A tutto gas

Cerchiamo di capire come, da chi e quanto gas arriva oggi, si intende prima del conflitto in Ucraina, in Italia per il nostro consumo.
Userò i dati forniti dal Ministero dello sviluppo economico, riferiti al 2020, l’ultimo anno di cui possiedo i valori completi.
Proviamo a cominciare dall’inizio. Quanto gas ci serve per tutte le cose che abbiamo?
Nel 2020 ne abbiamo consumato circa 70 miliardi di metri cubi: 4,1 sono stati estratti in Italia, il resto proviene dall’estero. Dunque dipendiamo per il 94% dalle forniture che compriamo da altri paesi.
Non deve stupire questa cifra così alta. Non siamo un paese che abbonda di materie prime nemmeno in molti altri settori.
La maggior parte dell’importazione arriva dalla Russia, poco più del 40%. É anche vero che nel 2021 questa quota è diminuita, essendo aumentata quella proveniente dal Nord Africa, soprattutto dall’Algeria e dall’Azerbabaijan, con la messa in funzione del TAP, il gasdotto trans-adriatico.
La nostra rete di trasporto è gestita da SNAM Rete Gas, società per azioni con circa 2 mila dipendenti. Ci sono nove punti di entrata, ciascuno in corrispondenza di un metanodotto o di un rigassificatore (vedremo poi la differenza tra i due). I sei punti d’ingresso, da dove partono i nostri tratti di metanodotto, sono a Tarvisio, Gorizia, Passo Gries in Piemonte, Mazara del Vallo, Gela e Melendugno, provincia di Lecce. Ci sono poi tre località con centri di rigassificazione in funzione a Panigaglia in provincia di La Spezia, al largo di Rovigo nel Mare Adriatico e a Livorno. A questi si è aggiunto di recente il centro di Gioia Tauro in Sicilia. In costruzione altri due impianti in Toscana, a circa 22 km dalle coste all’altezza di Livorno e Pisa.
Va detto subito che ognuno di questi impianti, che hanno proprietà private (Edison, ENEL, ma soprattutto SNAM), ha un potenziale ben definito. Facendo la somma dei tre attivi si arriva appena al 10% del fabbisogno nazionale. Questo valore va tenuto presente perché ci servirà tra poco.
Dunque il gas può arrivare sotto forma gassosa attraverso i metanodotti internazionali o essere trasportato via nave. Tra questi ultimi c’è, ad esempio quello che arriva dal Qatar. Il trasporto avviene comprimendo il gas e facendolo liquefare. Una volta arrivato a destinazione occorre fare il processo inverso, vale a dire farlo tornare gassoso, in modo da poterlo distribuire alla nazione. Ecco, a questo servono i rigassificatori. Dunque non possiamo chiedere un aumento delle forniture per questa via, perché i nostri rigassificatori quello possono sostenere, cioè il 10%, e non di più. Per avere altro gas da Qatar o dagli Stati Uniti, come suggerito da Draghi in questi giorni, bisogna realizzare altri rigassificatori.
Immagine rigassificatore Adriatico da Wikipedia
Non entro qui nel merito dell’opportunità di un simile trattamento. Ci sono state proteste molto vibranti sull’installazione di questi impianti, secondo molti pericolosi e certo non troppo gentili verso l’ambiente. Ma in questo momento della puntata ci occupiamo di altro, cerchiamo di capire come e da dove arriva il gas a casa nostra.
I principali paesi da cui ci riforniamo sono: Russia, Algeria, Libia, Olanda e Norvegia, Qatar e Azerbaijan.
Il gas russo, come detto la quota più consistente del totale, arriva da noi attraversando Ucraina, Slovacchia e Austria, grazie al metanodotto TAG (Trans Austria Gas) ed entra in Italia a Tarvisio, al confine con Austria e Slovenia, in provincia di Udine.
Ed è proprio l’attraversamento dell’Ucraina che non lascia tranquilli, soprattutto in tempi di crisi come nel 2014 o, peggio, oggi con una vera guerra. Per questo era stato progettato un altro gasdotto, che doveva escludere dal proprio percorso l’Ucraina, passando per il Mar Nero, i Balcani e arrivare poi in Austria. Il suo nome è South Stream (corrente del sud), ma il progetto è abortito alla fine del 2014. Oggi c’è un altro progetto, il South Stream 2, che dovrebbe collegare Russia e Germania. Non è ancora iniziato e tutti i condizionali sono quanto mai d’obbligo, vista la situazione internazionale.
Oltre al TAG, ci sono altri tre grandi gasdotti, che trasportano il gas russo:
  • Turkstream: attraversa il Mar Nero e arriva in Europa tramite la Turchia;
  • Blue Stream: come il Turkstream, passa attraverso il Mar Nero per arrivare attraverso la Turchia;
  • Nord Stream 1: è il gasdotto sottomarino più lungo al mondo e trasporta quasi il 40% del gas che arriva in Europa. Si differenzia dagli altri due perché situato nel Mar Baltico.
Un altro gasdotto di realizzazione abbastanza recente è quello proveniente dalla Libia: si chiama Greenstream, è lungo 520 km e arriva in Italia a Gela, provincia di Caltanissetta. Questo è di proprietà di ENI, attraverso il gruppo SAIPEM, con il 75% delle quote azionarie.
Sempre dal Nord Africa, arriva il Transmed, lungo duemila km, che porta a Mazara del Vallo, provincia di Trapani, il gas estratto in Algeria, che rimane il nostro secondo fornitore dopo la Russia.
Ed infine abbiamo anche un gasdotto che arriva dal Mare del Nord, proveniente da Olanda e Norvegia a Passo Gries in Piemonte.
Arriviamo così al cosiddetto GNL, cioè al Gas Naturale Liquefatto.
Certo costa il trasporto via nave anche da molto lontano: ad esempio dagli Stati Uniti o dai paesi arabi, ma l’estrazione è meno costosa e così alla fine il suo prezzo è concorrenziale con il gas che ci viene fornito via gasdotti.
Come già detto per usufruire di questo tipo di combustibile occorre avere a disposizione dei rigassificatori.
I dati mondiali del 2021, segnano il superamento delle forniture di GNL rispetto a quelle via gasdotto: 500 miliardi m³ contro 450. Le previsioni per la fine di questo decennio sono di un raddoppio del GNL, facendo supporre che, alla fine, questo sarà il gas d’elezione.
Si capisce questo andamento anche guardando ai grandi produttori di gas, come la Russia, che sta investendo pesantemente proprio sul GNL, di cui fornisce oggi appena l’8% del totale. Sono molti i produttori ed esportatori di gas liquefatto: Stati Uniti, Australia, Malesia, Norvegia e Trinidad con il 33%, Paesi come il Qatar, l'Algeria e la Nigeria addirittura con il 59%.
La liquefazione del gas è dovuta al fatto che un gas, appunto, occupa tutto il volume che gli viene messo a disposizione, mentre rendendolo liquido, questo volume si riduce di circa 600 volte ed è così ovvio che il trasporto via nave risulti di molto facilitato e risulti anche economicamente più favorevole.
Secondo gli analisti del settore, sulle scorte mondiali non dovrebbero esserci problemi, dal momento che si stima che il rapporto tra riserve e produzione sia dell’ordine di 60 anni, vale a dire molto più in là di quando le fonti fossili dovrebbero sparire dalla faccia del pianeta. Anche qui l’uso del condizionale è obbligato.
Torniamo adesso ai nostri fornitori per vedere quanto, in percentuale dipendiamo da ciascuna nazione. Come già detto, i dati sono riferiti all’anno 2020, e in testa c’è la Russia con il 40,7%. Segue l’Algeria con il 21,5%, Norvegia e Qatar con il 9,8%, Libia con il 6,2%, Stati Uniti con il 2,4% e altri con quote inferiori. A questo va aggiunta la quota nazionale che è stata del 5,8%.
L’anno successivo, nel 2021, le importazioni di gas naturale sono cresciute per via di un aumento del combustibile proveniente dall’Algeria (7% in più rispetto all’anno precedente).
Ora rimane una domanda fondamentale: quale sarà il futuro della strategia energica nazionale?
Cominciamo ad analizzare quella che era la strategia prima dell’invasione russa, della guerra e di tutto quello che ruota attorno a questo tragico evento.
L’Italia è un paese strategico per la distribuzione di gas verso il resto d’Europa. Qui, infatti arrivano, come già visto, gasdotti importanti, come quello dall’Algeria e il TAP: quello che entra a Tarvisio dall’Austria, ma che arriva dal Mar Caspio e dai giacimenti dell’Azerbaijan. Da qui il collegamento è verso il Nord Europa. Nel 2021 lo hanno attraversato quasi sei miliardi di metri cubi, quantità decisamente superiore a tutta la produzione nazionale nello stesso anno. Nel frattempo l’Unione Europea sta lavorando alla realizzazione di un nuovo gasdotto, chiamato EastMed, nome che richiama il Medio Oriente. Infatti i giacimenti che interessano questo condotto sono a Cipro, Israele ed Egitto. Le previsioni sono di ultimarlo entro il 2027. Arriverà in Grecia e da qui, attraverso il Poseidon, altro impianto in costruzione entro il 2027, in Italia.
Tutti questi discorsi forse a qualcuno hanno fatto storcere il naso. “Ma come, siamo di fronte alla più grave crisi planetaria, quella climatica, e voi volete basare il nostro futuro ancora su fonti fossili come il gas naturale?”.
É una giusta osservazione, alla quale bisogna dare una risposta. Personalmente credo sia ingenuo pensare che la cosiddetta transizione energetica sostituirà a breve (entro qualche decennio intendo) le fonti fossili con quelle rinnovabili. É ingenuo perché l’intera produzione mondiale, che è una macchina mostruosamente grande, è basata sugli idrocarburi. E dunque è evidente che, non potendo rallentare i ritmi, dal momento che nessuno pensa di ridurre i consumi, la ricerca dei combustibili fossili sarà ancora molto attiva.
Questo vale per il petrolio, purtroppo vale per il carbone e, ovviamente, anche per il gas. Questo non significa che non si stia facendo nulla, anzi. Tanto per cominciare è assai preferibile avere una centrale a gas piuttosto che una a carbone o a petrolio o a rifiuti, se in questi è presente una grande quantità di plastiche. Molte aziende, al di là della ricerca sulle fonti rinnovabili tradizionali (vento, sole, mare) sono impegnate nella ricerca per la produzione di bio-metano senza incidere sulla produzione alimentare. Non è infatti cosa buona e giusta che il mais serva per far andare i veicoli, piuttosto che servire per fare i tacos o la polenta.  Per questo gli studi sono rivolti agli scarti, quelli alimentari ad esempio, utilizzandoli per la produzione di bio-metano.
Un’ultima osservazione riguarda uno dei grandi obiettivi futuri: quello di utilizzare l’idrogeno nella produzione. Anche qui occorre stare attenti: per avere a disposizione idrogeno serve energia, se la produciamo con una centrale a carbone, l’idea è da buttare subito via. Se, invece, quell’energia, viene da fonti rinnovabili, l’idrogeno diventa un vettore energetico di grande importanza. Cosa c’entra col gas? C’entra moltissimo, perché l’idrogeno può essere trasportato nei condotti dei gasdotti, che quindi non devono essere ricostruiti. 
Ma questo è il futuro. Mentre scrivo questo articolo, la gente muore per una guerra, terribile come tutte le guerre e, come dice Trilussa:
Ninna nanna, tu nun senti - li sospiri e li lamenti - de la gente che se scanna - per un matto che commanna; - che se scanna e che s'ammazza - a vantaggio de la razza - o a vantaggio d'una fede per un Dio che nun se vede, ma che serve da riparo ar Sovrano macellaro.