
In effetti la scuola ci insegna a cercare risposte alle domande. A quelle che gli insegnanti ci fanno per capire se abbiamo studiato e a quelle che noi stessi ci facciamo quando un barlume di curiosità entra nel nostro cervello. Qui facciamo il contrario: cerchiamo delle domande che non abbiano risposta, domande alle quali, almeno finora, nessuno ha saputo dare una spiegazione. A volte, quando discutiamo con gli amici, ci accapigliamo perché ognuno mette sul tavolo la propria verità. C’è subito da dire che se esistono due verità contrapposte, almeno una di queste è falsa, a volte lo sono entrambe. É impossibile che siano entrambe corrette.
É per questo che la scienza ha inventato una risposta saggia di fronte a questioni di cui non sappiamo nulla. Questa risposta è “non lo sappiamo!”, che dovrebbe essere usata più spesso di quanto si faccia così da sembrare più onesti.
Certo, da bambini ci facciamo domande alle quali potremo rispondere solo più avanti nella nostra evoluzione, grazie allo studio, alle letture, alla visione di documentari e filmati. Ad esempio: “Perché il cielo è blu?” forse un bimbo non lo sa, ma la domanda ha una sua risposta ben precisa che ha a che vedere con le proprietà della luce che il Sole invia sul nostro pianeta, quando incontra le particelle di cui è costituita l’atmosfera. Ma se chiedo “Dio esiste? e se esiste è uomo o donna?” nessuno al mondo potrà darci una risposta sensata, corredata da prove e certificata con tutti i timbri apposti nel posto giusto.
E domande come questa ne esistono davvero moltissime, che riguardano la vita, il destino, l’aldilà e un sacco di altre cose sulle quali possiamo interrogarci.
Bastano due domande per capire quale sia il viaggio che facciamo all’interno della conoscenza. La prima: quanti universi esistono? Che se ne tira dietro un sacco di altre, alcune hanno a che fare con noi, altre con dio, come vedremo subito. La seconda riguarda l’esistenza di vita extraterrestre, di cui parleremo più avanti.
La nostra percezione è limitata. Pensate ad esempio alle dimensioni degli oggetti. Una montagna ci sembra molto grande, ma se viaggiamo in aereo ci rendiamo conto che è un puntino

Noi dunque viviamo in un grande, enorme paese che è l’Universo e la Via Lattea è il nostro Condominio. Non sappiamo molto degli altri condomini, perché sono così lontani che non abbiamo, oggi, gli strumenti per curiosarci dentro. E tutto nasce da piccole particelle, così piccole che noi non siamo in grado di vederle, come gli elettroni, i protoni, i neutroni, i quark, i neutrini, le basi universali del cosmo. Già ma solo del nostro cosmo, quello dei 100 miliardi di galassie che comprendono anche la Via Lattea.

Ma anche questo numero è piccolissimo di fronte ad un altro concetto: quello dell’infinito. Qualcuno pensa che lo spazio sia infinito e che contenga infiniti universi, che si espandono e acquistano uno spazio sempre più grande, senza alcun confine.
Ci sono alcune teorie quantistiche che trovano una spiegazione logica solo con la presenza di universi paralleli che vengono creati in continuazione. Alcuni possono essere uguali al nostro e contenere anche le stesse persone, ma con caratteristiche diverse. Chi qui fa il giudice, là potrebbe essere un bandito, o fare il panettiere, o suonare l’arpa nell’orchestra di stato.
Altri scienziati dicono che queste sono solo sciocchezze e che esiste un solo Universo, il nostro. Filosofi e mistici possono sostenere che perfino il nostro Universo sia in realtà solo un’illusione della nostra mente. Come si vede non c’è alcun accordo nel rispondere alla domanda: “Quanti universi ci sono?”. Possiamo solo dire che il loro numero è compreso tra zero e infinito, che non è certo una grande conclusione.
La seconda domanda è questa: “Perché non riusciamo a vedere vita fuori dal nostro pianeta?” Cioè vita extraterrestre o come qualcuno dice con un termine che a me non piace per nulla “Vita aliena”?
É stato Enrico Fermi, il grande fisico italiano a porre la domanda in modo simpatico: “Dove sono finiti tutti quanti?”. C’è anche un bel film con Jody Foster che si conclude con lei, astronoma, che risponde ad un gruppo di bambini che vuole sapere se c’è vita nell’Universo: “Se ci fossimo solo noi sarebbe uno spreco di spazio … giusto?”.
Al di là delle battute e delle citazioni cinematografiche, noi non sappiamo se c’è vita là fuori, ma possiamo cercare di ragionare sulla questione.
Se volete, ma io ve lo sconsiglio, potete seguire i fanatici della cospirazione, quelli che sanno sempre tutte le risposte ma non hanno neanche una prova di quello che dicono. Loro sanno che i cosiddetti UFO ci fanno visita regolarmente da un sacco di tempo, che le autorità lo sanno, ma lo tengono segreto per motivi altrettanto segreti.
UFO è la sigla che indica Oggetti volanti non identificati. Significa semplicemente che non sappiamo cosa o chi sono. É successo spesso che si trattasse di strani palloni sonda di cui si ignorava l’esistenza (tranne da parte di chi li aveva lanciati) oppure che l’osservatore del fenomeno non era - come dire? – nel pieno possesso delle sue capacità intellettive. Ad ogni modo l’osservazione di UFO fa parte della nostra storia. Fissare l’attenzione su questo particolare è esattamente quello che esprime un vecchio proverbio di origine sconosciuta: “Quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito”.
Quello che d

Nel 2009 la NASA lancia un veicolo spaziale che porta con sé un telescopio e un vero e proprio laboratorio per la gestione dei dati raccolti. La missione si chiama Kepler, in onore del grande scienziato tedesco del 17° secolo Giovanni Keplero, e vuole individuare gli esopianeti, cioè pianeti che non appartengano al sistema solare. Vengono inviati dati per 10 anni, fino al 2018, quando il carburante è esaurito e la missione viene dichiarata conclusa. Cosa scopre Kepler? Scopre più di 2300 pianeti e, nel catalogo che viene realizzato al termine della missione, sono inserite più di 13 milioni di stelle.
Ci importa? Ci importa sì, perché la ricerca della vita extraterrestre deve partire da dove essa si potrebbe o si è potuta sviluppare. Serve un pianeta “giusto” insomma, né troppo vicino, né troppo lontano dalla sua stella (o dal suo sistema di stelle), né troppo piccolo né troppo grande. Ce ne sono, nell’elenco di quelli trovati da Kepler?
Certo che ce ne sono, almeno un centinaio. Se considerate la miseria della porzione di spazio percorsa dal veicolo Kepler nella nostra galassia, si possono fare dei calcoli.
É assai probabile che nell’intera Via Lattea i pianeti simili a quelli osservati dal telescopio siano talmente tanti che, anche se uno solo ogni 10'000 presentasse situazioni favorevoli alla vita, ne resterebbero circa 50 milioni. Dite la verità: se doveste puntare cento euro sull’esistenza di vita nella Via Lattea, lo fareste con queste cifre? Io credo di sì.
Eppure non abbiamo alcun contatto con queste altre forme di vita della nostra Galassia … ricordate? Stiamo parlando del nostro condominio, in una città popolata da centinaia di miliardi di condomini simili.
Ci servono però altre informazioni per essere più precisi. Torniamo coi piedi per terra, anzi sulla Terra, intesa come pianeta.

Circa 13-14 miliardi di anni fa avviene il Big Bang e si forma la materia che nel corso del tempo darà origine alle stelle, ai pianeti, ai sistemi solari, alla materia oscura e a tutto il resto. La Terra si forma circa 9 miliardi di anni più tardi. Ci vorranno altri tre miliardi di anni per avere le prime forme di vita sul nostro pianeta. Noi, l’homo sapiens, siamo arrivati all’ultimo istante di questa storia, appena 200 mila anni fa.
Non tutti i pianeti hanno avuto lo stesso sviluppo. C’è chi si è formato prima e chi dopo; dunque su quei pianeti la vita può essersi sviluppata molto prima della nostra ed essersi estinta prima del nostro arrivo. Oppure l’evento deve ancora accadere e bisognerà vedere se noi ci saremo ancora (come genere umano intendo) per registrarlo. Dunque come prima lettura c’è il fatto che la mancanza di contatti è un fatto di mancata simultaneità.
C’è anche un altro problema. La scienza che noi abbiamo sviluppato ha una specie di dogma, certificato dalla teoria della relatività di Einstein. Niente può viaggiare più veloce della luce nel vuoto, grossomodo 300 mila km al secondo. Certo è un bell’andare. La luce del Sole, che pure è distante 150 milioni di km da noi, impiega solo 8 minuti e mezzo a raggiungerci, ma abbiamo già visto che questi numeri sono piccolissimi, rispetto a quelli che si riferiscono all’intera Galassia, per non parlare del nostro Universo. Noi abitiamo in periferia della Via Lattea. Per raggiungere il centro galattico occorre percorrere circa 265 milioni di miliardi di km, corrispondenti a 28 mila anni luce. Un anno luce è lo spazio che la luce percorre nel vuoto in 365 giorni. Significa che il centro galattico che i nostri telescopi osservano oggi, si mostra ai nostri occhi com’era 28 mila anni fa, che è il tempo necessario alla luce per raggiungere i nostri occhi.
Questo significa che, dal momento che tutti i veicoli che abbiamo inventato viaggiano a velocità terribilmente più basse di quelle luminose, un incontro fisico con altri esseri viventi è quanto mai improponibile. Pensiamo, ad esempio, che la stella a noi più vicina, Alpha Centauri, si trova a quasi 4 anni luce e mezzo e per raggiungerla con un veicolo possiamo prevedere un viaggio che supera di gran lunga la vita media di un umano.

C’è un’altra cosa importante da dire. Se voi aveste un parente, che so, a Nuova Dehli o a Città del Messico, non potreste andarlo a trovare tutti i giorni per sapere come ha passato la nottata. Ma le comunicazioni sarebbero possibili. Fino a qualche decennio fa avreste scritto una lettera, che nel giro di qualche giorno o di qualche settimana avrebbe portato notizie vostre a lui o viceversa. Anche in questo caso funziona come per il centro galattico. Il vostro parente avrebbe avuto notizie della vostra vita, vecchie di qualche settimana. Nel frattempo voi potreste essere morto o avere un vissuto completamente diverso da come lo avevate descritto. Poi è arrivato internet e la possibilità di trasportare informazioni a velocità eccezionali (sempre inferiori a quella della luce) e il vostro parente avrebbe notizie, come si dice oggi “in tempo reale”, cioè saprebbe di voi le cose che vi stanno succedendo al momento (sempre che apra le mail quando gli arrivano).
Dunque ipotetici viaggiatori del cosmo porterebbero del loro luogo di partenza solo vecchie informazioni del tempo in cui sono partiti. Ma la messaggistica funziona anche nello spazio, funziona con le onde elettromagnetiche che hanno, in quanto a velocità di propagazione le stesse caratteristiche della luce, che peraltro è un’onda elettromagnetica. Chi genera queste onde? Siamo noi stessi, quando facciamo funzionare un microonde o quando una centrale elettrica accende le luci di una città, o quando assistiamo ad una trasmissione televisiva. Gli 8 miliardi di terrestri inviano in ogni direzione dello spazio segnali da molti anni (diciamo cento per semplificare i calcoli). Significa che il nostro messaggio, probabilmente confuso e non sempre elevatissimo, ha già raggiunto una distanza di 100 anni luce e, finora, per quello che sappiamo, nessuno ha risposto. Perché?
Le ipotesi sono tante. Forse nel raggio di 100 anni luce non c’è nessuno o se c’è può avere risposto oggi, ma quella risposta arriverà sulla Terra tra 100 anni, tanto ci vuole per il viaggio di ritorno. Oppure hanno ricevuto il messaggio e si stanno interrogando sul da farsi. Proprio come nei vecchi film sul contatto con gli extraterrestri, anche loro ci considerano alieni e cercheranno di capire se siamo buoni o cattivi. Se sono saggi e hanno visto un po’ della nostra storia è assai probabile che ci mettano in una lista nera di popoli da non avvicinare.

Sono tutte ipotesi molto fantasiose: forse esiste un gruppo di giudizio di una civiltà superiore che stabilisce il silenzio radio di modo che ogni civiltà abbia il tempo di svilupparsi per proprio conto. Oppure tutto avviene all’interno di quella materia oscura, che costituisce quasi tutta la massa dell’Universo, e alla quale non abbiamo accesso. Forse … forse!
il SETI è il Centro di Ricerca di Intelligenza Extraterrestre; mette a disposizione di tutti i cittadini della Terra i dati che riesce ad ottenere.
Ecco che possiamo tornare all’inizio. Come abbiamo visto avere così tante risposte vuol dire non averne nessuna di certa. La frase “non lo sappiamo” rimane l’unica certezza. Tuttavia, possiamo concludere che sono proprio le domande senza risposta a pungolare la nostra curiosità, che, come giustamente sottolinea Einstein, è solo il primo passo verso la conoscenza. Il che significa che sono proprio le possibilità insolite, le domande senza risposta, che ci spingono avanti.
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Questo articolo prende spunto dal filmato "Domande di cui non conosciamo le risposte" (inglese sottotitoli italiani).
Rotondella

Lo faccio ripercorrendo un capitolo del libro “Bidone nucleare” di Roberto Rossi, uscito nel 2011 per la collana BUR di Rizzoli.
Quando i rifiuti tossici venivano abbandonato su una nave, che veniva poi fatta inabissare al largo delle coste joniche, quello che restava bisognava interrarlo. Occorreva scegliere una zona poco frequentata dalla ‘ndrangheta e dalla camorra e la Basilicata era semplicemente perfetta. Ma c’è di più, come vedremo subito.
Il nostro viaggio parte da Rotondella, un piccolo comune in provincia di Matera, dal quale si vede in lontananza il golfo di Taranto che unisce Puglia e Calabria.
A Rotondella, dunque, nel 1970, viene aperto il centro ITREC: questa sigla significa “Impianto di Trattamento e Rifabbricazione Elementi di Combustibile”, il che significa che qui finiscono le scorie delle attività radioattive italiane (è il periodo in cui si pensa alla costruzione delle centrali nucleari italiane) e quelle scorie vengono trattate per ricavarne altri elementi utili da destinare a varie attività o per semplice ricerca scientifica. Niente di male dunque: saperne di più è sempre un fatto positivo.

Ma qui la questione dei combattimenti, dei morti ammazzati di chi ha ragione e chi torto non mi interessa. Voglio capire una cosa molto più semplice. Perché al supermercato dove mi servo di solito, i cartellini dei prezzi sembrano non bastare più e vengono rinnovati quasi di giorno in giorno.
Una volta si diceva: “il prezzo del pane non può essere giocato in borsa” senza sapere che è proprio quanto succede. Ma, in effetti, si tratta di quello considerato da sempre l’alimento base di ogni famiglia e toccare il pane (e l’acqua … anche questo è un bel discorso in questo periodo) è visto come un sacrilegio, una bestemmia di tutte le divinità inventate dalla notte dei tempi fino all’altro ieri.
Giovanni Leone

Giugno 1978: mancano sei mesi alla fine del mandato presidenziale e il presidente della repubblica, Giovanni Leone, si rivolge alla nazione e pronuncia questo discorso, ripreso dal telegiornale:
I cittadini che era giusto informare, in realtà non è che amassero molto il presidente, soprattutto dopo alcuni fattacci, come quello del Vajont, dove si era recato in mezzo al fango del Piave per rassicurare la gente che giustizia sarebbe stata fatta. Purtroppo poco dopo, come giurista, lo troviamo alla guida del pool di avvocati che difendono l’ENEL, diventata da poco proprietaria della struttura incriminata.

- Premessa
- Il caso Fenaroli
- L'omicidio Codecà
- L'omicidio di Wilma Montesi
- L'omicidio di via Poma: Nicoletta Cesaroni
- Vino e metanolo
Avvertimento
Questo articolo è stato scritto nel gennaio 2019 ed è quindi antecedente sia la pandemia che la guerra in Ucraina.Introduzione

In questa vicenda entreranno un sacco di personaggi di quel periodo che, solo apparentemente, non hanno molto a che fare con lo scandalo, mentre sono tutti importanti, a volte importantissimi, per capire come sono andate le cose. Sono Mino Pecorelli, il giornalista ucciso nel 1979 perché ne sapeva troppo di troppe cose, Aldo Moro che coi suoi memoriali ha detto a tutti quello che già pensavano dei suoi colleghi di partito a cominciare da Giulio Andreotti e poi Sindona, Calvi, i Caltagirone, il giudice Vitalone, Cesare Previti in una anticipazione delle malefatte all’ombra di Berlusconi, e tanti altri.
Dunque lo scandalo Italcasse si incastra in un periodo che di scandali ne vede parecchi, molti evidenti fin da subito, altri ben nascosti e saltati fuori solo anni più tardi.
Adesso però, occupiamoci di questa nuova vicenda, che fa scrivere a Wikipedia: Nel 1977 l'Italcasse fu al centro di uno scandalo politico-giudiziario.
Introduzione

Vorrei, insomma raccontarvi la storia di due scandali legati al petrolio. Ce ne sono parecchi, conclamati o solo vociferati, scoperti e nascosti. Farò due esempi, uno lontano negli anni, ma che ha prodotto terremoti sociali, perdita di fiducia nelle istituzioni di controllo, perché quella nella politica non c’è mai stata. Ci sono casi anche recentissimi, come quello della cantante Ana Bettz, che proprio in questi giorni la stampa ha sottolineato, e quello di cui vi parlerò alla fine dell’articolo, che ha visto coinvolto, anche se indirettamente, un ministro del governo di quel birichino di Matteo Renzi. Uno scandalo che ha mostrato come grandi aziende di stato abbiano inquinato vasti territori della Basilicata. E, a proposito di inquinamenti e contaminazioni, vi racconterò anche quello che in quella regione, da sempre considerata la cenerentola delle regioni italiane, è successo quando il nostro paese ha cominciato a dismettere le centrali nucleari. Insomma, un po’ di tutto, ma con la dicitura comune di “scandalo”.
Andiamo, però, con ordine e cominciamo, come è sempre meglio fare, dall’inizio.
Introduzione
La storia che sto per raccontarvi fa parte della cronaca nera, anche se qualcuno ha sussurrato che dietro i protagonisti della vicenda poteva esserci la mafia e che le indagini sono state un tantino strane.La vicenda è quella di una banda di criminali che ha terrorizzato l’Italia, in particolare l’Emilia Romagna, con un centinaio di rapine e decine di morti ammazzati. L’hanno chiamata la banda della Uno bianca, perché questa è l’automobile usata per la maggior parte delle azioni criminose.

La Uno bianca in realtà appare in alcune delle rapine. E' una macchina molto diffusa negli anni in cui la nostra storia si sviluppa, il decennio a cavallo del 1990. Quindi facile da rubare e difficile da identificare. Nei primi tempi, però, viene utilizzata una Regata con targa falsa, di proprietà di uno dei componenti la banda. Questi sono, all’inizio, tre fratelli, i fratelli Savi: Roberto, Fabio e Alberto.
Ricapitoliamo
Eccoci alla terza ed ultima puntata sul Vaticano.
Ciò che emerge da questo racconto sono, soprattutto, gli intrecci che parte del Vaticano ha avuto con personaggi e organizzazioni, come dire?, poco raccomandabili della nostra Repubblica. Si comincia con Michele Sindona, chiamato al capezzale delle finanze vaticane da Paolo VI e, di fatto, inserito nei maneggi che la banca del papa, l’Istituto Opere Religiose, per tutti semplicemente IOR, nei maneggi di una finanza “spensierata” e decisamente malavitosa. Dai documenti, di cui parlerò tra poco, emerge una visione orripilante di un istituto che dovrebbe dedicarsi al bene degli altri, alle opere pie, al sostegno delle persone in difficoltà.
Introduzione


Sfugge però alla memoria che quella notte, tra l’8 e il 9 maggio, viene ritrovato un altro cadavere, meno conosciuto, anche meno ricordato, il cadavere di un ragazzo di trent’anni, uno dei tanti cadaveri sparsi dalla mafia nel nostro paese. É Giuseppe Impastato, per tutti Peppino, proprietario, redattore e anima di Radio AUT, che a Cinisi invita la popolazione a capire cosa sta succedendo.
L’anno prima era morto suo padre, uno dei luogotenenti del boss mafioso della città. Ed è straordinario il solo pensare che, uscendo da una simile famiglia, quel ragazzo si sarebbe iscritto a Democrazia Proletaria, e avrebbe inondato di parole e di prove l’ambiente mafioso di Cinisi.
Il boss è Gaetano Badalamenti, detto Tano, uno di quelli che ha contato davvero nella storia della malavita siciliana e poi statunitense, paese dove ha finito la sua vita in un carcere del Massachusetts nel 2004.
Introduzione

Le fonti, più che mai doverose in questo contesto sono alcuni libri, pubblicati negli ultimi anni, come “Vaticano SpA” di Gianluigi Nuzzi, edito da Chiarelettere; “Vaticano rosso sangue” di Vittorio di Cesare e Sandro Provvisionato, edito da Olimpia; “Mai ci fu pietà” di Angela Camuso, edito da Castelvecchi, quest’ultimo sulla storia della banda della Magliana, che ci servirà soprattutto nella prossima puntata sul Vaticano, quando parleremo del sequestro di Emanuela Orlandi. Ed inoltre tutta la letteratura che si può trovare in rete (articoli di giornali dell’epoca, dossier, interrogatori e quant’altro).
Cominciamo subito.
Introduzione

Premessa

Alcamo è un paese a metà strada tra Trapani e Palermo. Si affaccia sul mar Tirreno. Oggi parleremo di un fatto avvenuto il 27 gennaio 1976 nella frazione Alcamo Marina, località balneare grazie ad una bella spiaggia sabbiosa sul golfo di Castellamare, quella in provincia di Trapani.
Nella caserma dell’arma, la Alkamar, quella notte stanno dormendo due militari, l’appuntato Salvatore Falcetta di Castelvetrano (TP) e un ragazzo di 19 anni, il carabiniere Carmine Apuzzo, di Castellamare di Stabia (NA). É una notte di temporale con tuoni e molta pioggia. Del resto siamo in pieno inverno e la località balneare è praticamente deserta di turisti.

Nella scorsa puntata ho cercato di raccontare come sono andate le cose, quali contatti aveva avuto Mino nell’ultima giornata della sua vita e come erano procedute le indagini, subito dopo.
Ci sono alcune cose strane, come del resto in quasi tutte le storie di questo tipo. Come l’avviso alla pattuglia che arriva per prima sul posto. Si sono sentiti quattro colpi di arma da fuoco, viene detto. La stranezza è che l’arma che spara è dotata di silenziatore. La stessa arma, secondo alcuni pentiti, è in possesso di Enrico De Pedis, il super boss della banda della Magliana, che la tiene come un trofeo. Le armi di questa banda, che entra in ogni losca vicende del periodo che va dal 1975 in poi, vengono trovate dagli investigatori in uno scantinato del Ministero della Sanità. Qui ci sono anche proiettili, abbastanza rari e esattamente dello stesso tipo, di quelli trovati a terra vicino all’auto di Pecorelli il 20 marzo del 1979. Un omicidio da parte della malavita? Difficile da credere, anche perché in quel deposito entrano, con la massima libertà, uomini dei NAR, come Massimo Carminati, e uomini legati alla mafia siciliana come Danilo Abbruciati. Terrorismo, cosa nostra, che a sua volta richiama la politica che conta in quel periodo, come Franco Evangelisti, che confesserà prima di morire la sua vicinanza con i boss siciliani. Ma Franco Evangelisti è il braccio destro di Giulio Andreotti … ecco dunque che tutto è possibile: chiunque può aver deciso che Mino Pecorelli deve morire.
Premessa

Pensate alle stragi, da quella di piazza Fontana del 1969 in poi, agli assassini impuniti di giornalisti e comunicatori, come Mauro Rostagno, Mauro De Mauro, Giovanni Spampinato, Pippo Impastato e la lettura della lista potrebbe scorrere come un fiume. E poi personaggi dello stato come il generale Della Chiesa, i magistrati Borsellino e Falcone e tantissimi altri. Una ecatombe, come se vivere nel nostro paese da protagonisti, fosse una guerra. Una guerra tra chi vuole cercare e far conoscere la verità e quelli che vogliono impedirlo.
Introduzione

Cominciamo dal quadro d’insieme.
Il 2 marzo del 1994, quattro testimoni vedono o sentono una esplosione nel cielo di Capo Ferrato (Sardegna). Come conseguenza sparisce dalla vista un elicottero: è un Agusta A-109 della Guardia di Finanza che sta sorvolando una nave mercantile a poca distanza dalla costa. L'elicottero porta il nome in codice di Volpe 132, ai comandi c'è il brigadiere Fabrizio Sedda; con lui il maresciallo Gianfranco Deriu. L'indagine della Procura di Cagliari non porta a nessuna conclusione. Una nave presente sul luogo della tragedia (il cargo "Lucina") si dilegua subito dopo l’esplosione, per riapparire mesi dopo nel porto algerino di Djendjen ed essere teatro dell'eccidio di sette marinai italiani ad opera, così si dice, di un gruppo di estremisti islamici. A un certo punto, sulla relazione interna della Gdf viene persino opposto il segreto di Stato che i magistrati, insistendo, riescono a far togliere. Il documento risulta, però di una banalità disarmante: la conclusione è che, forse, si è trattato di un incidente ma che, senza relitto, è impossibile dire di più. Perché allora il segreto di stato?
Introduzione

Avviene alla fine di una decade, che di delitti e di sangue ne ha visti a non finire. Alcuni di questi fatti li ho raccontati qui a Noncicredo, tra tutti la prigionia e l’uccisione di Aldo Moro e quella, purtroppo troppo spesso dimenticata, della sua scorta in via Fani nel 1978.
Sono gli anni di piombo che si racchiudono, come dentro due parentesi, tra la strage di Piazza Fontana nel 1969 e quelle di Ustica e di Bologna del 1980. In mezzo ce ne sono altre, con un numero di morti più o meno importante, la bomba in piazza della Loggia a Brescia, quella sull’Italicus, le stragi di Peteano, Gioia Tauro, Questura di Milano.
Anni complicati, difficili, durante i quali la dialettica politica lascia spazio a soluzioni più estreme, quelle definite terrorismo. Terrorismo da entrambe le parti in lizza. Quella di destra e quella di sinistra: i NAR, le BR e tutti gli altri gruppi aderenti ad associazioni più o meno vicine alle estremità delle ideologie delle formazioni politiche presenti in parlamento. Questa almeno è la versione ufficiale. Ma non è solo questo, perché ci sono altri avvenimenti cruciali in quel periodo.
Introduzione

Vorrei parlare, lo avrete certo capito, di Bettino Craxi.
Prima di cominciare tuttavia sono necessarie alcune premesse fondamentali per togliere di torno eventuali antipatici fraintendimenti.
Personalmente detesto quando si trasforma un delinquente, lo dico in generale non necessariamente nel caso di cui sto per parlarvi, in un santo, semplicemente perché è morto. Capisco perfettamente l’affetto dei suoi cari e dei suoi amici, che cercano sempre di valorizzare gli aspetti positivi del caro estinto. É comprensibile e pienamente giustificabile, ci mancherebbe altro.
Quando però il caro estinto è un personaggio pubblico, magari di quelli importanti, il giochino non può più funzionare, perché esiste una realtà storica alla quale non si può sfuggire.
Nel caso di un politico, le cose diventano più complicate, perché il giudizio sull’operato dei politici non è mai obiettivo, è sempre di parte … per questo l’aggregazione di uomini e donne che seguono un progetto politico si chiama “partito”.
Provate a pensarci e a farvi venire in mente un quesito qualsiasi che riguardi la vita del nostro paese: che so … le riforme scolastiche, le leggi finanziarie, l’atteggiamento verso gli immigrati, le scelte in tema di politica estera, … uno qualsiasi va benissimo. In questa situazione ci sono i seguaci del partito A che pensano bianco, quelli del partito B pensano nero e magari ci sono anche altre posizioni con varie sfumature di grigio. La domanda che uno si deve fare è questa: “siccome il quesito è unico, non possono avere tutti ragione, qualcuno deve per forza avere torto.” Sì, è vero: c’è anche la possibilità che tutti abbiano torto, ma di certo è impossibile che abbiano tutti ragione.
Introduzione
Nella prima parte di questa “storia” (che ripercorriamo super-velocemente) abbiamo visto, tra l’altro, come la Democrazia Cristiana, il partito di cui è presidente Aldo Moro, adotti la politica di non trattare con le Brigate Rosse, come a dire che un morto solo si poteva anche immolare pur di non compromettere lo stato in una trattativa con dei banditi.T

Ma, in questo caso, non si tratta di una presa di posizione per principio, per difendere l’autorevolezza dello stato o la sua verginità. Moro è tra i pochi, assieme ad Andreotti, Cossiga e qualche altro, a conoscere tutti i segreti della politica italiana, che, a dirla tutta, non è stata certo irreprensibile fino ad allora.
Nelle lettere dal carcere, le accuse rivolte al partito per la sua condotta sono molte e precise. Leggere quel memoriale, o quel che ne rimane, facilmente reperibile in rete, è interessante ed istruttivo, altroché se lo è. E’ una lezione di storia vista da dietro le quinte.

Il 1978, come anno intendo, comincia malissimo. Il 1° gennaio un aereo dell’AIR India esplode in volo non lasciando alcuno scampo ai 213 sfortunati che si trovano a bordo.
Il 7 gennaio vengono uccisi due militanti missini (un terzo lo ucciderà poco dopo la polizia durante le manifestazioni di piazza) il che innesca una sorta di faida che porterà alla morte di Franco e Iaio, militanti di sinistra e frequentatori del Leoncavallo a Milano.
Intanto continuano scelte decisamente poco democratiche (scusate l’eufemismo) da un lato da parte di Pinochet che nega ogni interferenza ONU e blocca ogni tipo di elezione per almeno altri otto anni e dall’altro in Cina, dove il partito comunista proibisce la lettura dei testi di Aristotele, Shakespeare e Charles Dickens.
É l’anno in cui la Francia continua imperterrita le prove di esplosione di ordigni nucleari a Mururoa, quello in cui la guerra tra gli irlandesi dell’IRA e gli inglesi continua a fare stragi, come nel caso delle 12 persone uccise da una bomba a Belfast.
É l’anno dei mondiali di calcio in Argentina, vergognosamente organizzati in un paese preda di una terribile e feroce dittatura, che si porterà via tra i 30 e i 40 mila oppositori o presunti tali, scomparsi nel nulla, appunto desaparecidos.
2 agosto 1980, ore 10,25

Oggi vorrei raccontarvi la storia di una strage, un odioso attentato che ha provocato molte decine di morti e moltissimi feriti, lasciando, a quasi 40 anni di distanza, una ferita nel nostro paese e nella città dove tutto questo è accaduto, Bologna.
Prima di cominciare, i Pink Floyd e l’annuncio al telegiornale di quel tragico 2 agosto del 1980.
“Addio mondo crudele, addio a voi tutti, non c’è niente che possiate dirmi per farmi cambiare idea” cantano i Pink Floyd in uno dei brani di The Wall. Oggi parlerò di questo, della strage alla stazione di Bologna.
Premessa
Siamo arrivati alla quarta puntata di questa storia incredibile che si svolge tra Italia e Africa, con le navi che arrivano per depositare rifiuti tossici, che industrie, organizzazioni e amministrazioni dei paesi ricchi non vogliono tenere per sé né vogliono pagare lo smaltimento secondo le normative vigenti.Abbiamo seguito, nelle scorse puntate camion che interravano rifiuti tossici e radioattivi ovunque, in Italia ma anche all’estero, ad esempio nei paesi dell’Est europeo grazie all’intervento di Cosa Nostra. Abbiamo seguito le rotte così strane di quelle navi che improvvisamente si inabissavano: un sacco di navi forse 40 o forse 100 che ancora oggi riempiono i fondali marini lungo le coste della Calabria e della Basilicata, e anche della Sicilia e della Puglia. Abbiamo saputo, grazie alle indagini di molte procure, grazie alle investigazioni fatte eseguire da alcune commissioni parlamentari, che dietro quegli affari c’erano potenti coperture politiche e militari. Secondo il pentito Francesco Fonti i vertici del partito socialista di Bettino Craxi avevano in mano la situazione, che però lasciavano gestire ai Servizi Segreti, usando come manovalanza gli uomini della ‘ndrangheta, specie quella della famiglia di San Luca e del clan Iamonte.

Nella nostra storia manca un anello importante, che è forse quello che più ha suscitato clamore e sdegno nel paese, o meglio in una piccola parte del paese che sapeva di essere vivo. Gli altri erano troppo impegnati a seguire le gag di Drive In e la pubblicità nascosta di Berlusconi nelle sue televisioni.
L’anello che manca riguarda una giornalista del TG3, Ilaria Alpi, e il suo operatore, Miran Hrovatin, morti ammazzati il 20 marzo 1994 a Mogadiscio, in Somalia. Oggi voglio raccontare la loro storia.
Puntata 3: riassunto

Per carità, non bisogna mai generalizzare, sarebbe davvero ingiusto verso i tanti che sono dei galantuomini, ma è bene sapere che questo dove viviamo non è affatto il paradiso terrestre e che, tanto per dirne una, la terra dei fuochi è nata qui, a Vicenza, da dove sono partiti i primi camion con fusti di rifiuti tossici da interrare da qualche parte. Poi la camorra ha fatto il resto. Così evitiamo di fare la figura degli imbecilli muovendo il dito verso un’unica direzione e cominciamo a pensare a noi stessi.
Introduzione

Le mille discariche abusive campane, scoperte negli anni, stanno a dimostrare che questo è un vero e proprio sistema. É chiaro che gli effetti devastanti di materie particolarmente pericolose (pensate alla diossina, tanto per non fare nomi), incidono sulla produzione di ortaggi, sul mangime delle capre e delle bufale e quindi di tutti i latticini che vengono poi venduti in ogni angolo del mondo. Un crimine a largo spettro che ha come vittime l’ambiente e tutti i suoi abitanti. Ma frutta una quantità enorme di denaro, molto più, a detta di alcuni pentiti, del traffico della droga, che è tutto dire!
Ci sono rifiuti e rifiuti …

Il ragionamento che stiamo per cominciare riguarda, in particolare, i rifiuti tossici, le scorie radioattive e le armi; è molto lungo e a riassumerlo in poco spazio si rischierebbe di perdere in chiarezza e in dettagli, che qui non sono solo importanti, sono davvero essenziali per seguire tutti i rivoli delle vicende piuttosto complicate e intricate di cui vi parlerò.
In effetti, come ho avuto modo di dire tante volte da questi microfoni, è impensabile dividere i problemi e le questioni in piccole scatole separate. Non esiste il problema dei rifiuti, quello dell’energia, quello della povertà, quello dell’acqua e così via, esiste un solo problema che è la qualità della vita delle persone, che coinvolge anche la loro dignità di esseri umani. Esiste il problema della sopraffazione del ricco sul povero, del potente sul debole. Queste connessioni sono importanti e vanno capite.
La questione dei rifiuti tossici è talmente vasta che saranno necessarie diverse puntate della trasmissione per venirne a capo. All’inizio di ogni successiva trasmissione a questa farò un breve riassunto delle puntate precedenti.
Per chi non ne avesse mai sentito parlare, avviso che l’argomento è piuttosto crudo. A volte sembra di essere precipitati dentro un film dell’orrore.