L'omicidio Codecà Premessa Via Poma: Cesaroni

Una morte “spettacolare”

omicidi11Anche questa storia si snoda nei primi anni ’50, questa volta a Roma, vicino alla Salaria, dove la famiglia Montesi, padre madre e due figlie, vivono una vita normale, fatta delle cose che la maggior parte degli italiani fanno giorno dopo giorno. Ma il 9 aprile del 1953, la figlia Wilma, esce di casa e da allora non si saprà più nulla di lei, fino a due giorni dopo, quando il suo cadavere viene trovato sulla spiaggia di Torvaianica.
É un delitto che, come vedremo, scuote profondamente la nazione. Al fatto, grave di per sé, si aggiunge la spettacolarizzazione dell’evento, pompato dalla stampa e diventato, non più solo il dramma di una famiglia, ma elemento di gossip di cui discutere al bar.
M. De Luca scrive nel suo libro “Storia d’Italia”:
“Da allora l’Italia non sarebbe più stata la stessa. Avrebbe conosciuto per la prima volta l’intrecciarsi spregiudicato di squassanti scontri all’interno del potere politico col procedere sussultorio di un’inchiesta di polizia e di magistratura. Si sarebbe morbosamente divisa in un crescendo di emozioni ben guidate in innocentisti e colpevolisti e sarebbe stata investita da autentiche slavine di menzogne e rivelazioni, da angeliche intransigenze e da demoniache invenzioni, in un rumoroso viluppo di intrighi capaci di far salire le tirature di molti quotidiani ma, contemporaneamente, di minarne in maniera forte irrimediabile una cospicua dose di credibilità”.
Nonostante questa prosopopea, tipica del periodo, nessuno sarà mai in grado di capirci qualcosa in questo delitto. In compenso verranno a galla comportamenti imbarazzanti di persone molto importanti, come politici e giornalisti. É così quando si pensa di avere il diritto di affermare verità (a favore o contro i protagonisti della vicenda) senza avere uno straccio di una prova, seguendo solo ideologie o simpatie per questo o quel personaggio.
Il già citato De Luca scrive a questo proposito:
Molti da quella morte però furono travolti, senza appello. Taluni invece, come Amintore Fanfani, intraprendente e irrefrenabile ministro degli Interni nell’epoca più intensa delle indagini dei carabinieri e poi successore nella Democrazia Cristiana di De Gasperi dopo lo sradicamento di Attilio Piccioni, ne trassero concreti obiettivi vantaggi di consolidamento di carriera. Altri, come Giulio Andreotti, il più esperto e ambiguo speleologo di anfratti e misteri di governo, hanno fatto spesso riferimento a quella vicenda e ai suoi segreti per insinuare o minacciare o respingere attacchi personali, usando la memoria e i dubbi della storia come arma.

I fatti e le cronache

Ma seguiamo i fatti.
Wilma parte da casa alle 17 del 9 aprile per recarsi ad Ostia col treno. Il corpo viene rinvenuto a Torvaianica alle 7,30 dell’11 aprile. Sono dunque passate meno di 40 ore e il cadavere si trova ad almeno 15 km da dove la ragazza aveva detto di voler andare. É senza gonna, senza calze e reggicalze, cosa che desta curiosità perché l’intento era quello di fare un pediluvio per via di un fastidioso eczema ai piedi.
omicidi11Wilma è una ragazza normale; ha 21 anni e sta per prepararsi alle nozze col fidanzato, un poliziotto.  Nessuno ci capisce niente e così il caso rientra i quella strana dicitura “morte accidentale”, insomma una disgrazia, con le distanze spiegate dalle correnti marine che avrebbero trascinato il corpo per tutti quei chilometri.
Poi, come ormai siamo abituati a dire, ecco il colpo di scena.
Il giorno dei funerali arriva alla famiglia una lettera anonima. Il mittente sostiene che Wilma è stata uccisa da uno spasimante, che non voleva accettare il matrimonio di Wilma con un altro uomo. L’ipotesi sembra davvero incredibile per tutti quelli che hanno conosciuto Wilma come ragazza seria e leale. Ma, si sa, le persone non si conoscono mai fino in fondo e ogni sorpresa è sempre possibile.
C’è anche la questione del reggicalze, la cui sparizione è inspiegabile se il desiderio di Wilma era quello che aveva dichiarato.
Passa quasi un mese quando il giornale napoletano “Roma” scrive che Wilma sarebbe stata vista, una decina di giorni prima della morte, nei dintorni di Torvaianica in compagnia del “figlio di una nota personalità politica governativa …”. Nientemeno!
Il giorno dopo, su un giornale satirico, appare una vignetta con un piccione viaggiatore che tiene nel becco un reggicalze. La didascalia è questa: “«Dopo tutto le note personalità cui allude il “Roma” non sono poi tante e non possono nemmeno sparire senza lasciare tracce come i piccioni viaggiatori.
Una frase sibillina che, all’epoca, non sono in molti a decifrare. La politica italiana è in un momento complicato, dovendo affrontare questioni delicate di un dopo guerra da sconfitti. E non ha certo bisogno di simili illazioni.

Orge e festini sul litorale

Passano alcuni mesi e, nell’ottobre 1953, entra in campo un periodico romano che diventerà centrale nella vicenda: “Attualità”. L’articolo porta il titolo “La verità sul caso Montesi” ed è un attacco alle indagini sulla morte di Wilma, chiuse così in fretta da rendere impossibile una ricerca seria della verità.
Il direttore della rivista, Silvano Muto aveva condotto una sua personale indagine nella “Roma bene”, basandosi sul racconto di un’attrice ventitreenne, che in attesa di sfondare a cinecittà, faceva la dattilografa, Adriana Concetta Bisaccia. Aveva raccontato di aver partecipato ad un’orgia sul litorale laziale, a Capocotta. Là, con Wilma, avevano incontrato personaggi famosi, nobili e figli di politici. Wilma avrebbe assunto droga, fumando “sigarette drogate” (termine usato dalla testimone) che le avrebbero provocato un malore grave. Il corpo era stato trasportato sul luogo del ritrovamento da alcuni partecipanti al festino. Tra questi il marchese Ugo Montagna, proprietario della tenuta di Capocotta e Piero Piccioni, figlio del politico Attilio, all’epoca ministro degli Esteri, come vedremo meglio tra poco.
La magistratura non va tanto per il sottile: convoca il direttore Muto, verifica la debolezza delle sue fonti e lo denuncia per diffamazione a mezzo stampa.
Le ipotesi fatte dalla rivista cosa sono? Sono vere? False? Ipotesi assurde? O la rivista ha qualche altro informatore più attendibile?

Il processo a Muto e Anna Maria Caglio

Per i lettori meno attenti ricordo che è un periodo diverso da quello attuale e l’irreprensibilità di una carica pubblica, almeno formalmente, è un bene indispensabile in un’Italia bigotta e attaccata a doppio filo alla pseudo morale cattolica. Per questo la presenza dei giovani figli di politici importanti è quanto mai allarmante.
Il polverone sollevato dalla rivista, fa riaprire le indagini da parte della Procura di Roma. Il risultato non cambia: “Morte accidentale” era e “Morte accidentale” resta.
omicidi11Poi si apre, siamo nel gennaio 1954, comincia il processo al direttore Muto, che aveva dichiarato a suo tempo di aver scritto l’articolo sulla base di fonti incerte. Ed ecco un nuovo colpo di scena. Silvano Muto si presenta in aula con una nuova fonte, una donna affascinante, Anna Maria Moneta Caglio, 25 anni, di Milano, figlia di un notaio e segretario di una sezione della Democrazia Cristiana del capoluogo lombardo. Arrivata a Roma per fare l’attrice, incontra il marchese Ugo Montagna, 50 anni, siciliano, ben introdotto nei salotti romani che contano. Nasce una relazione sentimentale, che però dura poco. Quando Anna Maria legge l’articolo su Attualità, mette insieme tutte le informazioni raccolte durante la sua relazione col marchese, fino a convincersi che l’ex fidanzato abbia qualcosa a che fare con la morte di Wilma Montesi. La ragazza – dice – quel giorno doveva incontrare il marchese proprio nella zona dove è stata trovata morta, a Capocotta. Da allora “capocottaro” diventa un insulto nei confronti dei democristiani, insulto usato perfino da Pietro Nenni, che dirà “Capocotta sarà la Caporetto della borghesia!”.
Nell’Italia del perbenismo si scatena una pruderie incredibile: feste, orge, sesso a gogò su quelle spiagge, dimenticano un fatto essenziale. Dall’esame del corpo di Wilma si evince che la ragazza era vergine al momento del decesso. Ma questa informazione resta nascosta, anche se avrebbe potuto mettere a tacere un sacco di pessime ricostruzioni scandalistiche.
Intanto Anna Maria Caglio si spaventa per le sue stesse parole e si rivolge ad un gesuita, padre Dall’Olio, per avere qualche consiglio. Qui escono altri personaggi dal racconto della giovane donna. Nomi che fanno tremare i polsi alla politica nazionale, perché in mezzo c’è anche Pietro Piccioni, figlio del vicepresidente del consiglio e ministri degli esteri. Ricordate la vignetta col piccione? Solo un caso?
Padre Dall’Olio capisce che la cosa è più grande di lui e si rivolge a padre Virginio Rotondi, quello che in televisione è stata una delle voci di “Ascolta si fa sera”, che molti tra i più anziani ricorderanno bene, anche gli sportivi, perché si apriva subito dopo “Tutto il calcio minuto per minuto”. Attraverso altri prelati si arriva fino all’ufficio del ministro degli Interni, Amintore Fanfani.
Il ministro pone la stessa domanda che Dall’Olio aveva fatto ad Anna Maria: perché non rivolgersi alla polizia? Ma la risposta è netta: perché il marchese è grande amico del capo della polizia. La donna fa anche altri nomi: si tratta di personaggi importanti della politica e del Vaticano. Apriti cielo, questo non si può certo tollerare. Così Fanfani chiama un colonnello dei carabinieri, Umberto Pompei, e gli dice di indagare con cautela su queste nuove rivelazioni.  Il marchese Ugo Montagna ne esce come un delinquente: precedenti penali imbarazzanti, insolvenza fraudolenta, appropriazione indebita, falso in cambiali, contravvenzione al foglio di via obbligatorio, addirittura facente parte della polizia segreta fascista e confidente dei nazisti, attività dalla quale avrebbe ricavato una fortuna … non una bella immagine.
Il processo al direttore Muto non può continuare in questa situazione e viene sospeso, mentre l’inchiesta sulla morte di Wilma Montesi viene riaperta. In effetti molti dei racconti di Anna Maria trovano riscontro, primo fra tutti che il marchese Montagna e Wilma si conoscevano. Succede un casino: il capo della polizia si dimette, il processo viene trasferito a Venezia, perché il clima romano non ne consente uno svolgimento sereno. I due imputati sono Piccioni e Montagna, ma a nessuno viene contestato l’omicidio, se mai l’omesso soccorso per una ragazza magari ubriaca o svenuta, poi morta per annegamento.

Altri indiziati?

Prima di arrivare al processo ci sono alcuni presunti scoop che individuano altri colpevoli, come lo zio di Wilma, che l’avrebbe circuita. Ma questi è in realtà assieme alla sorella Wanda, dalla quale avrà in seguito due figli.
Un altro scandalo viene rilevato dal giornale Momento Sera, quando scopre il difensore di Silvano Muto entrare in un bordello assieme alla moglie, la quale, secondo il giornale, vi andava per soddisfare le proprie voglie con baldi giovanotti in presenza del marito. Una vergona enorme che tende a diminuire le simpatie per Muto e quindi per l’accusa ai due indagati.
Nonostante tutto, però, l’opinione pubblica si schiera, quasi tutta, contro gli imputati, perché essere figli di uomini di potere è, comunque, una aggravante.
A Montagna viene contestato il favoreggiamento, così come a Saverio Polito, questore di Roma, per aver chiuso troppo in fretta l’inchiesta e aver così favorito gli amici.
Altra vittima del caso è Attilio Piccioni, uomo con grandi prospettive, addirittura di diventare l’erede politico di Alcide De Gasperi. Ma è costretto a dimettersi e a chiudere con la politica. Tuttavia, come l’araba fenice, e da perfetto democristiano, risorgerà presto dalle ceneri, assumendo importanti incarichi anche di governo fino al 1968.
Suo figlio viene arrestato il 21 settembre 1954 con l’accusa di omicidio colposo e uso di sostanze stupefacenti. Ha però un alibi per quella notte, confermato dalla fidanzata di allora, la famosa attrice Alida Valli, e dopo qualche mese viene messo in libertà vigilata e successivamente scagionato del tutto. Riprenderà la sua attività di musicista e, in questa veste, firma le colonne sonore di alcuni dei film di culto come “Il caso Mattei”, “Salvatore Giuliano”, entrambi di Francesco Rosi. Lavora per il meglio dei registi italiani da Luchino Visconti a Roberto Rossellini, da Vittorio De Sica a Luigi Comencini e perfino per Tinto Brass. Muore nel 2004.
Il marchese Montagna si costituisce quando legge dell’arresto del giovane Piccioni affermando la propria estraneità ai fatti.

Conclusione

I processi riprendono nel 1957, ma non ci sono più intoppi. Tutto procede regolarmente fino all’assoluzione degli imputati per non aver commesso alcun reato.
Non ci sono colpevoli.
Così per tutti, Wilma Montesi è morta per cause naturali sul litorale laziale. É stata una disgrazia …
Per tutti, tranne per quelli che sanno come sono andate davvero le cose e quelli, con ogni probabilità, sono gli assassini.
  L'omicidio Codecà Premessa Via Poma: Cesaroni