienza piuttosto recente e molto interessante. Mi scuso se sarò un pochino pedante, ribadendo alcuni concetti che, chi mi segue, avrà letto ormai molte volte, ma qui serve proprio, per poi capire meglio di cosa sto parlando.
Cominciamo dunque con il dire che clima e tempo (o meteo se preferite) non sono affatto la stessa cosa. Certo sono collegati o correlati come dicono quelli che sanno. Il clima descrive i modelli meteorologici per lunghi periodi di tempo e quindi riguarda anche quello che succede oltre le nuvole: le grandi correnti d’aria come “el Ninho”, che riscalda le acque degli oceani e le correnti marine come quella del golfo, che trasporta calore dal golfo del Messico fino alle regioni nordiche verso l’Artico.
Il tempo si riferisce, invece, ad eventi specifici, come giornate calde o temporali. Insomma se volete fare un picnic il prossimo weekend, dovrete preoccuparvi del meteo, del tempo, non del clima in generale, anche se, come vedremo, quest’ultimo influenza, eccome, la nostra possibilità di starcene tranquilli in mezzo ad un prato.
Questa sera parliamo di condizioni climatiche estreme. Di cosa si tratta?

Il tempo si riferisce, invece, ad eventi specifici, come giornate calde o temporali. Insomma se volete fare un picnic il prossimo weekend, dovrete preoccuparvi del meteo, del tempo, non del clima in generale, anche se, come vedremo, quest’ultimo influenza, eccome, la nostra possibilità di starcene tranquilli in mezzo ad un prato.
Questa sera parliamo di condizioni climatiche estreme. Di cosa si tratta?

Nella scorsa puntata ho cercato di raccontare come sono andate le cose, quali contatti aveva avuto Mino nell’ultima giornata della sua vita e come erano procedute le indagini, subito dopo.
Ci sono alcune cose strane, come del resto in quasi tutte le storie di questo tipo. Come l’avviso alla pattuglia che arriva per prima sul posto. Si sono sentiti quattro colpi di arma da fuoco, viene detto. La stranezza è che l’arma che spara è dotata di silenziatore. La stessa arma, secondo alcuni pentiti, è in possesso di Enrico De Pedis, il super boss della banda della Magliana, che la tiene come un trofeo. Le armi di questa banda, che entra in ogni losca vicende del periodo che va dal 1975 in poi, vengono trovate dagli investigatori in uno scantinato del Ministero della Sanità. Qui ci sono anche proiettili, abbastanza rari e esattamente dello stesso tipo, di quelli trovati a terra vicino all’auto di Pecorelli il 20 marzo del 1979. Un omicidio da parte della malavita? Difficile da credere, anche perché in quel deposito entrano, con la massima libertà, uomini dei NAR, come Massimo Carminati, e uomini legati alla mafia siciliana come Danilo Abbruciati. Terrorismo, cosa nostra, che a sua volta richiama la politica che conta in quel periodo, come Franco Evangelisti, che confesserà prima di morire la sua vicinanza con i boss siciliani. Ma Franco Evangelisti è il braccio destro di Giulio Andreotti … ecco dunque che tutto è possibile: chiunque può aver deciso che Mino Pecorelli deve morire.
Premessa

Pensate alle stragi, da quella di piazza Fontana del 1969 in poi, agli assassini impuniti di giornalisti e comunicatori, come Mauro Rostagno, Mauro De Mauro, Giovanni Spampinato, Pippo Impastato e la lettura della lista potrebbe scorrere come un fiume. E poi personaggi dello stato come il generale Della Chiesa, i magistrati Borsellino e Falcone e tantissimi altri. Una ecatombe, come se vivere nel nostro paese da protagonisti, fosse una guerra. Una guerra tra chi vuole cercare e far conoscere la verità e quelli che vogliono impedirlo.
Introduzione

Cominciamo dal quadro d’insieme.
Il 2 marzo del 1994, quattro testimoni vedono o sentono una esplosione nel cielo di Capo Ferrato (Sardegna). Come conseguenza sparisce dalla vista un elicottero: è un Agusta A-109 della Guardia di Finanza che sta sorvolando una nave mercantile a poca distanza dalla costa. L'elicottero porta il nome in codice di Volpe 132, ai comandi c'è il brigadiere Fabrizio Sedda; con lui il maresciallo Gianfranco Deriu. L'indagine della Procura di Cagliari non porta a nessuna conclusione. Una nave presente sul luogo della tragedia (il cargo "Lucina") si dilegua subito dopo l’esplosione, per riapparire mesi dopo nel porto algerino di Djendjen ed essere teatro dell'eccidio di sette marinai italiani ad opera, così si dice, di un gruppo di estremisti islamici. A un certo punto, sulla relazione interna della Gdf viene persino opposto il segreto di Stato che i magistrati, insistendo, riescono a far togliere. Il documento risulta, però di una banalità disarmante: la conclusione è che, forse, si è trattato di un incidente ma che, senza relitto, è impossibile dire di più. Perché allora il segreto di stato?
Introduzione

Avviene alla fine di una decade, che di delitti e di sangue ne ha visti a non finire. Alcuni di questi fatti li ho raccontati qui a Noncicredo, tra tutti la prigionia e l’uccisione di Aldo Moro e quella, purtroppo troppo spesso dimenticata, della sua scorta in via Fani nel 1978.
Sono gli anni di piombo che si racchiudono, come dentro due parentesi, tra la strage di Piazza Fontana nel 1969 e quelle di Ustica e di Bologna del 1980. In mezzo ce ne sono altre, con un numero di morti più o meno importante, la bomba in piazza della Loggia a Brescia, quella sull’Italicus, le stragi di Peteano, Gioia Tauro, Questura di Milano.
Anni complicati, difficili, durante i quali la dialettica politica lascia spazio a soluzioni più estreme, quelle definite terrorismo. Terrorismo da entrambe le parti in lizza. Quella di destra e quella di sinistra: i NAR, le BR e tutti gli altri gruppi aderenti ad associazioni più o meno vicine alle estremità delle ideologie delle formazioni politiche presenti in parlamento. Questa almeno è la versione ufficiale. Ma non è solo questo, perché ci sono altri avvenimenti cruciali in quel periodo.
Se le nostre strade sono piene di puttane è perché ci sono i puttanieri. Se la società è piena di spacciatori di droga è perché ci sono i drogati. Vale lo stesso discorso per qualunque relazione tra domanda ed offerta. Se la domanda cala, deve per forza calare anche l'offerta e quindi la produzione. Vale anche per la carne, come dice questo breve filmato di Milena Gabanelli.
Introduzione

Vorrei parlare, lo avrete certo capito, di Bettino Craxi.
Prima di cominciare tuttavia sono necessarie alcune premesse fondamentali per togliere di torno eventuali antipatici fraintendimenti.
Personalmente detesto quando si trasforma un delinquente, lo dico in generale non necessariamente nel caso di cui sto per parlarvi, in un santo, semplicemente perché è morto. Capisco perfettamente l’affetto dei suoi cari e dei suoi amici, che cercano sempre di valorizzare gli aspetti positivi del caro estinto. É comprensibile e pienamente giustificabile, ci mancherebbe altro.
Quando però il caro estinto è un personaggio pubblico, magari di quelli importanti, il giochino non può più funzionare, perché esiste una realtà storica alla quale non si può sfuggire.
Nel caso di un politico, le cose diventano più complicate, perché il giudizio sull’operato dei politici non è mai obiettivo, è sempre di parte … per questo l’aggregazione di uomini e donne che seguono un progetto politico si chiama “partito”.
Provate a pensarci e a farvi venire in mente un quesito qualsiasi che riguardi la vita del nostro paese: che so … le riforme scolastiche, le leggi finanziarie, l’atteggiamento verso gli immigrati, le scelte in tema di politica estera, … uno qualsiasi va benissimo. In questa situazione ci sono i seguaci del partito A che pensano bianco, quelli del partito B pensano nero e magari ci sono anche altre posizioni con varie sfumature di grigio. La domanda che uno si deve fare è questa: “siccome il quesito è unico, non possono avere tutti ragione, qualcuno deve per forza avere torto.” Sì, è vero: c’è anche la possibilità che tutti abbiano torto, ma di certo è impossibile che abbiano tutti ragione.
Introduzione
Nella prima parte di questa “storia” (che ripercorriamo super-velocemente) abbiamo visto, tra l’altro, come la Democrazia Cristiana, il partito di cui è presidente Aldo Moro, adotti la politica di non trattare con le Brigate Rosse, come a dire che un morto solo si poteva anche immolare pur di non compromettere lo stato in una trattativa con dei banditi.T

Ma, in questo caso, non si tratta di una presa di posizione per principio, per difendere l’autorevolezza dello stato o la sua verginità. Moro è tra i pochi, assieme ad Andreotti, Cossiga e qualche altro, a conoscere tutti i segreti della politica italiana, che, a dirla tutta, non è stata certo irreprensibile fino ad allora.
Nelle lettere dal carcere, le accuse rivolte al partito per la sua condotta sono molte e precise. Leggere quel memoriale, o quel che ne rimane, facilmente reperibile in rete, è interessante ed istruttivo, altroché se lo è. E’ una lezione di storia vista da dietro le quinte.

Il 1978, come anno intendo, comincia malissimo. Il 1° gennaio un aereo dell’AIR India esplode in volo non lasciando alcuno scampo ai 213 sfortunati che si trovano a bordo.
Il 7 gennaio vengono uccisi due militanti missini (un terzo lo ucciderà poco dopo la polizia durante le manifestazioni di piazza) il che innesca una sorta di faida che porterà alla morte di Franco e Iaio, militanti di sinistra e frequentatori del Leoncavallo a Milano.
Intanto continuano scelte decisamente poco democratiche (scusate l’eufemismo) da un lato da parte di Pinochet che nega ogni interferenza ONU e blocca ogni tipo di elezione per almeno altri otto anni e dall’altro in Cina, dove il partito comunista proibisce la lettura dei testi di Aristotele, Shakespeare e Charles Dickens.
É l’anno in cui la Francia continua imperterrita le prove di esplosione di ordigni nucleari a Mururoa, quello in cui la guerra tra gli irlandesi dell’IRA e gli inglesi continua a fare stragi, come nel caso delle 12 persone uccise da una bomba a Belfast.
É l’anno dei mondiali di calcio in Argentina, vergognosamente organizzati in un paese preda di una terribile e feroce dittatura, che si porterà via tra i 30 e i 40 mila oppositori o presunti tali, scomparsi nel nulla, appunto desaparecidos.
2 agosto 1980, ore 10,25

Oggi vorrei raccontarvi la storia di una strage, un odioso attentato che ha provocato molte decine di morti e moltissimi feriti, lasciando, a quasi 40 anni di distanza, una ferita nel nostro paese e nella città dove tutto questo è accaduto, Bologna.
Prima di cominciare, i Pink Floyd e l’annuncio al telegiornale di quel tragico 2 agosto del 1980.
“Addio mondo crudele, addio a voi tutti, non c’è niente che possiate dirmi per farmi cambiare idea” cantano i Pink Floyd in uno dei brani di The Wall. Oggi parlerò di questo, della strage alla stazione di Bologna.
Introduzione
Puntiamo l’attenzione sul paese che più di ogni altro ha fatto della produzione di energia elettrica da fissione una bandiera, gli Stati Uniti d’America. Nonostante la percentuale di tale energia non sia paragonabile, ad esempio, a quella francese, raccontare le vicende statunitensi ha senso in quanto si tratta del paese tecnologicamente più avanzato e anche più ricco, Cina permettendo, quindi quello che più di ogni altro sembra essere in grado di risolvere i problemi collegati al cosiddetto nucleare civile.In fondo la questione assomiglia molto da vicino alla nostra, vale a dire al fatto che nessuno oggi sa come e dove realizzare quel deposito nazionale delle scorie radioattive che permettano di tenere al sicuro cesio, plutonio, stronzio e tutto il resto delle schifezze che restano dal processo di fissione dell’Uranio.
Gli americani avevano individuato alcune aree di stoccaggio, una per i materiali meno pericolosi (si fa per dire), a Carlsbad nel New Mexico, il secondo a Hanford (stato di Washington) e il terzo in Nevada, all'interno di una montagna, l'ormai celebre Yucca Mountain. Vediamo come sono andate le cose.
Introduzione

Documentario francese del 2015: giovani cineasti sono andati in giro per il mondo in cerca di buone pratiche che possano aiutare a salvaguardare l'ambiente e a migliorare le condizioni sociali in cui l'uomo vive.

Il primo è il fatto che l’estrazione di questa fonte fossile non convenzionale è un modo per risolvere in parte la crisi delle risorse primarie di energia, specie in paesi, come gli USA, in cui è enormemente più forte la spinta a produrre e consumare che quella a conservare l’ambiente per le generazioni future.
Fanculo la sostenibilità dunque a favore di imprese, multinazionali e lobby varie.
Il secondo aspetto è invece quello legato agli effetti che il metodo di estrazione dello shale gas ha sull’ambiente e di conseguenza sulla salute dei cittadini. Ho spiegato molte volte come tutto questo avviene. Su questo sito trovate una meravigliosa animazione in 3D della Trial Exhibits Inc., che mostra perfettamente il funzionamento del fracking e quali danni esso possa provocare alle falde d’acqua con tutto quello che ne consegue in termini di allevamento di bestiame, coltivazione agricola, uso sanitario e personale.
Versione di Gasland con sottotitoli italiani realizzati da me.
Introduzione

Tra questi ci sono gli scisti bituminosi, i quali, come del resto dice il loro nome, contengono percentuali significative di bitume, che può essere utilizzato al posto del petrolio o del gas per produrre energia.
Queste cose si sanno da duecento anni, ma solo nell’ultimo decennio (diciamo dal 2003 in poi) gli scisti sono entrati a far parte delle riserve energetiche di un paese. Questo è dovuto ad alcuni fattori: l’aumento del costo di estrazione del petrolio, il problema del riscaldamento globale e il fatto che prima i costi di estrazione dello scisto erano proibitivi.
Ma la cosa davvero interessante è la scoperta che lo scisto intrappola del gas naturale, chiamato gas di scisto (in inglese “shale gas”), composto in larga parte di metano. Anche questa è una notizia piuttosto vecchiotta. I tecnici lo sapevano da un sacco di tempo, ma le tecnologie per estrarre il gas dalla roccia non erano ancora pronte. Infatti queste conformazioni rocciose si trovano in profondità (diciamo ad almeno un km dal suolo) e quindi non basta una pala e un piccone per averlo a disposizione. Inoltre il gas è ancora intrappolato dentro la roccia perché non ha fatto in tempo (o non ha trovato le condizioni adatte) a scivolare via verso strati meno densi, ad esempio sabbiosi da dove possa essere estratto con i metodi tradizionali. Per questo è considerato un gas “non convenzionale”: non basta insomma fare un buco fino alla sacca che lo contiene e infilarci un tubo per estrarlo. Bisogna frantumare le rocce che lo imprigionano e quindi gli investimenti in questa direzione sono importanti e devono dare risultati al più presto.
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