Riassunto
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L’inizio di tutto
Chi era? Cosa voleva? Perché è stato protetto dalla “sua” gente? Da dove nasce l’avversione per i carabinieri contro i quali scatena una guerra e ne ammazza un bel po’? Che legami ha avuto con situazioni tipiche della Sicilia dell’epoca, come il partito indipendentista MIS? E con la mafia? E con la politica di Roma?
Proveremo a seguire gli eventi di quegli anni per cercare risposte a queste domande, anche a quelle sulla sua morte, ma è meglio anticipare subito che sarà difficile garantire che tutto quello che sappiamo è avvolto da un alone di mistero, con interpretazioni differenti, a volte opposte. Ma questo è quello che abbiamo e questo è quello che condividiamo in questo spazio.
Non ci resta che partire dall’inizio.
Introduzione
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Continua il nostro percorso alla scoperta della Blue economy. É la quarta puntata e gli argomenti riguarderanno gli animali.Per entrare nel discorso, facciamo un piccolissimo riassunto.
L’economia delle fonti fossili è quella che conosciamo, quella che ha causato buona parte del disastro ecologico (sì anche morale, ma qui non ne parliamo) che abbiamo di fronte e che cerchiamo in ogni modo di fronteggiare.
Una soluzione è la green economy, che punta sull’impiego di energie rinnovabili e sul riciclo o sul riuso dei rifiuti prodotti dalle nostre abitudini. Ho detto più volte che la green economy ha ottime intenzioni, ma per realizzarla, occorre predisporre ed usare una tecnologia avanzata. Pensate ad esempio alla produzione di plastica e di bioplastica. La prima è molto più economica.
Gunter Pauli, l’imprenditore e scrittore che ha diffuso il verbo della Blue Economy, sostiene, secondo me giustamente che non è pensabile che l’umanità sia felice del cambiamento de tutto quello che fa bene all’ambiente e alla popolazione costa tanto, mentre quello che danneggia il mondo e i suoi abitanti costa molto meno.
Premessa
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La grande utilità dei gelsi
La storia che sto per raccontarvi ha diversi protagonisti straordinari: il baco da seta, un ragno e materiali particolari, come il titanio. Sembra sicuramente curioso questo accostamento: come entreranno in una stessa storia il timido bruco, che si nutre di gelso prima di trasformarsi in farfalla, e uno dei metalli più resistenti che conosciamo?Un po’ di pazienza e lo scopriremo. Ma, come sempre, è meglio cominciare dall’inizio.
Il gelso cresce rigoglioso in molte zone della Cina. Il bombice del gelso, che chiamiamo “baco da seta”, si nutre delle sue foglie.
Ora torniamo indietro nel tempo, di quasi cinquemila anni, quando sulla Cina regna un imperatore mitico e mitologico, Huang Di, considerato un Dio, un uomo straordinario a cui si devono molte invenzioni e innovazioni, fondatore della civiltà e dell'arte medica cinese.
Tra le innovazioni, una è dovuta alla moglie dell’imperatore, Si Ling Chi, la quale, per puro caso, scopre la seta e ne fa un tessuto.
La curiosità adesso diventa questa. Noi tutti pensiamo che il prodotto per cui il baco da seta è importante sia proprio la seta, ma gli antichi cinesi hanno la vista lunga e ne sanno davvero una più del diavolo.
I vortici: l’acqua e il ghiaccio
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Eccoci arrivati alla sesta puntata sulla Blue Economy. Con questa chiudiamo l’argomento, anche se gli esempi da riportare non finiscono certo con quelli di oggi. Dopo aver visto come il mondo animale e quello delle piante sono in grado di darci insegnamenti importanti per migliorare le nostre vite e anche la produzione delle nostre aziende, ci rivolgiamo oggi al mondo inanimato, quello, insomma, delle “cose”. Potrà sembrarvi strano che simili oggetti abbiano qualcosa da dirci, da insegnarci, ma se mi seguirete anche stasera avrete modo di constatarlo. Come in tutte le puntate sulla Blue Economy, non ho mai fatto discorsi teorici, ma ho sempre parlato di applicazioni pratiche, di processi portati in azienda, sfruttati per creare reddito e posti di lavoro, con tanto di nome, cognome, e, spesso, sito internet di riferimento. Così che possiate controllare di persona.Cominciamo dall’acqua e più precisamente dai torrenti e dai fiumi. A parte le schifezze che ci versiamo noi, essi sono in grado di mantenersi puliti senza l’intervento esterno, usando una tecnica straordinaria, quella dei “vortici”.
I corsi d’acqua applicano, certo senza rendersene conto, una semplice legge della fisica. Nell’acqua che scorre verso valle si formano dei vortici, dei mulinelli. Tra l’interno e l’esterno di questi c’è una differenza di pressione, sufficientemente grande da rompere le membrane dei batteri.
Noi che della questione ci siamo occupati negli ultimi mesi, osserviamo preoccupati che la lettura e visione delle notizie è un déjà vu, poi ci tranquillizziamo, rendendoci conto che si tratta di quello che abbiamo raccontato coi nostri video.
In effetti la scuola ci insegna a cercare risposte alle domande. A quelle che gli insegnanti ci fanno per capire se abbiamo studiato e a quelle che noi stessi ci facciamo quando un barlume di curiosità entra nel nostro cervello. Qui facciamo il contrario: cerchiamo delle domande che non abbiano risposta, domande alle quali, almeno finora, nessuno ha saputo dare una spiegazione. A volte, quando discutiamo con gli amici, ci accapigliamo perché ognuno mette sul tavolo la propria verità. C’è subito da dire che se esistono due verità contrapposte, almeno una di queste è falsa, a volte lo sono entrambe. É impossibile che siano entrambe corrette.
É per questo che la scienza ha inventato una risposta saggia di fronte a questioni di cui non sappiamo nulla. Questa risposta è “non lo sappiamo!”, che dovrebbe essere usata più spesso di quanto si faccia così da sembrare più onesti.
Vi è mai capitato di mostrare di essere diversi da quello che siete, per fare colpo o non indispettire qualcuno? Magari esponendo idee o comportamenti che poco hanno a che fare con la vostra personalità? É, in fondo, solo una piccola bugia, che, tuttavia, può causare problemi alle persone che vi circondano, le quali non sanno bene chi hanno davvero davanti.
In questo video parliamo di questo: di bugie, truffe, inganni, riferiti alle tragiche conseguenze dell’emergenza climatica e alle reazioni di chi è uno dei maggiori imputati per questa situazione: la produzione. Oggi parliamo di Green-washing!
Come spiega bene il video sugli stati più inquinati, la signora Maria da sola non può fare nulla. Servono decisioni politiche condivise e non solo dai partiti del nostro parlamento, ma dagli stati tutti, perché l’emergenza climatica è ovunque e se si tagliano foreste pluviali in Malesia per piantarci palme da olio, o pezzi enormi di foresta amazzonica per avere la soia con cui fare mangimi, beh le conseguenze sono globali e si risentiranno anche a Prato o in qualsiasi altro comune del mondo.
Introduzione
Cari amici, oggi parliamo di bistecche.Il Natale, ma non solo il Natale, induce la maggior parte degli umani a rincorrere sempre più consumi. Si comincia un mese prima, il 25 novembre, con il black Friday, che è una specie di zona franca per il consumismo. L’occasione che ogni consumatore compulsivo aspetta con ansia perché è il giorno in cui nessuno si sente di rimproverarlo, vista l’enorme pubblicità promossa da ogni mezzo di comunicazione. É un’invenzione molto utile ai produttori e ai venditori e a tutti quelli che desiderano acquistare a minor prezzo quello che serve loro, ma anche quello che non serve … solo perché è un’occasione.
Dopo l’invenzione del venerdì black, siamo arrivati alla settimana black e poi al mese black e, chissà, magari tra un paio di anni il black sarà dedicato a tutto l’inverno. Osservo, ma con dolcezza e superficialmente, che tutti i beni che acquistiamo, Natale o non Natale che sia, sono il prodotto di una catena di operazioni che la loro incidenza sull’ambiente ce l’hanno, eccome. Poi è chiaro che non si può mai fare di tutta l’erba un fascio e ci sono articoli più sostenibili di altri. L’invito è di cercare, tra le tante cose inutili che si regalano il 25 dicembre, quelle meno invasive. Se si vuole, si può fare.
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Matteo Messina Denaro è un fantasma. Dal 1993 le sue tracce sono diventate sempre più deboli, fino a scomparire del tutto. E non è che non siano state messe in moto indagini e inchieste per capire dove si trovi.
Introduzione
Cominciamo questa puntata parlando di greenwashing. Dopo aver ricordato di cosa si tratta, cercheremo di capire chi e come pratica questa attività così brutta e sporca. Le informazioni e i dati si riferiscono al 2021. É chiaro che molte cose possono essere cambiate quest’anno per via della crisi energetica, anche legata alla guerra in Ucraina. Ma, di sicuro, non sono cambiate in meglio, per cui ho pensato che questa puntata potesse essere interessante anche alla vigilia del 2023.Dunque partiamo dall’inizio: cosa si intende con greenwashing.
La traduzione letterale è “lavaggio verde”, il che però non dice molto di più sul suo significato.
Immaginate allora di essere, nessuno di senta offeso, è solo un esempio per capire, un amante della carne che capita in un convegno di vegani e non avete voglia che si sappia il vostro amore culinario. Cercherete di mettere in atto delle finzioni, delle coperture che, pur non essendo vere, facciano di voi una specie di vegano. Poi, se vi beccano al McDonalds con un hamburger doppio in mano, la vostra copertura salta e voi siete additato come un imbroglione e un truffatore.
Lo stesso avviene quando una società, un’azienda, mette in mostra atteggiamenti verdi, gentili verso l’ambiente, con pubblicità e dichiarazioni che inneggiano all’ecologia e promettono azioni tutte destinate a ridurre l’inquinamento, l’uso di materie plastiche e così via. Purtroppo capita spesso che queste azioni siano solo una facciata, dietro alla quale si nascondono comportamenti per niente virtuosi. É in questo caso che si parla di greenwashing, cioè di lavaggio verde.
Avremo modo di analizzare alcuni dei casi più eclatanti di queste truffe.
Con la maggior parte dei grandi capi in carcere duro, a guidare gli affari e ad essere considerato dai suoi picciotti il punto di riferimento più importante è Matteo Messina Denaro, latitante dal 1993 e vera e propria primula rossa della mafia. Di questo vogliamo parlare: gli affari e “U siccu”. Occorre distinguere, perché ci sono affari e affari. In questo caso ci riferiamo agli affari legali, all’apertura di aziende, al controllo dei consigli di amministrazione di società quotate in borsa, all’acquisto di pacchetti di azioni, alla gestione di appalti importanti e così via. Come è facile immaginare, queste attività servono non solo a fare soldi puliti, ma anche a riciclare quelli derivati dagli altri affari, quelli, diciamo così, meno leciti.
Del resto che Matteo sia tagliato per questo lavoro lo riconosce anche Totò Riina, quando gli affibbia il nomignolo “l’affarista”. La strategia passa dallo stragismo al coinvolgimento del tessuto produttivo, fatto di imprenditori e commercianti, che non subiscono più la mafia … sono loro la mafia. Cresce una società con regole diverse, molto diverse da quelle classiche, regole fatte di solidarietà, sostegno, vicinanza. La mafia si fa impresa e “U siccu” costruisce un impero economico, che ha il suo “ombelico” nella provincia di Trapani. Antonino Giuffrè, ex capomafia pentito, lo dirà chiaramente: se volete sconfiggere la mafia è da là che dovete partire, là dove regna incontrastato Matteo Messina Denaro.
Analizzerò per voi tre situazioni eclatanti, riservandomi, alla fine, di elencarne altri che non possiamo affrontare per evidenti ragioni di tempo.
Isola di Pasqua
Cominciamo subito con il primo caso, quello di un’isola sperduta in mezzo all’Oceano Pacifico, ma sperduta davvero, perché la costa più vicina, quella del Cile, dista quasi 4 mila km. Il suo nome nella lingua locale è Rapa Nui, che significa Grande Roccia.Premessa
Forse è un’avvisaglia del fatto che i primi effetti dei cambiamenti climatici sono alle porte o forse no. Sta di fatto che l’ambiente, violentato in modo idiota e forsennato dall’uomo, si è certamente rotto le scatole e in qualche modo dovrà pur reagire.
Come molti di voi sanno, questa trasmissione si è occupata, per circa 10 anni, di questioni ambientali, cercando di fornire informazioni e di mettere sull’avviso che qualcosa di grosso stava per accadere.
Rotondella
Questa storia ci porta in Basilicata, una regione che in quanto ad essere stata oggetto di molte porcherie nel corso degli ultimi 60 anni non è seconda a nessuno. Anche qui è scoppiato in tempi molto più recenti uno scandalo legato al petrolio. Tuttavia, prima, permettetemi di spiegarvi perché questa regione, di cui si parla poco, ha attraversato avvenimenti quanto meno misteriosi negli ultimi 40 anni. Buona parte sono legati alle scorie tossiche e a quelle nucleari. Intrecci internazionali, vendita di armi e "polveri da sparo", strane manovre da coprire: c’è di che tesserne un romanzo thriller mica da ridere.Lo faccio ripercorrendo un capitolo del libro “Bidone nucleare” di Roberto Rossi, uscito nel 2011 per la collana BUR di Rizzoli.
Quando i rifiuti tossici venivano abbandonato su una nave, che veniva poi fatta inabissare al largo delle coste joniche, quello che restava bisognava interrarlo. Occorreva scegliere una zona poco frequentata dalla ‘ndrangheta e dalla camorra e la Basilicata era semplicemente perfetta. Ma c’è di più, come vedremo subito.
Il nostro viaggio parte da Rotondella, un piccolo comune in provincia di Matera, dal quale si vede in lontananza il golfo di Taranto che unisce Puglia e Calabria.
A Rotondella, dunque, nel 1970, viene aperto il centro ITREC: questa sigla significa “Impianto di Trattamento e Rifabbricazione Elementi di Combustibile”, il che significa che qui finiscono le scorie delle attività radioattive italiane (è il periodo in cui si pensa alla costruzione delle centrali nucleari italiane) e quelle scorie vengono trattate per ricavarne altri elementi utili da destinare a varie attività o per semplice ricerca scientifica. Niente di male dunque: saperne di più è sempre un fatto positivo.
Introduzione
Oggi vi racconto una storia che ha come protagonista Palermo, una storia che è avvenuta mezzo secolo fa, una storia che è avvolta nel mistero più fitto, perché non ha avuto, fino ad oggi, alcuna soluzione.Anche in questo caso è bene citare le fonti. La principale sono i vari filmati della RAI, mandati in onda alcuni anni fa. Cito “Blu Notte” di Lucarelli e “La storia in giallo” di RAI3 perché sono quelli che mi sono serviti di più, ma altri documenti si trovano nel sito della nostra emittente di stato. E poi gli articoli sui giornali dell’epoca e successivi, specialmente quelli dei giornali siciliani. In rete si trovano migliaia di documenti, che richiamano la vicenda. Ma tutti dicono esattamente le stesse cose, a volte con le stesse frasi, le stesse parole. Insomma quello che vi racconto stasera è di dominio pubblico per chi voglia cercare le notizie. Lo scopo è quello di rendere il più scorrevole e semplice possibile la mia comunicazione. Se ci sarò riuscito ne sarò felice.
C'era una volta un arcipelago meraviglioso
Ma è meglio che andiamo con ordine a cominciamo dal principio.
L’inizio di questa storia porta la data del 14 giugno 2007, quando il presidente del consiglio, Romano Prodi e il ministro degli Esteri, Massimo D’Alema, annunciano in pompa magna che il vertice del G8 dell’estate 2009 si terrà in Italia e che, come location è stata scelta La Maddalena, porzione paradisiaca di un’isola fantastica, la Sardegna.
In realtà questa scelta è possibile perché nell’estate del 2006, la Marina statunitense decide di abbandonare la base militare che si trova nell’arcipelago, e di farlo entro l’estate del 2008.
Ci sono alcune conseguenze di grande importanza dietro questa decisione.
Riassunto
Benvenuti, cari amici, a “Non sono stato io”. Oggi continuiamo il discorso, incominciato nell’ultima puntata sulla vicenda del Vajont.Come si fa in tutte le trasmissioni serie, facciamo il punto della situazione.
Il progetto di costruire una diga alla fine della valle del Vajont, nasce durante il ventennio fascista, quando l’Italia autarchica voluta da Mussolini ha bisogno di energia per affrontare una crescita e, più tardi la preparazione ad una guerra. Essendo povera di ricorse da estrarre, asl nostro paese non resta che incrementare l’idroelettrico. Con due importanti catene di monti non è difficile trovare dei “salti d’acqua” naturali o artificiali da sfruttare. Ci sono, all’epoca circa 600 dighe, di cui la metà appartenenti a società private. Una di queste è la SADE, Società Adriatica Di Elettricità, di proprietà di Giuseppe Volpi, che nel solo tratto dolomitico veneto possiede sette invasi con altrettante centrali. Il progetto prevede la costruzione di una nuova diga che sopperisca ai problemi di portata incostante del Piave e che sappia raccogliere anche le acque provenienti da altri bacini che si trovino ad altezze superiori. Il torrente Vajont sembra fatto apposta. Volpi è, durante il periodo fascista, Ministro per i Lavori Pubblici e riesce a far approvare una legge, in chiaro conflitto di interesse, grazie alla quale lo Stato finanzierà al 50% le aziende che costruiranno nuovi impianti idroelettrici. A fondo perduto, si intende.
Nel 1940 il progetto viene approvato illegalmente da una commissione composta da appena un terzo di chi doveva esserci, ma è l’anno dell’entrata in guerra e i problemi sono assai diversi che preoccuparsi del comportamento di una commissione ministeriale.
Presentazione
Tra questi rientra anche una delle più gravi tragedie italiane del Novecento, avvenuta in una valle veneta, quella del Piave, il fiume sacro alla Patria.
É mercoledì 9 ottobre 1963, un mercoledì di coppa dei campioni con i bar di Longarone pieni di tifosi che seguono la partita tra i Rangers di Glasgow e la fantastica squadra del Real Madrid di Puskas e Di Stefano. La partita finisce 6 a 0, ma nessuno di quegli avventori conoscerà il risultato finale. All’inizio del secondo tempo la luce se ne va, pochi minuti dopo se ne vanno anche le loro vite.
Cosa succede? Cos’è quel rumore che sembra quello di un temporale amplificato cento volte? Cos’è quella polvere che arriva? Da dove viene? Da quella valle che si inerpica in Friuli … oddio! La diga … la diga del Vajont!
Un monte è caduto in un lago e a Longarone arriva un’onda, altissima, terribile. Non è solo acqua, è fango che cammina, c’è terra, rade tutto al suolo, si porta via case, boschi, negozi, bar, e la vita dei poveri abitanti. Scappano, quelli che possono, quelli che riescono a reagire, scappano verso l’alto, lungo i prati che salgono ai lati del paese, sperando di riuscire a stare più su di quell’onda. Cosa diavolo è successo?
Il libro di Elena Baù
Parecchi anni fa, il 14 febbraio del 2015 avevo avuto come ospiti della mia trasmissione a Radio Cooperativa, Elena Baù, giovane scrittrice, che aveva appena dato alle stampe un libro intitolato “Il paese che brillò tra le luci del cromo”. Racconta la storia della frazione in cui è nata e all’epoca viveva Elena, Stroppari.
Prima di entrare nei dettagli, due parole sul libro.
É un bel libro, da leggere per diversi motivi. Anzitutto perché la vicenda si svolge dalle nostre parti. Lo fa appoggiandosi ai documenti emersi dalle indagini e dai processi. Il secondo motivo è perché si tratta di un romanzo, scritto con garbo e con grazia, che riporta nella nostra vita, personaggi che abbiamo visto nei bar, personaggi che discutono di tutto e di niente, ciascuno dal proprio punto di vista, ciascuno con le proprie certezze. I loro nomi storpiati, Cooperativa, Quajoto, Merican e gli altri avventori del bar di Stroppari, sono il quadro, quasi l’emblema della nostra società.
La storia è quella che vi racconterò tra poco. In una regione agricola, dove i contadini lottano giorno dopo giorno copn la troppa o troppo poca acqua, con la grandine, con il caldo che arriva troppo tardi o troppo presto, si assiste improvvisamente ad una trasformazione globale. Arrivano le fabbriche, che garantiscono uno stipendio non solo fisso, ma decisamente superiore a quanto si incassa dalla coltivazione dei campi.
Torniamo indietro al settembre del 1977. A Cinisi c’è un funerale. Un importante luogotenente dei capi mafiosi del paese è stato ammazzato, travolto da un’automobile. Non si sa, e non si saprà mai, se si sia trattato di un incidente o di una esecuzione, ma non è questo il punto.
Di cosa si tratta?
Questo, io credo, vale sempre, anche quando affrontiamo temi completamente differenti da quelli scolastici. Quando, ad esempio, vogliamo capire perché un terreno è inquinato, perché viene scavato un pozzo inquinante sopra una falda acquifera che abbevera milioni di persone, quando la società vuole costruire centinaia di centri commerciali, persino confinanti tra loro. Ecco, quello che ci serve per essere cittadini attenti e moderni. Avere un metodo di pensiero, riuscire a ragionare sia dentro, ma soprattutto al di fuori degli schemi tradizionali.
Di questo vorrei parlarvi oggi in questa prima puntata della trasmissione “Non sono stato io”.
É una specie di premessa agli argomenti che tratterò in futuro, un fare il punto della situazione, come io la vedo e non credo proprio di essere l’unico a farlo.
Cari amici di Noncicredo, con agosto 2022 termina la messa in onda di questa trasmissione, che chiude i battenti, dopo 16 anni di onorata carriera.
Prima di spiegarvi il motivo di questo passo, vorrei soffermarmi brevemente sulla storia della trasmissione. Abbiamo iniziato molti anni fa, come emanazione di un gruppo meetup di Beppe Grillo, quando il comico genovese non si era ancora perso dietro sogni politici prima locali e poi nazionali.
All’epoca eravamo un piccolo gruppo, con Andrea Boaretto, attuale responsabile tecnico della radio e membro del CdA. Facevamo informazione sulle questioni italiane. Parlavamo delle scelte del governo, di quelle dell’amministrazione comunale, seguivamo i consigli comunali e ne riferivamo i punti essenziali. Un magazine settimanale fatto di cronaca e critica.
Una volta terminata l’era Grillo, dal quale il distacco è avvenuto alle prime avvisaglie della sua entrata in politica, ci siamo messi in proprio, raccontando vicende che ci interessavano come alcune inchieste importanti. Ricordo ad esempio quella sul disastro della Moby Pince, o sugli armamenti del nostro esercito e così via. Piano piano tuttavia gli argomenti hanno riguardato sempre più frequentemente l’ambiente, perché avevamo capito, già allora, che su quello si sarebbe giocata la battaglia più dura e più importante per la sopravvivenza del genere umano su questo pianeta.
Ma qui la questione dei combattimenti, dei morti ammazzati di chi ha ragione e chi torto non mi interessa. Voglio capire una cosa molto più semplice. Perché al supermercato dove mi servo di solito, i cartellini dei prezzi sembrano non bastare più e vengono rinnovati quasi di giorno in giorno.
Una volta si diceva: “il prezzo del pane non può essere giocato in borsa” senza sapere che è proprio quanto succede. Ma, in effetti, si tratta di quello considerato da sempre l’alimento base di ogni famiglia e toccare il pane (e l’acqua … anche questo è un bel discorso in questo periodo) è visto come un sacrilegio, una bestemmia di tutte le divinità inventate dalla notte dei tempi fino all’altro ieri.
Premessa
Introduzione (poi veniamo al tema)
L’estate si sta avvicinando a grandi passi, la temperatura ha raggiunto valori molto elevati e, almeno dalle mie parti, un’umidità molto grande ci fa soffrire ancor di più per via della scarsa traspirazione e quindi del raffrescamento naturale che la sudorazione ci regala.Scusate ma sono caduto, senza volerlo, in vecchie nozioni di fisica, che appartengono all’altra mia vita, ormai terminata da un pezzo.
Introduzione
In rete ci sono innumerevoli filmati, interviste, commenti sulla situazione di Cerro de Pasco. Ho cercato quelle dirette, quelle pubblicate dai telegiornali peruviani o da commentatori indipendenti. Il risultato è quanto segue.
Vorrei cominciare con il notiziario di una televisione peruviana che risale al 2019, prima quindi della pandemia, così da avere il polso della situazione in condizioni, passatemi il termine, “normali”. La traduzione è mia ed è piuttosto libera, ma riflette perfettamente il senso del servizio.
A quasi 4500 metri sul livello del mare sopravvive una città che per quattro secoli imprese private e pubbliche hanno estratto minerali senza standard ambientali adeguati. Qui un’enorme miniera a cielo aperto sembra divorare la città e inquinare l’ambiente circostante. I contaminanti prodotti dall’attività mineraria sembrano ergersi come muraglie insuperabili.
Consumare gas senza inquinare: si può?
In questi anni diventa sempre più evidente che l’abbandono delle fonti fossili sia un passaggio obbligato nella lotta all’emergenza climatica. Il fatto è che le decisioni in merito sono state prese così tardi che quella che tutti oggi chiamano transizione energetica appare sempre più come una bella favola, senza alcun supporto realistico.In sostanza, se togliamo le attività supportate dalle fonti fossili, sostenere l’economia mondiale attuale è impresa impossibile. Se, per di più, consideriamo che enormi paesi emergenti (Cina e India su tutti) stanno crescendo come consumi interni in maniera davvero importante, si capisce che abbandonare il petrolio, il gas e, proprio nel caso dei due paesi asiatici citati, il carbone, è impossibile.
Come fare allora, per mantenere validi i principi della lotta all’emergenza climatica e, contemporaneamente, continuare ad usare, magari in misura minore rispetto a prima, le fonti fossili?
É un bel problema, la cui soluzione sembra non esistere. In effetti da un lato sappiamo che i problemi climatici sono legati alla presenza troppo massiccia di gas serra, soprattutto anidride carbonica, nell’atmosfera. Ormai si sono raggiunte le 420 parti per milione, un valore che non si osservava da migliaia di anni. La crescita della concentrazione di CO2 corrisponde alla crescita della produzione e, di conseguenza, del consumo, in ogni angolo del pianeta. Dall’altro, per mantenere un’economia come quella attuale, occorre bruciare combustibili fossili. Così, il risultato è una sempre maggiore emissione di gas serra. Insomma si tratta di due eventi incompatibili.
Giovanni Leone
Giugno 1978: mancano sei mesi alla fine del mandato presidenziale e il presidente della repubblica, Giovanni Leone, si rivolge alla nazione e pronuncia questo discorso, ripreso dal telegiornale:
I cittadini che era giusto informare, in realtà non è che amassero molto il presidente, soprattutto dopo alcuni fattacci, come quello del Vajont, dove si era recato in mezzo al fango del Piave per rassicurare la gente che giustizia sarebbe stata fatta. Purtroppo poco dopo, come giurista, lo troviamo alla guida del pool di avvocati che difendono l’ENEL, diventata da poco proprietaria della struttura incriminata.
Via Poma: Cesaroni | Premessa |
L’ultimo caso di cui ci occupiamo non è un delitto in senso classico; l’accusa più grave attribuita agli imputati è di omicidio colposo, cioè senza premeditazione. Ma i morti ci sono e sono tanti, con ogni probabilità ben più dei 19 registrati.
L’arma del delitto è il vino, opportunamente tagliato col metanolo. La vicenda emerge nel 1986 ed è la più grave sofisticazione alimentare italiana. Certo non l’unica e non solo da noi.
Tra tutte, ricordo che, all’inizio degli anni ’80, scoppia quella dell’olio di colza denaturato, che provoca in Spagna circa mille morti e 25 mila casi di danni gravi alla salute. In questo caso viene messo in commercio olio industriale raffinato, con il colore cambiato. Insomma una porcheria immane.
Qualcuno ricorderà, per restare da noi, i pompelmi avvelenati a Roma nel 1988, i panettoni finiti nel mirino dei terroristi, i mangimi alla diossina nel 1999, le bottiglie di acqua minerale siringate nei supermercati. Insomma di fatti ce ne sono stati un bel po’.
Ma il vino al metanolo ha avuto un impatto terribile sui consumatori, terrorizzati dai morti che il telegiornale continuava ad elencare, e sui produttori con un crollo delle vendite del vino.
L'omicidio di WIlma Montesi | Premessa | Il caso "metanolo" |
Simonetta Cesaroni
Questa storia è lunga e complicata. Si tratta di un altro delitto, avvenuto nell’estate del 1990, che ha appassionato a lungo gli italiani, reduci dalle “notti magiche” del campionato mondiale di calcio, che si è giocato in quei giorni nel nostro paese.La vittima è ancora una giovane donna, di 21 anni, una bella ragazza, Simonetta Cesaroni, letteralmente massacrata da 29 pugnalate nell’ufficio dove lavorava due volte la settimana. Quell’ufficio si trova in un condominio di via Poma, a Roma, tanto che la vicenda viene subito ribattezzata dalla stampa il delitto di via Poma.
É il 7 agosto 1990, quando, accompagnata dalla sorella maggiore Paola e dal fidanzato di questa, Antonello Baroni, arriva alla stazione “Subaugusta” della metropolitana. Qui si lasciano. Simonetta procede verso il quartiere Prati, per entrare nel condominio di via Poma 2, dove si trova un ufficio della “Redi”, società che lavora per il comitato regionale degli ostelli della gioventù. Sono due mesi che ogni martedì e giovedì Simonetta è là, per registrare su un computer i dati dell’azienda.
Arriva, come sempre alle 15,30, poi alle 17,30 telefona alla collega Daniela per sapere una password, che peraltro è scritta all’interno dell’ufficio in cui si trova.
Daniela è l’ultima a sentirla.
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