Introduzione

La questione che oggi affrontiamo si svolge nel Nord della Sardegna, precisamente a La Maddalena, dove nel 2009 dovrebbe tenersi il summit del G8. Purtroppo nella primavera di quell’anno un forte terremoto sconquassa L’Aquila e le zone vicine. Così il primo ministro italiano, Silvio Berlusconi, ha l’idea di portare i capi di stato delle 8 potenze mondiali a vivere in diretta la situazione dei terremotati: il G8 si fa a L’Aquila. Ma nel frattempo a La Maddalena i lavori sono stati finanziati, cominciati, parzialmente pagati ed è di questo che voglio parlarvi. Il G8 de L’Aquila c’entra solo perché ha lasciato la località sarda con un palmo di naso.
Perché ritirare fuori oggi questa vecchia questione? Perché nel frattempo, come vi racconterò stasera, il processo contro gli imputati è terminato e si attende il 18 gennaio prossimo per le varie sentenze. Conoscendo tutta la storia potremo così meglio apprezzare o disprezzare quello che i giudici diranno. Ma per questo c’è ancora tempo.
Siamo nel 2009, l’Italia è chiamata ad ospitare la riunione del G8, quella che molti pomposamente chiamano la riunione dei grandi della terra, anche se al tavolo delle trattative mancano i rappresentanti delle multinazionali del Cibo, delle fonti energetiche, dei medicinali e di tutto il resto che conta davvero. E mancano gli stati emergenti, che sorpasseranno di gran lunga gli attuali primi 8 del mondo nei prossimi decenni. Ma tant’è, non è questo il punto.
Il summit è previsto nei giorni 8, 9, 10 luglio e la sede scelta dal governo italiano è bellissima. La Maddalena, un piccolo arcipelago meraviglioso nel NordEst della Sardegna in provincia di Olbia.
Si tratta di un pugno di isole, tra cui Caprera, così legata alla storia risorgimentale italiana. Oltretutto parco naturale nazionale, protette sia le aree marine che terrestri, rinomata località turistica con spiagge famose in ogni parte del mondo tra cui la famosa spiaggia rosa di Budelli, insomma un posto fantastico.
In realtà, la decisione di tenere il vertice a La Maddalena viene presa due anni prima, nel 2007, dal primo ministro Romano Prodi. I motivi di questa scelta sono chiari: rilanciare in chiave turistica l’economia dell’arcipelago nel Nord dell’isola. Infatti là c’è la base navale americana, appena dismessa e lasciata libera. Quale migliore occasione? Nel 2008 il governo Prodi cade e inizia il quarto governo Berlusconi, il quale si trova di fronte ad una decisione già presa e da rispettare. Come è nelle sue caratteristiche, parte lancia in resta: vuole fare in fretta e così coinvolge il dipartimento della Protezione Civile, che può agire in deroga alle norme. É prevista la copertura di 27 mila metri quadrati. Il budget, inizialmente previsto in 200 milioni viene incrementato di quasi il 60% passando a 327 milioni di euro.
La Protezione civile bandisce la gara, vendendo la concessione. Ma c’è un solo concorrente, la MITA Resort Srl, società di proprietà di Emma Marcegaglia (azionista di maggioranza), all’epoca presidente di Confindustria. L’importo richiesto è 40 milioni di euro, per 30 anni, più 40 rate annue da 60 mila euro. L’obiettivo è quello di trasformare l’ex arsenale in un approdo per yacht di lusso.
Poi però un terremoto devastante riduce L’Aquila e altri paesi abruzzesi in macerie. Crollano scuole ed ospedali, si contano più di 300 morti. La nazione, come sempre in questi casi, non può fare altro che piangere le perdite, lo fa con rabbia e livore, perché ci si accorge subito che quelle costruzioni sarebbero cadute anche per un forte soffio di vento figurarsi con una scossa di magnitudo 6. Ci si rende subito conto che gli appalti erano stati vinti da ditte senza scrupoli, come troppo spesso avviene in questo maledetto paese. Si gonfiano le spese e si usano materiali di scarsa qualità per un profitto maggiore. Tutti lo sanno, da sempre, ma ci si stupisce solo di fronte alle file di morti stesi in una stanza. Siamo un popolo di parolai, guidato da inutili parolai.
Questo vale per quasi tutte le strutture che lo stato appalta: le scuole, gli ospedali, le strade. Malavita organizzata, mafia e camorra su tutti, e malfattori in giacca e cravatta fanno una strage. Si scoprirà più avanti che la ricostruzione porterà denaro a questi personaggi, come Piscitelli e Gagliardi, che rideranno dei morti pensando a quanto frutterà loro la ricostruzione. Ma, come si dice, tutto questo fa crescere il PIL e così anche i morti hanno un ritorno in denaro per qualcuno. La nazione è riconoscente, specie in tempo di crisi economica. Lo so è tutto orrendo, ma è di casa dalle nostre parti.
Il terremoto avviene in aprile e la macchina della propaganda berlusconiana si mette in moto, annunciando, con le solite frasi ad effetto, che entro pochissimo tutti avranno un tetto sulla testa, la ricostruzione comincerà subito e altre amenità del genere, alle quali solo gli imbecilli o chi ha passato gli ultimi 20 anni su Marte ancora riescono a credere. E, nella sua idea di come la politica si possa gestire con le stesse tecniche del marketing di venditore di pentole, ecco il colpo di scena. Porteremo il G8 a L’Aquila per far vedere agli alleati quanto bravi saremo stati. E La Maddalena? Pazienza, i soldi investiti serviranno ai turisti. Tanto si sa che in quelle zone vanno a svernare gli operai della catena di montaggio della FIAT che prendono 1200 euro al mese.
I lavori, altra cosa consueta nel nostro paese, cominciano in ritardo con costi enormi rispetto al normale, costi del tutto inutili o quasi. Guido Bertolaso, capo supremo della protezione civile, difeso dal presidente del consiglio anche quando diventa palese il suo coinvolgimento diretto nelle malefatte che sto per raccontarvi, dichiara alla nazione che l’Ex Arsenale diventerà un centro per ricchi turisti, con alberghi di superlusso e yatch club che porteranno lavoro e denaro all’intera isola.
Ci sono un sacco di lavori da fare, sono lavori da eseguire a terra, rivoltandola, edificando, cementificando, ma anche a mare: serve una darsena per le imbarcazioni e quindi bisogna scavare anche là. Purtroppo quel mare così perfetto in superficie, dai colori che ritrovi solo nelle cartoline dei paesi caraibici, è pieno di veleni là in fondo, dove le rocce affiorano dalla sabbia. Una volta qui c’era una base americana con navi e sottomarini che andavano avanti e indietro: questo passaggio continuo non può non lasciare una traccia di schifezze di vario genere.
Prima di cominciare i lavori quel pezzo di mare deve essere bonificata dalle sostanze nocive che in essa sono finite. Sono idrocarburi pesanti, mercurio e altri metalli, tutti inquinanti pericolosissimi, per la fauna marina, per l’uomo, per la catena alimentare. La sistemazione dell’area, la costruzione delle megastrutture, la realizzazione del polo di lusso entrano in un progetto privato, gestito dall’azienda MITA Resort. Ci interessa?
Ci interessa eccome perché, come detto, l’azienda è di proprietà del presidente di Confindustria in carica, Emma Marcegaglia. E i lavori, come vedremo meglio dopo, invece di togliere le sostanze inquinanti, le sparpagliano ovunque invadendo aree marine confinanti e provocando un vero e proprio disastro ecologico.
A fianco di tutto questo c’è la questione dei soldi, che sono soldi dello stato, arrivano dalle tasse, dalle accise su tutto quello che utilizziamo nella nostra vita, la benzina, l’acqua, la luce, il gas.
Parliamo di 400 milioni di euro di denaro pubblico per costruire 27 mila metri quadri di edifici, acquisire 90 mila metri quadri di terreni e 110 mila di mare. Questi ultimi consegnati al progetto Marcegaglia non hanno prodotto niente di niente, se non l’inquinamento di cui ho appena detto.
Tra le opere realizzate un mega albergo a moltissime stelle con arredi di gran classe. Sorge al posto dell’ex Arsenale. Poi, nel progetto, quell’orrendo stradone che gli corre davanti diventerà una bellissima e romantica passeggiata a mare. Insomma uno di quei posti da sogno che noi vediamo solo sulle riviste, ammesso che le leggiamo.
E, finito il G8, che dura pochi giorni, ecco che, questa è l’idea dei promotori, arrivano i signori dai portafogli gonfi per soggiornare durante l’estate. Le loro barche saranno ormeggiate proprio là davanti, pagando una fortuna per rimanere in baia a La Maddalena.
Sentiremo poi la versione della Mita Resorts, ma quello che è certo è che la Regione Sardegna si trova così costretta a pagare l’IMU su avveniristiche strutture architettoniche che nessuno ha mai usato e, visto lo stato delle stesse, nessuno abiterà. La tassa sulla casa per noi è una seccatura, ma per i sardi è un peso sul groppone: si tratta di mezzo milione di euro l’anno.
Ma, dice uno; “Qualcuno le avrà pure abitate quelle strutture!”. La risposta è no. Ad entrarci sono stati solo il maestrale e la ruggine. Nessuna manutenzione è mai stata avviata. Il mare richiede bonifiche urgenti, ma non se ne parla nemmeno: non ci sono soldi per farle e anche là dove ci sono non possono essere spesi. Infatti il tiritera sulle competenze vede la necessità di un accordo tra le varie amministrazioni dello Stato (Presidenza del consiglio, Ministero, Regione, Comune), accordo che non arriva. Ed è chiaro a tutti che lasciando le cose come stanno la situazione certo non migliorerà, anzi …
Così i 400 milioni necessari a recuperare quello che si lascia andare in malora diventeranno presto 500 o 600. C’è poi un contenzioso tra le amministrazioni e la MITA Resorts. In effetti quei lavori, come le molte grandi opere nazionali, sono state finanziate in Project Financing, vale a dire con soldi dei privati, ai quali viene concesso poi l’utilizzo della struttura per un certo periodo di tempo. In questo caso si tratta di 40 anni. Parlerò più avanti di questo contenzioso, per ora basta sapere che c’è.
Ma la società della Marcegaglia ha i suoi scheletri nell’armadio. In effetti l’appalto per quella Grande Opera è assegnato con un bando tagliato su misura per la MITA, risultata così facile vincitrice.
I soldi da versare, come anticipato sono 31 milioni alla Protezione Civile in tre rate e 60 mila euro l’anno per 40 anni alla Regione, ma questi soldi nessuno li ha mai visti.
E ci sono altri conti in sospeso, conti in denaro intendo. Stefano Boeri è un architetto, quello che ha progettato la “Casa sull’acqua” dell’ex Arsenale. A commissionargli il lavoro era stato Diego Anemone, immobiliarista, costruttore e corruttore, di cui parleremo tra poco. Costui ha dichiarato fallimento e così l’architetto è rimasto con un palmo di naso. Tuttavia il Boeri conosce bene quello che ha progettato e sostiene che “siamo di fronte ad un’altra Ilva”. Il sindaco dell’Isola (La Maddalena) mette un altro carico sul piatto quando afferma che Regione, Protezione Civile, Mita Resort “sono come le tre scimmiette sul comò”, nessuno è responsabile, nessuno sente, vede o parla, ognuno scarica le colpe sull’altro e a pagare è la popolazione. Un copione già visto in mille situazioni in questo nostro paese che parla di democrazia senza sapere di cosa si tratti.
Mi sembra inutile girarci tanto intorno. Quando il 23 aprile Silvio Berlusconi annuncia il trasferimento del G8 a L’Aquila, il capo della Protezione Civile Bertolaso si rivolge ai sardi estremamente perplessi e incazzati con una serie infinita di assicurazioni, che sono soltanto bugie grossolane, secondo la tradizione del suo padrone, il capo dell’esecutivo.
La garanzia per l’isola è, in soldoni, il fatto di averle lasciato in eredità una Grande Opera, che avrebbe garantito lavoro e profitti riprendendo i fasti di quando quell’area era abitata dagli americani della Base navale. Affermazioni che nascondono il cinismo di un inganno.
E così si ripete la solita storia, racchiusa nelle vicende Balducci - Protezione Civile. Angelo Balducci è uno degli alti dirigenti del Ministero dei Lavori Pubblici (responsabile della ricostruzione del Petruzzelli di Bari, dei lavori per i mondiali di nuoto a Roma anche là con un sacco di problemi e di dubbi e di molte altre attività di primissimo piano). Come è consuetudine in un paese estremamente corrotto come il nostro, gli appalti favoriscono amici, parenti e conoscenti e hanno un ritorno. Quando si avviano le indagini tutto questo viene a galla e Balducci si dimette nel 2010, viene arrestato e poi consegnato agli arresti domiciliari. Ne parleremo tra poco in dettaglio.
In tutte queste situazioni c’è un solo perdente: lo Stato. Poiché le opere, giuste o sbagliate che siano, vengono a costare sempre un 30 – 50 % in più, come una specie di “tassa di corruzione”. É perfettamente inutile che i media e gli stessi cittadini si stupiscano ogni volta che uno scandalo viene svelato. Lo scandalo è la regola, la sua scoperta l’eccezione. Poi c’è la questione della bonifica, di cui parleremo adesso.
9 agosto 2006: La Marina degli Stati Uniti annuncia che abbandonerà la base dell'arcipelago della Maddalena entro il primo semestre del 2008.
14 giugno 2007: Il presidente del consiglio Romano Prodi e il ministro degli Esteri, Massimo D'Alema annunciano con "grande soddisfazione" che il prossimo vertice "degli Otto grandi" si terrà in Sardegna alla Maddalena. A novembre viene nominato commissario per il G8 Guido Bertolaso, che deve cominciare i lavori di adattamento della sede per la manifestazione.
27 giugno 2008: Mancano duecento milioni all'appello, i lavori non partono, la commissione europea apre una procedura d'infrazione sui pericoli per l'ambiente. Alla Ue replicano il commissario del G8 Guido Bertolaso e Renato Soru, presidente della Sardegna con affermazioni estremamente ottimiste. “Stiamo preparando un vertice memorabile per eco compatibilità”.
17 agosto 2008: Giorgio Napolitano, presidente della Repubblica, visita i cantieri per il G8 del 2009 alla Maddalena. Con lui, il sottosegretario Bertolaso e il presidente della Regione Sardegna, Renato Soru. «I lavori procedono con grande celerità – dice Napolitano - non mi risultano notizie di un cambiamento di sede».
2 aprile 2009: Il capo della Protezione Civile Guido Bertolaso assicura che tutto fila liscio. «Le delegazioni straniere - scrive - hanno potuto verificare il lavoro di bonifica ambientale, la logistica, gli sviluppi positivi che il progetto ha pensato per il turismo della Sardegna».
23 aprile 2009: Il G8 si terrà all'Aquila. Il consiglio dei ministri decide di spostare la sede della riunione. "La decisione politica è stata presa” - dice il ministro Matteoli – “ora il presidente del Consiglio deve consultare tutti i capi di Stato invitati”.
24 aprile 2009: Al governatore dell'isola Silvio Berlusconi promette che lo spostamento del G8 non determinerà l'abbandono dei lavori già avviati.
24 aprile 2009: Rivolta in Sardegna. La decisione di trasferire il G8 provoca dure reazioni. Il timore è che le grandi opere progettate alla Maddalena, senza i finanziamenti residui, non vengano completate.
25 aprile 2009: Bertolaso fornisce i suoi motivi dello spostamento.
Primo: una scelta etica per stare più vicini a chi sta male davvero.
Secondo: il costo della sicurezza, 20 milioni a L’Aquila contro i 120 nell’isola. Ma questo come mai non si sapeva prima?
28 gennaio 2010: Il flop della Maddalena dal G8 all'abbandono. Vuoti due hotel a cinque stelle, nessuno li vuole; uno è costato 742mila euro a stanza.
28 gennaio 2010: Dopo l’inchiesta di Repubblica il caso Maddalena arriva in Parlamento. L’Idv chiede l’intervento della Corte dei Conti. E Bertolaso invita la stampa a una visita guidata
2 febbraio 2010: "Ora faremo la manutenzione". "Prima dell'estate - dice Bertolaso - qui ci sarà una grande realtà industriale, che farà funzionare questa meraviglia. Stiamo lavorando al bando di assegnazione".
13 febbraio 2010: L’ex Arsenale viene assegnato alla Mita di Emma Marcegaglia, presidente Confindustria. Scattano i ricorsi degli esclusi. L’appalto è stato fatto direttamente da Guido Bertolaso. Quando scoppierà lo scandalo G8 salterà fuori un’interessante intercettazione: «La durata del contratto la decido io, perché è ovvio che voglio sfruttare questi giorni di campagna elettorale, dove Soru pensa ad altre cose», dice Bertolaso parlando al telefono con Balducci.
7 marzo 2010: 31 milioni spesi, ma inutilmente. Si scopre che l’acqua dell’Arsenale è inquinata. Lo dicono i dati dell’Istituto superiore per la protezione ambientale: in sei ettari d'acqua di fronte all' ex Arsenale i valori d'inquinamento superano i livelli certificati a inizio operazioni, quasi due anni fa. Idrocarburi, arsenico, amianto, cadmio, piombo, rame, mercurio non sono scomparsi. Il risanamento, costato fin qui 31 milioni allo Stato e alla Regione Sardegna, non è bastato a spazzarli via.
22 marzo 2010: Nuova beffa dietro il G8 mancato nell'arcipelago: la Regione Sardegna dovrà pagare 400mila euro all'anno di Ici per l'ex Arsenale militare trasformato in centro conferenze ed hotel extralusso, non la Mita Resort che se ne è aggiudicata la gestione da qui al 2050 per 60mila euro annui. Motivo: il complesso residenziale che da queste parti avrebbe dovuto rappresentare il volano di un moderno turismo è passato dall’amministrazione dello Stato a quella della Regione Sardegna.
22 dicembre 2010: Licenziati i dipendenti, la Mita pronta a ridare le chiavi alla Regione. La struttura era stata data in gestione per 40 anni al gruppo Marcegaglia. I lavori affidati da Bertolaso a suo cognato Francesco Piermarini.
30 maggio 2011: Sui fondali preziosi dell'Arcipelago della Maddalena ci sono rifiuti tossici, fanghi, amianto, idrocarburi, arsenico, mercurio, metalli pesanti.
23 febbraio 2012: Il sostituto procuratore di Tempio Pausania Riccardo Rossi, titolare dell'inchiesta sulle bonifiche, sostiene che si è ampliata la zona da ripulire. Prima delle operazioni di pulitura erano 7 ettari di fondali ora sono 12.
12 giugno 2012: Depositati gli atti dell'indagine che mette sotto accusa varie persone: oltre all'imprenditore edile romano Anemone e suo fratello, ci sono i figli di Balducci. I reati contestati vanno dal riciclaggio all'appropriazione indebita, alle false fatturazioni. Il tribunale del riesame ha confermato il sequestro di beni.
11 luglio 2012: Da Repubblica: È finita l'era della super Protezione Civile che, nell' epoca di Guido Bertolaso, si occupava di grandi eventi come il G8 o i funerali di Giovanni Paolo II. Il Senato ha approvato ieri in via definitiva la riforma del dipartimento, limitandone il raggio d' azione.
4 agosto 2012: Muri scrostati, ruggine e nidi d'uccello. Ecco cosa resta del sogno della Maddalena. Viaggio nella struttura che doveva ospitare il G8: bruciati 460 milioni. La società della Marcegaglia chiede 10 milioni di danni.
6 novembre 2012: "Basta prese in giro, intervenga il governo". Duemila abitanti dell'isola occupano le strutture abbandonate dopo lo spostamento del G8 a L'Aquila: "Siamo stanchi di promesse non mantenute, non ce ne andremo finché non avremo risposte".
31 gennaio 2013: “Meno burocrazia, più velocità negli investimenti e più vicinanza ai cittadini e alle esigenze locali”. Il ministro dell’Ambiente Corrado Clini presenta così il decreto che contiene la decisione di declassare, tra le altre, anche la Maddalena, che da sito di interesse nazionale diventa sito di interesse regionale.
5 marzo 2015: un incendio divampa nella casa dell’acqua, un nuvolone scuro invade il cielo di La Maddalena. Il rogo sembra sia partito da un corto circuito ma per valutare l’entità del danno (e le cause) bisognerà attendere che i vigili del fuoco completino un lavoro non semplice. Quel che resta dell’ex Arsenale è un grande tempio allo spreco di risorse pubbliche.
2016: Potremmo continuare perché fino ad oggi non è cambiato molto. C’è stata nel 2016 una perizia richiesta dalla Procura di Tempio Pausania, che ha accertato che dai 6 ettari individuati inizialmente ed oggetto di una prima bonifica si è passati a 12 ettari contaminati proprio a causa della grave imperizia che ha caratterizzato le operazioni di bonifica. Insomma, La Maddalena è uno dei più chiari esempi di come le cose da noi vengano fatte male: basta guadagnarci dei soldi. Del territorio, dell’ambiente e dei cittadini non frega niente a nessuno.
Dall’ex Arsenale è fuggita anche la Mita Resort. Passato l’entusiasmo per la grande regata della Louis Vuitton Cup, a scoraggiare gli imprenditori privati sono stati gli esiti dell’inchiesta sulle bonifiche mai fatte, che vede sotto accusa 17 persone tra cui Guido Bertolaso. La Procura di Tempio ha sequestrato l’area che avrebbe dovuto ospitare un porticciolo e in attesa delle bonifiche vere il progetto è andato a fondo. Ancora inutilizzato anche l’ex ospedale militare trasformato in hotel di lusso. Ma quel gioiello non è mai stato utilizzato: nessun imprenditore ha partecipato alle gare d’appalto per la gestione e nel frattempo la struttura cade a pezzi.
Il capo gabinetto del governatore sardo Cappellacci è Ada Lai, che siede al tavolo dove si decidono le sorti dell’area. Un tavolo da cui si sono sfilati un po’ tutti: lo Stato, il privato, la Protezione Civile, ognuno adducendo motivi e inventando alibi. La Protezione Civile si appella alla legge 100, che ha ridimensionato le sue competenze, il governo e il ministero dell'Ambiente se ne lavano le mani declassando il sito della Maddalena da Sito di interesse nazionale a Sito di interesse regionale, quindi non più di sua competenza. Mita Resort apre un contenzioso milionario contro la Protezione Civile e da allora alle conferenze dei servizi non si vede più.
Il sindaco del comune sardo, Comiti dice “La situazione è paradossale; da quando la nostra isola è sito di interesse regionale tutto è immobile e coloro che sono responsabili di aver inquinato non fanno assolutamente nulla, mentre tutto è ricaduto sul Comune. Qui c'è un responsabile, lo Stato, che non muove un dito".
Il Governo (segnatamente Ministero dell’Ambiente) e la Protezione Civile si passano la palla chiamandosi fuori da ogni impegno e responsabilità.
Come se non bastasse, in virtù di una legge regionale, la numero 9 del 2006, la Regione può delegare il tutto al Comune. E quindi Comiti si ritrova all'improvviso con una bella gatta da pelare e ben pochi alleati dalla sua. Il fuggi-fuggi e il declassamento non sembrano inquietare la Regione, sulle cui casse rischiano di gravare i danni chiesti dalla Mita Resort. Come spesso accade, gli intoccabili si sono salvati senza doversi assumere le conseguenze del mancato rilancio dell'area e dell'economia dell'isola, ma soprattutto senza pagare i danni, che crescono di giorno in giorno. E gli invisibili, i 12mila abitanti di Maddalena e il loro sindaco, sono lasciati da soli, abbandonati. E con loro i 114mila metri quadrati di edifici e aree a terra e 110mila di mare nell'ex Arsenale, in balia del vento e del sale.
E c’è quell’albergo megagalattico che sta cadendo a pezzi e di cui sembra non interessare a nessuno, anche se era sorto con il miraggio di posti di lavoro e di rilancio dell’economia della zona.
Siccome al peggio non c’è mai fine, un’altra chicca della questione riguarda il cablaggio delle linee di connessione: La Maddalena, con 13 km di fibre ottiche avrebbe dovuto diventare l’isola più connessa del mondo. Servivano 8 milioni che erano già stati destinati, ma con lo spostamento del G8 a L’Aquila tutto si è fermato quando mancano solo 100 metri per completare l’opera, 100 metri che sembrano mille km.
E non finisce qui. Nel 2010 infatti parte un’inchiesta condotta dal Pubblico Ministero Riccardo Rossi della Procura di Tempio Pausania sulle bonifiche a mare. Coadiuvato dai NOE dei carabinieri indaga su un tratto di 60 mila metri quadrati e la sorpresa non è tanto che la bonifica non sia mai partita, quanto che ai vecchi inquinanti se ne sono aggiunti di nuovi. Il motivo è abbastanza ovvio. Nel 2009 i soldi per la bonifica sono pochi, circa 7 milioni, e il tempo ancora meno. Dunque si prendono delle ruspe e si ara il fondale per 50 cm. In questo modo i veleni che per 50 anni la Marina Militare Italiana aveva rilasciato in mare vengono smossi e finiscono in acqua, in balia di onde e correnti, invadendo un’area doppia rispetto a quella iniziale fino ad uscire dai confini del parco naturale. Ecco perché il mare attorno alla Maddalena è oggi invaso da mercurio e idrocarburi pesanti. E la bonifica costa, anzi costerebbe il doppio. Il condizionale è d’obbligo perché non ci sono fondi per finanziarla.
Quali le conseguenze? Nessuno lo può dire. Nessuno può sapere quanto l’ecosistema di uno dei più bei parchi naturali del Mediterraneo sia compromesso. Seguono la situazione i responsabili del Parco e l’ARPAS.
Nel frattempo per questi reati vengono messe sotto indagine 17 persone, ma nessuno sa, tanto per cambiare, quanto tempo servirà per accertarne le responsabilità. E a proposito di celerità e di efficienza fa specie leggere che proprio il tribunale di Tempio Pausania è andato a fuoco di notte a causa di un tostapane e i giudici per le indagini preliminari sono costretti a tenere le udienze in una ex scuola elementare. Di questo dovrebbe preoccuparsi lo Stato e non delle presunte vendette politiche dei magistrati contro l’ex premier Berlusconi.
Tra i 17 inquisiti ci sono nomi noti, che ho già citato, come Bertolaso e Balducci, di cui parleremo dopo, ma anche altri che nella vicenda possono aver avuto un ruolo importante; Marco Rinaldi e Matteo Canu, responsabili dell'impresa appaltatrice delle bonifiche in mare, la "Cidonio" di Roma; il direttore dei lavori Luigi Minenza; l'ingegnere e direttore operativo Riccardo Micciché; il responsabile unico del procedimento Ferdinando Fonti; il provveditore per le opere pubbliche e magistrato delle Acque del Veneto Patrizio Cuccioletta; i "collaudatori" Andrea Giuseppe Ferro e Valeria Olivieri e il segretario della loro commissione, Luciano Saltari; l'ex provveditore ai lavori pubblici per la Toscana Fabio De Santis, l'ingegnere sismico Gian Michele Calvi, il responsabile nazionale dell'Ispra (ministero dell'Ambiente) Damiano Scarcella e il dirigente del ministero dell'Ambiente Gianfranco Mascazzini. Un elenco in cui si rintraccia il filo rosso dei nomi di quella struttura di malaffare battezzata la "Cricca della Ferratella". La Ferratella è il luogo dove ha sede il Dipartimento per lo Sviluppo e la competitività, dove Balducci e soci, decidevano a chi assegnare gli appalti, ricevendo in cambio denaro, proprietà immobiliari e terreni.
Intanto i turisti a La Maddalena ci vanno sempre meno e l’economia dell’Isola è in pericolo.
Stato, privati, protezione civile: nessuno sente, vede e parla. Per questo il sindaco Angelo Comiti si aggira per l’ex Arsenale ripetendo come in una litania “Tre scimmiette sul comò”. Che, tradotto in un italiano facilmente comprensibile a tutti, significa che, per lo Stato, i 12 mila abitanti di La Maddalena non contano proprio un cazzo.
L'ingegner Donato Rossi è un milanese vispo. Procuratore speciale della Mita Resort di Emma Marcegaglia, mostra idee chiare quando si tratta di discutere del "problema": le manutenzioni che la società non ha mai fatto in alcune aree dell'ex Arsenale. Perché un privato si mette nelle condizioni di lasciare che il patrimonio su cui è seduto perda valore ogni giorno? "Noi non interveniamo perché siamo in causa", spiega il manager. "Siamo convinti che la struttura non sia stata eseguita a regola d'arte. L'oggetto è fatto con vizi e difetti. Ma se ci metto le mani divento corresponsabile, questa è la filosofia. Chiaro, no? Noi abbiamo le nostre convinzioni e sono convinzioni forti. Poi spetterà al collegio arbitrale il verdetto finale". Dal gennaio del 2011 Mita ha aperto un contenzioso con la Protezione Civile, che però si è chiamata fuori dalla questione. Mentre lo Stato (Regione, Comune, ministero dell'Ambiente e Protezione Civile) non raggiunge un accordo su chi sia il responsabile della catastrofe, Mita chiede il conto. Decine di milioni di euro: un 20 per cento per la mancata consegna definitiva delle aree, dei verbali di collaudo, un 30 per i presunti vizi e difetti di realizzazione a cui vanno a sommarsi i soldi, tanti, per danno d'immagine. Un bel gruzzolo, considerando che la società pretende i danni come se la stagione turistica funzionasse alla grande. Come se non bastasse, ogni giorno che passa senza che la Protezione Civile e la Regione trovino un accordo fa aumentare i costi. A Mita oramai poco importa. Qualcuno pagherà, e Rossi non ha dubbi in merito.
"Poi, per carità, ognuno fa la sua parte. Ma ci sarà pure un danno se abbiamo potuto tenere aperto solo pochi mesi in 4 anni.”
Eppure Mita la sua parte l'ha fatta a modo suo. Nemmeno l'ombra dei 31 milioni una tantum che avrebbe dovuto versare in tre rate alla Protezione Civile entro 13 mesi dalla data di aggiudicazione. Stesso discorso per l'irrisorio canone annuo, 60mila euro, una sorta di affitto, che le casse della Regione non hanno mai visto.
E mentre il collegio arbitrale è in attesa della nomina del Capo tecnico d'ufficio per valutare la richiesta danni, l'area che dopo la dipartita dei militari americani nel 2008 avrebbe dovuto rilanciare l'economia della Maddalena è abbandonata a se stessa. L'incuria regna sovrana, la "Casa sull'acqua", progettata dall'architetto Stefano Boeri e costata 52 milioni, è la triste metafora della catastrofe impadronitasi dell'Isola. Il pavimento e le scale in marmo bianco, su cui avrebbero dovuto camminare i potenti del G8, sono ricoperti da una fitta coltre di polvere mentre dai vetri luridi si intravede un desolante spettacolo. Della struttura reticolare che come un nido avvolgeva l'edificio sono rimasti brandelli. Complice il maestrale, il sale, e la mancata manutenzione, non si contano più le lamelle in vetro perse in mare o schiantate a terra, dove riposano tra le erbacce. "Questo cade a pezzi", ammette Rossi guardando i cavi arrugginiti, "e su questo c'è un contenzioso". Perché, ci tiene a precisare, i lavori sono stati eseguiti per arrivare alla fine velocemente. E i difetti di forma, come li definisce con piglio tecnico, non hanno tardato a comparire. La struttura è stata consegnata a giugno 2009 e poco meno di un anno dopo, secondo Mita, era già pericolosa per il pubblico. Tanto che durante il Louis Vuitton Trophy, tenutosi nel 2010, l'area di ingresso della Casa sull'acqua è stata transennata perché cadevano le prime lamelle. "Mi provi a spiegare dove sta il problema della manutenzione, se lei compra una casa e nove mesi dopo le cadono le piastrelline in testa".
"Ricapitolando i tre grossi temi sono: a) questo perimetro", dice Rossi indicando il reticolato dilaniato della Main Conference "b) il discorso dei pali d'acciaio arrugginiti, c) il discorso del tetto” (si riferisce alla struttura che avrebbe dovuto ospitare un centro congressi/commerciale e il porto turistico ndr).
"L'albergo è perfetto basta passare lo scopettone e si riparte. Ci abbiamo speso 9 milioni di euro di arredi, saremmo dei folli se li lasciassimo andare in rovina. Li abbiamo anche pagati. E non poco, il lampadario della hall è costato 115 mila euro". Tutto pronto e immobile. La Spa, con sauna, bagno turco, sala fitness e sala massaggi, assomiglia a un vecchio maniero abbandonato, dove tutto è stato coperto da teli bianchi. Mentre la piscina sul tetto è ormai dimora di piante rinsecchite e insetti. Un cinque stelle lusso chiuso da due anni, e destinato a restare tale fino a quando non si troverà un accordo su le bonifiche da fare - "Madre di tutte le battaglie" - secondo il procuratore. Bonifica per cui mancano un progetto, un accordo tra le parti e soprattutto i fondi. Fondi, che la Regione non ha, il Comune nemmeno e che in ragione della legge vigente la Protezione Civile nega di dover versare. Bisognerà aspettare sperando che lo Stato torni a occuparsi di questa Grande Opera dimenticata da 4 anni.
Le indagini sulla “cricca” dei Grandi Eventi comincia con una Scuola per marescialli non ancora inaugurata del valore di 450 milioni e un lussuoso e costosissimo orologio come regalo di natale.
Stiamo parlando del Dipartimento per lo Sviluppo e la competitività del turismo della Presidenza del Consiglio dei ministri. Nelle intercettazioni eseguite dagli inquirenti, gli stessi protagonisti del malaffare definiscono il sistema messo in piedi come “gelatinoso”, nel senso che si tratta di una melma ai limiti della corruzione. Le parole usate per la struttura della Ferratella dalle molto istruttive conversazioni telefoniche intercettate sono queste: "Cricca di banditi", "Banda di banditi", "Task force unita e compatta", "squadra collaudatissima", "combriccola", e i suoi componenti "bulldozer", "veri banditi", "gente che ruba tutto il rubabile" … giusto per essere chiari.
E su quel sistema gelatinoso mettono gli occhi gli investigatori aprendo l’inchiesta sulla “cricca dei Grandi Eventi” che ha gestito in modo mafioso l’assegnazione dei più ricchi appalti di Stato: mondiali di nuoto a Roma, 150 anni dell’Unità d’Italia, e naturalmente la ristrutturazione dell’ex-Arsenale a La Maddalena in previsione del G8 poi spostato a L’Aquila, tanto per citarne qualcuno. In mezzo ai guai è finito anche un ministro, Claudio Scajola oltre al capo della protezione civile.
L’inchiesta inizia in Toscana, nella zona di Castello a Firenze.
Nel 2001 l’azienda BTP, Baldassini Tognozzi e Pontello, di Riccardo Fusi, vince un appalto per la costruzione della Scuola per marescialli e brigadieri. Si tratta di 190 milioni, che raddoppieranno in pochi anni. Ma cinque anni dopo il Ministero delle Infrastrutture verifica che il progetto non va bene, non garantisce sicurezza di fronte ad eventuali eventi sismici. Fusi ricorre, ottiene un indennizzo dallo Stato, ma il cantiere passa alla Astaldi SpA. Siamo nel 2008 e appare sulla scena Francesco Maria Piscitelli, proprio quello che un anno dopo riderà con suo cognato sulle morti a L’Aquila pregustando affari d’oro nella ricostruzione. Costui prende Fusi e lo porta alla Ferratella dove gli vengono presentati il capo in testa, Angelo Balducci, e i suoi fedeli funzionari Fabio De Santis e Mauro della Giovampaola. Fusi capisce subito tutto: sono quelli lì che decidono tutto, altro che appalti e ministeri. E comincia ad oliare le ruote. In occasione del Natale 2008 i carabinieri lo fotografano mentre assieme a Piscitelli consegna un costoso orologio a De Santis che nel frattempo era diventato Provveditore alle opere pubbliche della Toscana. E l’appalto da quasi mezzo miliardo piano piano si sposta da Astaldi di nuovo verso la BTP. Un colpo perfetto, ma ecco arrivare il più classico colpo di scena.
Adesso, come nei romanzi gialli che si rispettano, lasciamo per un momento da parte il colpo di scena e ci occupiamo del funzionamento di questo sistema di corruzione, cercando di capire nei dettagli come funziona e a quali guasti ha portato.
Il centro di smistamento è dunque il Dipartimento per lo Sviluppo e la competitività del turismo che si trova a Roma nella zona Turatella (da cui il nome della cricca). Qui si decidono gli appalti per le Gradi Opere e i Grandi Eventi del nostro paese, siano essi sportivi come i campionati mondiali di nuoto del 2009 o storici come i festeggiamenti per i 150 anni dell’Unità d’Italia o internazionali come appunto la riunione del G8 di cui stiamo parlando. Quando si parla di centro di potere non è una esagerazione, perché enormi sono le competenze concesse a Balducci, De Santis e Della Giovampaola e altrettanto enorme le somme di denaro che vengono loro messe a disposizione, prelevate ovviamente dalla collettività. Questi pubblici ufficiali praticamente lavorano per alcuni imprenditori, in primis Diego Anemone, giovane immobiliarista romano, ammanicato in mille rivoli in affari che chiamare poco puliti è un semplice eufemismo.
Anemone è come la tasca di Eta Beta, lo strano personaggio disneyano dei mitici Topolino, in grado di estrarre dalla sua tasca centinaia di oggetti, anche i più strani e ingombranti. Come Eta Beta, Anemone è in grado di soddisfare qualsiasi richiesta in tempi strettissimi. E non si tratta solo di qualche decina di migliaia di euro da recuperare in un’ora o due, ma di terreni, immobili, auto di lusso, ristrutturazioni di immobili, prostitute d’alto bordo, di cui usufruire in strutture, per così dire, di relax, o direttamente a domicilio.
Nella relazione degli inquirenti si legge a proposito del sottosegretario Guido Bertolaso:
“È alquanto inquietante che sussistano rapporti di collusione (che definire sospetti è mero eufemismo retorico) tra l'introdottissimo Diego Anemone e il potente sottosegretario e capo della Protezione civile Guido Bertolaso (coinvolto nella gestione economica degli appalti aggiudicati con la normativa cosiddetta dei "grandi eventi") che, come risulta inequivocabilmente dalle intercettazioni telefoniche, frequenta spesso e volentieri Anemone e le sue strutture, per così dire, di "relax""
Gli inquirenti, si sa, sono molto precisi, segnano tutto e annotano ogni prebenda che finisce nelle grinfie della cricca. É abbastanza avvilente per chiunque si spacchi la schiena per portare a sera un piatto di minestra in tavola leggere questi elenchi, ma tant’è.
A Balducci sono destinati: due cellulari, personale di servizio nella proprietà di Montepulciano, autovettura BMW serie 5; una Fiat 500 per sua moglie; fornitura di mobilio per la proprietà di Montepulciano; esecuzione di lavori di manutenzione e riparazione nelle proprietà di Roma e Montepulciano; assunzione del figlio Filippo, al quale va anche una BMW del valore di 71 mila euro, la ristrutturazione dell’appartamento a Roma, con fornitura di arredi vari. E poi viaggi su aerei privati, soggiorni in Sardegna e altre quisquiglie ancora.
Agli altri non va meno bene, anche se è Balducci quello da oliare meglio di tutti. Tra le altre cose emergono per i suoi due compari regali dello stesso tipo con l’aggiunta, per De Santis, di prestazioni sessuali a pagamento a Venezia e Roma, regolate ovviamente dal giovane Anemone.
E Guido Bertolaso?
Arriviamo dunque a Guido Bertolaso, difeso a spada tratta dal centrodestra anche di fronte all’evidenza. Leggiamo ancora il dispositivo del giudice per le indagini preliminari:
"Sono emerse dalle intercettazioni telefoniche conversazioni nelle quali il Bertolaso viene menzionato o è uno degli interlocutori (...) È emerso che lo stesso Bertolaso intrattiene rapporti diretti con l'imprenditore Diego Anemone con il quale si incontra spesso di persona e in previsione dei quali Anemone si attiva di persona alla ricerca di denaro contante, tanto che gli investigatori ritengono abbia una certa fondatezza supporre che detti incontri siano stati finalizzati alla consegna di somme di denaro a Bertolaso.
In realtà non c’è alcuna traccia del passaggio di denaro tra i due: è un’ipotesi soltanto. Quello che invece è certo è che Bertolaso gode dei favori sessuali messi a disposizione da Anemone. Lo si ricava da intercettazioni telefoniche che non lasciano, al riguardo, proprio nessun dubbio.
I legami malavitosi sono diversi, si intrecciano vicende di aziende in cui compaiono anche le mogli dei due boss, Anemone e Balducci. Poi arriva il terremoto abruzzese. Come accennato, se per tutti noi è solo una tragedia di fronte alla quale non si può che avere pietà e tristezza, per gli imprenditori è un enorme colpo di fortuna. La ricostruzione infatti garantirà contratti e cantieri per un sacco di tempo e un sacco di denaro. Se si può mettere le mani su quegli appalti è tutto grasso che cola.
Pochi giorni dopo il sisma, Balducci chiama Anemone e gli dice: “Ti rendi conto? Chi oggi al posto mio si sarebbe mosso?" riferendosi al fatto di aver favorito le aziende di Anemone per la ricostruzione. E chiede di più, per il figlio Filippo, che troverà puntualmente una sistemazione adeguata.
Si arriva così a conoscere una delle cose che hanno schifato di più gli italiani. Francesco Maria Piscitelli, direttore tecnico dell’impresa Opere Pubbliche di Roma telefona al cognato Gagliardi. Dalle parole dei due si capisce che si aspettano le decisioni di Balducci sugli appalti. Ecco la conversazione intercettata:
“Alla Ferratella occupati di sta roba del terremoto perché qui bisogna partire in quarta subito, non è che c'è un terremoto al giorno".
"Lo so", e ride.
"Per carità, poveracci".
"Va buò".
"Io stamattina ridevo alle tre e mezzo dentro al letto".
Ma si affaccia presto un pericolo per la cricca e non è rappresentato dalle inchieste della magistratura che una volta tanto si muove in sordina e sotto traccia, ma dalle inchieste giornalistiche. In particolare da quei rompicoglioni di Fabrizio Gatti per Annozero (all’epoca ancora sulle reti nazionali) e di Milena Gabanelli di Report, la trasmissione di RAI3, che per 19 anni svela agli italiani tutte le porcherie che avvengono a loro insaputa. Sono programmi che vengono seguiti molto e vanno comunque contenuti. Si assolda una talpa, amico di Gatti, per capire cosa sanno, ma poi esce un numero di Repubblica che manda tutto per aria. É il 28 gennaio 2010 e Paolo Berizzi e Fabio Tonacci firmano un’inchiesta sul quotidiano che racconta intrecci, pagamenti, corrotti e corruttori.
I malfattori si agitano e infittiscono i contatti, rendendo in tal modo un servizio alle forze dell’ordine. Viene contattato Camillo Toro, figlio del procuratore aggiunto di Roma Achille Toro, responsabile del pool che si occupa dei reati contro la pubblica amministrazione. Il contatto avviene e l’informazione arriva. Il tramite, l’avvocato Edgardo Azzopardi il 30 gennaio avverte la cricca: "Ci sono grossi problemi giudiziari in arrivo".
E i guai, puntualissimi arrivano di là a poco. Ecco il colpo di scena di cui parlavo prima.
I militari indagano, fotografano, ascoltano, scavano e il bubbone purulento della cricca esplode.
Nel febbraio del 2010 i primi arresti. I tre della Ferratella finiscono al fresco. Bertolaso è indagato per concorso in corruzione. Finisce dentro anche Diego Anemone. Nei giorni seguenti i giornali nazionali riportano in prima pagina la vicenda e i titoli a nove colonne si sprecano. Troppo fresco ancora il dolore per le centinaia di morti abruzzesi per tollerare che su di essi si potesse in qualche modo speculare.
E si viene finalmente a sapere quali sono gli appalti truccati: lo stadio centrale del tennis del Foro Italico, il nuovo Museo dello sport italiano a Tor Vergata, il completamento dell'aeroporto internazionale dell'Umbria, il palazzo delle conferenze e la residenza dell'Arsenale alla Maddalena, tanto per cominciare.
Il ministro allo Sviluppo Scajola abita una casa pagata da Anemone oltre un milione di euro. “Io non ne sapevo nulla” dice in una intervista famosa. Finisce sotto processo. I suoi avvocati puntano alla prescrizione, tecnica ormai abituale per i politici inquisiti. La tattica viene puntualmente premiata nel 2014 dopo che il pubblico ministero ha chiesto una pena di tre anni di carcere. Scajola, comunque, esce dalla scena politica italiana e avrà altre visite della giustizia in relazione all’uccisione di Marco Biagi (2002) e per aver favorito la latitanza dell’ex parlamentare Amedeo Matacena, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa. Insomma un bel personaggino, che è stato per ben 4 legislature un deputato e quindi “onorevole” e per 8 anni ministro nei governi di Silvio Berlusconi.
Intanto l’inchiesta sulla cricca viene trasferita a Perugia perché tra gli indagati c’è l’ex procuratore aggiunto di Roma Achille Toro, accusato di aver divulgato informazioni riservate quand’era a Roma anche attraverso il figlio Camillo. Entrambi hanno patteggiato nel 2011 sei mesi con sospensione della pena.
Passa un anno e alla fine di novembre 2012 l’indagine cambia ancora sede e finisce a Roma, nelle mani dei magistrati Ilaria Calò e Roberto Felici. Intanto arrivano le prime condanne con rito immediato. 3 anni e 8 mesi a Balducci e De Santis per corruzione aggravata, 2 anni e 8 mesi per Piscitelli, 2 anni per Fusi. Gli altri aspettano gli esiti dell’indagine.
In una combriccola così eterogenea, capita che qualcuno cerchi di salvare il salvabile e cominci a parlare. Lo fa Piscitelli. E saltano fuori altri nomi. Suo cognato Pierfrancesco Gagliardi, l’imbecille col quale rideva al telefono a proposito della ricostruzione de L’Aquila; Denis Verdini, all’epoca coordinatore nazionale del PDL (per il quale si sono mossi i parlamentari bloccando l’uso delle intercettazioni telefoniche). E poi Antonello Colosimo, giudice della Corte dei Conti e altri funzionari della Ferratella.
Il 13 novembre 2012 parte un’altra costola del processo, che coinvolge l’ex generale della Finanza, con ruolo nei servizi segreti, Francesco Pittorru, al quale Anemone ha comprato due immobili a Roma. Ci sono altre questioni emerse durante le inchieste e tutte fanno capo ad Anemone e Balducci. Il 7 giugno 2013 Anemone finanzia la società Edelweiss, una casa cinematografica riconducibile a Balducci tra i cui soci, come detto, anche le mogli di Anemone e Balducci. Anche per questo Anemone e Balducci finiscono sotto processo nel 2015.
Per alcuni beni di famiglia scatta una misura di prevenzione che solitamente si applica ai beni confiscati alla mafia, al fine di evitare la prescrizione. Si parla di decine di milioni di euro, certo non in sintonia con gli stipendi dei soggetti indagati.
Il processo va avanti come sempre in Italia: lentamente! Finalmente ci siamo e ai giorni nostri possiamo aspettare le sentenze che verranno emesse il 18 gennaio 2018.
Nel luglio di quest’anno i pubblici ministeri Felici e Calò chiedono dieci condanne e l’intervenuta prescrizione per Bertolaso.
Nei dettagli le richieste sono, tra le altre:
9 anni e 2 mesi per l’ex presidente alle opere pubbliche Angelo Balducci,
9 anni per l’imprenditore Diego Anemone
6 anni e mezzo per il fratello Daniele.
I due pm, nella loro requisitoria parlano ancora del “sistema gelatinoso”, sottolineando che “l’associazione di fatto tra Anemone e Balducci va oltre gli schemi di corruzione cui siamo abituati: siamo di fronte a uno dei più gravi casi di corruzione nell’Italia dal dopoguerra per il danno enorme alla pubblica amministrazione con interi settori assoggettati al gruppo. È una sorta di corruzione 2.0”, aggiungono i pm nella requisitoria, creata attraverso una rete “di rapporti illeciti con soggetti di alto profilo istituzionale”, con “ripetuti e ingenti vantaggi a pubblici funzionari perché venissero meno ai loro doveri”.
Pene minori sono state chieste per gli altri imputati, ad esempio 5 anni per il generale Francesco Pittorru.
Ci sono state in questi ultimi mesi passi avanti nel tentativo di trovare un accordo tra stato, regione, protezione civile e privati per recuperare quel tratto di mare e di costa e riportarlo ad essere bello e pulito come una volta. Come sempre non ci resta che aspettare e sperare che davvero si risolva la questione.
Appalti G8: condannati Balducci e Anemone, assolto Bertolaso
08 febbraio 2018,13:40
Quattro condanne per associazione a delinquere, tra cui Angelo Balducci e Diego Anemone, 12 tra assoluzioni e prescrizioni, compreso l'ex capo della Protezione civile, Guido Bertolaso, assolto "perché il fatto non sussiste". Queste le decisioni del Tribunale di Roma al processo sugli appalti del G8 della Maddalena nel 2009, poi trasferito a L'Aquila, e per la realizzazione di opere pubbliche in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia. Tra le condanne spiccano quelle a sei anni e sei mesi l'ex presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici, Angelo Balducci, e a sei anni per l'imprenditore Diego Anemone. Quattro anni per corruzione al generale in pensione della Finanza (ex Sisde e Aisi) Francesco Pittorru, e quattro anni e mezzo l'ex provveditore alle opere pubbliche della Toscana, Fabio De Santis. "Assolto perché il fatto con sussiste nonostante la richiesta di prescrizione: questo vale come una doppia assoluzione", ha commentato Bertolaso su Facebook.Tra le posizioni prescritte quella di Daniele Anemone, fratello di Diego. Assolti tra gli altri Maria Pia Forleo, ex funzionaria della presidenza del Consiglio, e Claudio Rinaldi, ex commissario dei mondiali di nuoto a Roma.
Perché ritirare fuori oggi questa vecchia questione? Perché nel frattempo, come vi racconterò stasera, il processo contro gli imputati è terminato e si attende il 18 gennaio prossimo per le varie sentenze. Conoscendo tutta la storia potremo così meglio apprezzare o disprezzare quello che i giudici diranno. Ma per questo c’è ancora tempo.
Il contesto
Qual è il contesto nel quale tutto ciò accade?Siamo nel 2009, l’Italia è chiamata ad ospitare la riunione del G8, quella che molti pomposamente chiamano la riunione dei grandi della terra, anche se al tavolo delle trattative mancano i rappresentanti delle multinazionali del Cibo, delle fonti energetiche, dei medicinali e di tutto il resto che conta davvero. E mancano gli stati emergenti, che sorpasseranno di gran lunga gli attuali primi 8 del mondo nei prossimi decenni. Ma tant’è, non è questo il punto.
Il summit è previsto nei giorni 8, 9, 10 luglio e la sede scelta dal governo italiano è bellissima. La Maddalena, un piccolo arcipelago meraviglioso nel NordEst della Sardegna in provincia di Olbia.

In realtà, la decisione di tenere il vertice a La Maddalena viene presa due anni prima, nel 2007, dal primo ministro Romano Prodi. I motivi di questa scelta sono chiari: rilanciare in chiave turistica l’economia dell’arcipelago nel Nord dell’isola. Infatti là c’è la base navale americana, appena dismessa e lasciata libera. Quale migliore occasione? Nel 2008 il governo Prodi cade e inizia il quarto governo Berlusconi, il quale si trova di fronte ad una decisione già presa e da rispettare. Come è nelle sue caratteristiche, parte lancia in resta: vuole fare in fretta e così coinvolge il dipartimento della Protezione Civile, che può agire in deroga alle norme. É prevista la copertura di 27 mila metri quadrati. Il budget, inizialmente previsto in 200 milioni viene incrementato di quasi il 60% passando a 327 milioni di euro.
La Protezione civile bandisce la gara, vendendo la concessione. Ma c’è un solo concorrente, la MITA Resort Srl, società di proprietà di Emma Marcegaglia (azionista di maggioranza), all’epoca presidente di Confindustria. L’importo richiesto è 40 milioni di euro, per 30 anni, più 40 rate annue da 60 mila euro. L’obiettivo è quello di trasformare l’ex arsenale in un approdo per yacht di lusso.
Poi però un terremoto devastante riduce L’Aquila e altri paesi abruzzesi in macerie. Crollano scuole ed ospedali, si contano più di 300 morti. La nazione, come sempre in questi casi, non può fare altro che piangere le perdite, lo fa con rabbia e livore, perché ci si accorge subito che quelle costruzioni sarebbero cadute anche per un forte soffio di vento figurarsi con una scossa di magnitudo 6. Ci si rende subito conto che gli appalti erano stati vinti da ditte senza scrupoli, come troppo spesso avviene in questo maledetto paese. Si gonfiano le spese e si usano materiali di scarsa qualità per un profitto maggiore. Tutti lo sanno, da sempre, ma ci si stupisce solo di fronte alle file di morti stesi in una stanza. Siamo un popolo di parolai, guidato da inutili parolai.
Questo vale per quasi tutte le strutture che lo stato appalta: le scuole, gli ospedali, le strade. Malavita organizzata, mafia e camorra su tutti, e malfattori in giacca e cravatta fanno una strage. Si scoprirà più avanti che la ricostruzione porterà denaro a questi personaggi, come Piscitelli e Gagliardi, che rideranno dei morti pensando a quanto frutterà loro la ricostruzione. Ma, come si dice, tutto questo fa crescere il PIL e così anche i morti hanno un ritorno in denaro per qualcuno. La nazione è riconoscente, specie in tempo di crisi economica. Lo so è tutto orrendo, ma è di casa dalle nostre parti.
La Maddalena

I lavori, altra cosa consueta nel nostro paese, cominciano in ritardo con costi enormi rispetto al normale, costi del tutto inutili o quasi. Guido Bertolaso, capo supremo della protezione civile, difeso dal presidente del consiglio anche quando diventa palese il suo coinvolgimento diretto nelle malefatte che sto per raccontarvi, dichiara alla nazione che l’Ex Arsenale diventerà un centro per ricchi turisti, con alberghi di superlusso e yatch club che porteranno lavoro e denaro all’intera isola.
Ci sono un sacco di lavori da fare, sono lavori da eseguire a terra, rivoltandola, edificando, cementificando, ma anche a mare: serve una darsena per le imbarcazioni e quindi bisogna scavare anche là. Purtroppo quel mare così perfetto in superficie, dai colori che ritrovi solo nelle cartoline dei paesi caraibici, è pieno di veleni là in fondo, dove le rocce affiorano dalla sabbia. Una volta qui c’era una base americana con navi e sottomarini che andavano avanti e indietro: questo passaggio continuo non può non lasciare una traccia di schifezze di vario genere.
Prima di cominciare i lavori quel pezzo di mare deve essere bonificata dalle sostanze nocive che in essa sono finite. Sono idrocarburi pesanti, mercurio e altri metalli, tutti inquinanti pericolosissimi, per la fauna marina, per l’uomo, per la catena alimentare. La sistemazione dell’area, la costruzione delle megastrutture, la realizzazione del polo di lusso entrano in un progetto privato, gestito dall’azienda MITA Resort. Ci interessa?
Ci interessa eccome perché, come detto, l’azienda è di proprietà del presidente di Confindustria in carica, Emma Marcegaglia. E i lavori, come vedremo meglio dopo, invece di togliere le sostanze inquinanti, le sparpagliano ovunque invadendo aree marine confinanti e provocando un vero e proprio disastro ecologico.
A fianco di tutto questo c’è la questione dei soldi, che sono soldi dello stato, arrivano dalle tasse, dalle accise su tutto quello che utilizziamo nella nostra vita, la benzina, l’acqua, la luce, il gas.
Parliamo di 400 milioni di euro di denaro pubblico per costruire 27 mila metri quadri di edifici, acquisire 90 mila metri quadri di terreni e 110 mila di mare. Questi ultimi consegnati al progetto Marcegaglia non hanno prodotto niente di niente, se non l’inquinamento di cui ho appena detto.
Tra le opere realizzate un mega albergo a moltissime stelle con arredi di gran classe. Sorge al posto dell’ex Arsenale. Poi, nel progetto, quell’orrendo stradone che gli corre davanti diventerà una bellissima e romantica passeggiata a mare. Insomma uno di quei posti da sogno che noi vediamo solo sulle riviste, ammesso che le leggiamo.
E, finito il G8, che dura pochi giorni, ecco che, questa è l’idea dei promotori, arrivano i signori dai portafogli gonfi per soggiornare durante l’estate. Le loro barche saranno ormeggiate proprio là davanti, pagando una fortuna per rimanere in baia a La Maddalena.
Sentiremo poi la versione della Mita Resorts, ma quello che è certo è che la Regione Sardegna si trova così costretta a pagare l’IMU su avveniristiche strutture architettoniche che nessuno ha mai usato e, visto lo stato delle stesse, nessuno abiterà. La tassa sulla casa per noi è una seccatura, ma per i sardi è un peso sul groppone: si tratta di mezzo milione di euro l’anno.
Ma, dice uno; “Qualcuno le avrà pure abitate quelle strutture!”. La risposta è no. Ad entrarci sono stati solo il maestrale e la ruggine. Nessuna manutenzione è mai stata avviata. Il mare richiede bonifiche urgenti, ma non se ne parla nemmeno: non ci sono soldi per farle e anche là dove ci sono non possono essere spesi. Infatti il tiritera sulle competenze vede la necessità di un accordo tra le varie amministrazioni dello Stato (Presidenza del consiglio, Ministero, Regione, Comune), accordo che non arriva. Ed è chiaro a tutti che lasciando le cose come stanno la situazione certo non migliorerà, anzi …
Così i 400 milioni necessari a recuperare quello che si lascia andare in malora diventeranno presto 500 o 600. C’è poi un contenzioso tra le amministrazioni e la MITA Resorts. In effetti quei lavori, come le molte grandi opere nazionali, sono state finanziate in Project Financing, vale a dire con soldi dei privati, ai quali viene concesso poi l’utilizzo della struttura per un certo periodo di tempo. In questo caso si tratta di 40 anni. Parlerò più avanti di questo contenzioso, per ora basta sapere che c’è.
Ma la società della Marcegaglia ha i suoi scheletri nell’armadio. In effetti l’appalto per quella Grande Opera è assegnato con un bando tagliato su misura per la MITA, risultata così facile vincitrice.
I soldi da versare, come anticipato sono 31 milioni alla Protezione Civile in tre rate e 60 mila euro l’anno per 40 anni alla Regione, ma questi soldi nessuno li ha mai visti.
E ci sono altri conti in sospeso, conti in denaro intendo. Stefano Boeri è un architetto, quello che ha progettato la “Casa sull’acqua” dell’ex Arsenale. A commissionargli il lavoro era stato Diego Anemone, immobiliarista, costruttore e corruttore, di cui parleremo tra poco. Costui ha dichiarato fallimento e così l’architetto è rimasto con un palmo di naso. Tuttavia il Boeri conosce bene quello che ha progettato e sostiene che “siamo di fronte ad un’altra Ilva”. Il sindaco dell’Isola (La Maddalena) mette un altro carico sul piatto quando afferma che Regione, Protezione Civile, Mita Resort “sono come le tre scimmiette sul comò”, nessuno è responsabile, nessuno sente, vede o parla, ognuno scarica le colpe sull’altro e a pagare è la popolazione. Un copione già visto in mille situazioni in questo nostro paese che parla di democrazia senza sapere di cosa si tratti.
Mi sembra inutile girarci tanto intorno. Quando il 23 aprile Silvio Berlusconi annuncia il trasferimento del G8 a L’Aquila, il capo della Protezione Civile Bertolaso si rivolge ai sardi estremamente perplessi e incazzati con una serie infinita di assicurazioni, che sono soltanto bugie grossolane, secondo la tradizione del suo padrone, il capo dell’esecutivo.
La garanzia per l’isola è, in soldoni, il fatto di averle lasciato in eredità una Grande Opera, che avrebbe garantito lavoro e profitti riprendendo i fasti di quando quell’area era abitata dagli americani della Base navale. Affermazioni che nascondono il cinismo di un inganno.
E così si ripete la solita storia, racchiusa nelle vicende Balducci - Protezione Civile. Angelo Balducci è uno degli alti dirigenti del Ministero dei Lavori Pubblici (responsabile della ricostruzione del Petruzzelli di Bari, dei lavori per i mondiali di nuoto a Roma anche là con un sacco di problemi e di dubbi e di molte altre attività di primissimo piano). Come è consuetudine in un paese estremamente corrotto come il nostro, gli appalti favoriscono amici, parenti e conoscenti e hanno un ritorno. Quando si avviano le indagini tutto questo viene a galla e Balducci si dimette nel 2010, viene arrestato e poi consegnato agli arresti domiciliari. Ne parleremo tra poco in dettaglio.
In tutte queste situazioni c’è un solo perdente: lo Stato. Poiché le opere, giuste o sbagliate che siano, vengono a costare sempre un 30 – 50 % in più, come una specie di “tassa di corruzione”. É perfettamente inutile che i media e gli stessi cittadini si stupiscano ogni volta che uno scandalo viene svelato. Lo scandalo è la regola, la sua scoperta l’eccezione. Poi c’è la questione della bonifica, di cui parleremo adesso.
Cronistoria delle beffe
Ecco la storia per date di quanto avvenuto a La Maddalena. Mi sforzo di astenermi dai commenti che sarebbero molto pesanti.9 agosto 2006: La Marina degli Stati Uniti annuncia che abbandonerà la base dell'arcipelago della Maddalena entro il primo semestre del 2008.
14 giugno 2007: Il presidente del consiglio Romano Prodi e il ministro degli Esteri, Massimo D'Alema annunciano con "grande soddisfazione" che il prossimo vertice "degli Otto grandi" si terrà in Sardegna alla Maddalena. A novembre viene nominato commissario per il G8 Guido Bertolaso, che deve cominciare i lavori di adattamento della sede per la manifestazione.
27 giugno 2008: Mancano duecento milioni all'appello, i lavori non partono, la commissione europea apre una procedura d'infrazione sui pericoli per l'ambiente. Alla Ue replicano il commissario del G8 Guido Bertolaso e Renato Soru, presidente della Sardegna con affermazioni estremamente ottimiste. “Stiamo preparando un vertice memorabile per eco compatibilità”.
17 agosto 2008: Giorgio Napolitano, presidente della Repubblica, visita i cantieri per il G8 del 2009 alla Maddalena. Con lui, il sottosegretario Bertolaso e il presidente della Regione Sardegna, Renato Soru. «I lavori procedono con grande celerità – dice Napolitano - non mi risultano notizie di un cambiamento di sede».
2 aprile 2009: Il capo della Protezione Civile Guido Bertolaso assicura che tutto fila liscio. «Le delegazioni straniere - scrive - hanno potuto verificare il lavoro di bonifica ambientale, la logistica, gli sviluppi positivi che il progetto ha pensato per il turismo della Sardegna».
23 aprile 2009: Il G8 si terrà all'Aquila. Il consiglio dei ministri decide di spostare la sede della riunione. "La decisione politica è stata presa” - dice il ministro Matteoli – “ora il presidente del Consiglio deve consultare tutti i capi di Stato invitati”.
24 aprile 2009: Al governatore dell'isola Silvio Berlusconi promette che lo spostamento del G8 non determinerà l'abbandono dei lavori già avviati.
24 aprile 2009: Rivolta in Sardegna. La decisione di trasferire il G8 provoca dure reazioni. Il timore è che le grandi opere progettate alla Maddalena, senza i finanziamenti residui, non vengano completate.
25 aprile 2009: Bertolaso fornisce i suoi motivi dello spostamento.
Primo: una scelta etica per stare più vicini a chi sta male davvero.
Secondo: il costo della sicurezza, 20 milioni a L’Aquila contro i 120 nell’isola. Ma questo come mai non si sapeva prima?
28 gennaio 2010: Il flop della Maddalena dal G8 all'abbandono. Vuoti due hotel a cinque stelle, nessuno li vuole; uno è costato 742mila euro a stanza.
28 gennaio 2010: Dopo l’inchiesta di Repubblica il caso Maddalena arriva in Parlamento. L’Idv chiede l’intervento della Corte dei Conti. E Bertolaso invita la stampa a una visita guidata
2 febbraio 2010: "Ora faremo la manutenzione". "Prima dell'estate - dice Bertolaso - qui ci sarà una grande realtà industriale, che farà funzionare questa meraviglia. Stiamo lavorando al bando di assegnazione".
13 febbraio 2010: L’ex Arsenale viene assegnato alla Mita di Emma Marcegaglia, presidente Confindustria. Scattano i ricorsi degli esclusi. L’appalto è stato fatto direttamente da Guido Bertolaso. Quando scoppierà lo scandalo G8 salterà fuori un’interessante intercettazione: «La durata del contratto la decido io, perché è ovvio che voglio sfruttare questi giorni di campagna elettorale, dove Soru pensa ad altre cose», dice Bertolaso parlando al telefono con Balducci.
7 marzo 2010: 31 milioni spesi, ma inutilmente. Si scopre che l’acqua dell’Arsenale è inquinata. Lo dicono i dati dell’Istituto superiore per la protezione ambientale: in sei ettari d'acqua di fronte all' ex Arsenale i valori d'inquinamento superano i livelli certificati a inizio operazioni, quasi due anni fa. Idrocarburi, arsenico, amianto, cadmio, piombo, rame, mercurio non sono scomparsi. Il risanamento, costato fin qui 31 milioni allo Stato e alla Regione Sardegna, non è bastato a spazzarli via.
22 marzo 2010: Nuova beffa dietro il G8 mancato nell'arcipelago: la Regione Sardegna dovrà pagare 400mila euro all'anno di Ici per l'ex Arsenale militare trasformato in centro conferenze ed hotel extralusso, non la Mita Resort che se ne è aggiudicata la gestione da qui al 2050 per 60mila euro annui. Motivo: il complesso residenziale che da queste parti avrebbe dovuto rappresentare il volano di un moderno turismo è passato dall’amministrazione dello Stato a quella della Regione Sardegna.
22 dicembre 2010: Licenziati i dipendenti, la Mita pronta a ridare le chiavi alla Regione. La struttura era stata data in gestione per 40 anni al gruppo Marcegaglia. I lavori affidati da Bertolaso a suo cognato Francesco Piermarini.

23 febbraio 2012: Il sostituto procuratore di Tempio Pausania Riccardo Rossi, titolare dell'inchiesta sulle bonifiche, sostiene che si è ampliata la zona da ripulire. Prima delle operazioni di pulitura erano 7 ettari di fondali ora sono 12.
12 giugno 2012: Depositati gli atti dell'indagine che mette sotto accusa varie persone: oltre all'imprenditore edile romano Anemone e suo fratello, ci sono i figli di Balducci. I reati contestati vanno dal riciclaggio all'appropriazione indebita, alle false fatturazioni. Il tribunale del riesame ha confermato il sequestro di beni.
11 luglio 2012: Da Repubblica: È finita l'era della super Protezione Civile che, nell' epoca di Guido Bertolaso, si occupava di grandi eventi come il G8 o i funerali di Giovanni Paolo II. Il Senato ha approvato ieri in via definitiva la riforma del dipartimento, limitandone il raggio d' azione.
4 agosto 2012: Muri scrostati, ruggine e nidi d'uccello. Ecco cosa resta del sogno della Maddalena. Viaggio nella struttura che doveva ospitare il G8: bruciati 460 milioni. La società della Marcegaglia chiede 10 milioni di danni.
6 novembre 2012: "Basta prese in giro, intervenga il governo". Duemila abitanti dell'isola occupano le strutture abbandonate dopo lo spostamento del G8 a L'Aquila: "Siamo stanchi di promesse non mantenute, non ce ne andremo finché non avremo risposte".
31 gennaio 2013: “Meno burocrazia, più velocità negli investimenti e più vicinanza ai cittadini e alle esigenze locali”. Il ministro dell’Ambiente Corrado Clini presenta così il decreto che contiene la decisione di declassare, tra le altre, anche la Maddalena, che da sito di interesse nazionale diventa sito di interesse regionale.
5 marzo 2015: un incendio divampa nella casa dell’acqua, un nuvolone scuro invade il cielo di La Maddalena. Il rogo sembra sia partito da un corto circuito ma per valutare l’entità del danno (e le cause) bisognerà attendere che i vigili del fuoco completino un lavoro non semplice. Quel che resta dell’ex Arsenale è un grande tempio allo spreco di risorse pubbliche.
2016: Potremmo continuare perché fino ad oggi non è cambiato molto. C’è stata nel 2016 una perizia richiesta dalla Procura di Tempio Pausania, che ha accertato che dai 6 ettari individuati inizialmente ed oggetto di una prima bonifica si è passati a 12 ettari contaminati proprio a causa della grave imperizia che ha caratterizzato le operazioni di bonifica. Insomma, La Maddalena è uno dei più chiari esempi di come le cose da noi vengano fatte male: basta guadagnarci dei soldi. Del territorio, dell’ambiente e dei cittadini non frega niente a nessuno.
Dall’ex Arsenale è fuggita anche la Mita Resort. Passato l’entusiasmo per la grande regata della Louis Vuitton Cup, a scoraggiare gli imprenditori privati sono stati gli esiti dell’inchiesta sulle bonifiche mai fatte, che vede sotto accusa 17 persone tra cui Guido Bertolaso. La Procura di Tempio ha sequestrato l’area che avrebbe dovuto ospitare un porticciolo e in attesa delle bonifiche vere il progetto è andato a fondo. Ancora inutilizzato anche l’ex ospedale militare trasformato in hotel di lusso. Ma quel gioiello non è mai stato utilizzato: nessun imprenditore ha partecipato alle gare d’appalto per la gestione e nel frattempo la struttura cade a pezzi.
La bonifica
In mezzo a tutte le inadempienze di questa vicenda grottesca, c’è anche quella che riguarda una bonifica mai eseguita. Vediamo come sono andate le cose, tornando indietro di qualche anno.Il capo gabinetto del governatore sardo Cappellacci è Ada Lai, che siede al tavolo dove si decidono le sorti dell’area. Un tavolo da cui si sono sfilati un po’ tutti: lo Stato, il privato, la Protezione Civile, ognuno adducendo motivi e inventando alibi. La Protezione Civile si appella alla legge 100, che ha ridimensionato le sue competenze, il governo e il ministero dell'Ambiente se ne lavano le mani declassando il sito della Maddalena da Sito di interesse nazionale a Sito di interesse regionale, quindi non più di sua competenza. Mita Resort apre un contenzioso milionario contro la Protezione Civile e da allora alle conferenze dei servizi non si vede più.
Il sindaco del comune sardo, Comiti dice “La situazione è paradossale; da quando la nostra isola è sito di interesse regionale tutto è immobile e coloro che sono responsabili di aver inquinato non fanno assolutamente nulla, mentre tutto è ricaduto sul Comune. Qui c'è un responsabile, lo Stato, che non muove un dito".
Il Governo (segnatamente Ministero dell’Ambiente) e la Protezione Civile si passano la palla chiamandosi fuori da ogni impegno e responsabilità.
Come se non bastasse, in virtù di una legge regionale, la numero 9 del 2006, la Regione può delegare il tutto al Comune. E quindi Comiti si ritrova all'improvviso con una bella gatta da pelare e ben pochi alleati dalla sua. Il fuggi-fuggi e il declassamento non sembrano inquietare la Regione, sulle cui casse rischiano di gravare i danni chiesti dalla Mita Resort. Come spesso accade, gli intoccabili si sono salvati senza doversi assumere le conseguenze del mancato rilancio dell'area e dell'economia dell'isola, ma soprattutto senza pagare i danni, che crescono di giorno in giorno. E gli invisibili, i 12mila abitanti di Maddalena e il loro sindaco, sono lasciati da soli, abbandonati. E con loro i 114mila metri quadrati di edifici e aree a terra e 110mila di mare nell'ex Arsenale, in balia del vento e del sale.
E c’è quell’albergo megagalattico che sta cadendo a pezzi e di cui sembra non interessare a nessuno, anche se era sorto con il miraggio di posti di lavoro e di rilancio dell’economia della zona.

E non finisce qui. Nel 2010 infatti parte un’inchiesta condotta dal Pubblico Ministero Riccardo Rossi della Procura di Tempio Pausania sulle bonifiche a mare. Coadiuvato dai NOE dei carabinieri indaga su un tratto di 60 mila metri quadrati e la sorpresa non è tanto che la bonifica non sia mai partita, quanto che ai vecchi inquinanti se ne sono aggiunti di nuovi. Il motivo è abbastanza ovvio. Nel 2009 i soldi per la bonifica sono pochi, circa 7 milioni, e il tempo ancora meno. Dunque si prendono delle ruspe e si ara il fondale per 50 cm. In questo modo i veleni che per 50 anni la Marina Militare Italiana aveva rilasciato in mare vengono smossi e finiscono in acqua, in balia di onde e correnti, invadendo un’area doppia rispetto a quella iniziale fino ad uscire dai confini del parco naturale. Ecco perché il mare attorno alla Maddalena è oggi invaso da mercurio e idrocarburi pesanti. E la bonifica costa, anzi costerebbe il doppio. Il condizionale è d’obbligo perché non ci sono fondi per finanziarla.
Quali le conseguenze? Nessuno lo può dire. Nessuno può sapere quanto l’ecosistema di uno dei più bei parchi naturali del Mediterraneo sia compromesso. Seguono la situazione i responsabili del Parco e l’ARPAS.
Nel frattempo per questi reati vengono messe sotto indagine 17 persone, ma nessuno sa, tanto per cambiare, quanto tempo servirà per accertarne le responsabilità. E a proposito di celerità e di efficienza fa specie leggere che proprio il tribunale di Tempio Pausania è andato a fuoco di notte a causa di un tostapane e i giudici per le indagini preliminari sono costretti a tenere le udienze in una ex scuola elementare. Di questo dovrebbe preoccuparsi lo Stato e non delle presunte vendette politiche dei magistrati contro l’ex premier Berlusconi.
Tra i 17 inquisiti ci sono nomi noti, che ho già citato, come Bertolaso e Balducci, di cui parleremo dopo, ma anche altri che nella vicenda possono aver avuto un ruolo importante; Marco Rinaldi e Matteo Canu, responsabili dell'impresa appaltatrice delle bonifiche in mare, la "Cidonio" di Roma; il direttore dei lavori Luigi Minenza; l'ingegnere e direttore operativo Riccardo Micciché; il responsabile unico del procedimento Ferdinando Fonti; il provveditore per le opere pubbliche e magistrato delle Acque del Veneto Patrizio Cuccioletta; i "collaudatori" Andrea Giuseppe Ferro e Valeria Olivieri e il segretario della loro commissione, Luciano Saltari; l'ex provveditore ai lavori pubblici per la Toscana Fabio De Santis, l'ingegnere sismico Gian Michele Calvi, il responsabile nazionale dell'Ispra (ministero dell'Ambiente) Damiano Scarcella e il dirigente del ministero dell'Ambiente Gianfranco Mascazzini. Un elenco in cui si rintraccia il filo rosso dei nomi di quella struttura di malaffare battezzata la "Cricca della Ferratella". La Ferratella è il luogo dove ha sede il Dipartimento per lo Sviluppo e la competitività, dove Balducci e soci, decidevano a chi assegnare gli appalti, ricevendo in cambio denaro, proprietà immobiliari e terreni.
Intanto i turisti a La Maddalena ci vanno sempre meno e l’economia dell’Isola è in pericolo.
Stato, privati, protezione civile: nessuno sente, vede e parla. Per questo il sindaco Angelo Comiti si aggira per l’ex Arsenale ripetendo come in una litania “Tre scimmiette sul comò”. Che, tradotto in un italiano facilmente comprensibile a tutti, significa che, per lo Stato, i 12 mila abitanti di La Maddalena non contano proprio un cazzo.
Il punto di vista di MITA Resort
Come sempre è meglio sentire tutte le campane in una vicenda così intricata e allora leggiamo il documento, fornito da l’Espresso in cui i rappresentanti dell’azienda MITA dicono quello che pensano. Credo sia interessante: è del 24 settembre 2013.L'ingegner Donato Rossi è un milanese vispo. Procuratore speciale della Mita Resort di Emma Marcegaglia, mostra idee chiare quando si tratta di discutere del "problema": le manutenzioni che la società non ha mai fatto in alcune aree dell'ex Arsenale. Perché un privato si mette nelle condizioni di lasciare che il patrimonio su cui è seduto perda valore ogni giorno? "Noi non interveniamo perché siamo in causa", spiega il manager. "Siamo convinti che la struttura non sia stata eseguita a regola d'arte. L'oggetto è fatto con vizi e difetti. Ma se ci metto le mani divento corresponsabile, questa è la filosofia. Chiaro, no? Noi abbiamo le nostre convinzioni e sono convinzioni forti. Poi spetterà al collegio arbitrale il verdetto finale". Dal gennaio del 2011 Mita ha aperto un contenzioso con la Protezione Civile, che però si è chiamata fuori dalla questione. Mentre lo Stato (Regione, Comune, ministero dell'Ambiente e Protezione Civile) non raggiunge un accordo su chi sia il responsabile della catastrofe, Mita chiede il conto. Decine di milioni di euro: un 20 per cento per la mancata consegna definitiva delle aree, dei verbali di collaudo, un 30 per i presunti vizi e difetti di realizzazione a cui vanno a sommarsi i soldi, tanti, per danno d'immagine. Un bel gruzzolo, considerando che la società pretende i danni come se la stagione turistica funzionasse alla grande. Come se non bastasse, ogni giorno che passa senza che la Protezione Civile e la Regione trovino un accordo fa aumentare i costi. A Mita oramai poco importa. Qualcuno pagherà, e Rossi non ha dubbi in merito.
"Poi, per carità, ognuno fa la sua parte. Ma ci sarà pure un danno se abbiamo potuto tenere aperto solo pochi mesi in 4 anni.”
Eppure Mita la sua parte l'ha fatta a modo suo. Nemmeno l'ombra dei 31 milioni una tantum che avrebbe dovuto versare in tre rate alla Protezione Civile entro 13 mesi dalla data di aggiudicazione. Stesso discorso per l'irrisorio canone annuo, 60mila euro, una sorta di affitto, che le casse della Regione non hanno mai visto.

"Ricapitolando i tre grossi temi sono: a) questo perimetro", dice Rossi indicando il reticolato dilaniato della Main Conference "b) il discorso dei pali d'acciaio arrugginiti, c) il discorso del tetto” (si riferisce alla struttura che avrebbe dovuto ospitare un centro congressi/commerciale e il porto turistico ndr).
"L'albergo è perfetto basta passare lo scopettone e si riparte. Ci abbiamo speso 9 milioni di euro di arredi, saremmo dei folli se li lasciassimo andare in rovina. Li abbiamo anche pagati. E non poco, il lampadario della hall è costato 115 mila euro". Tutto pronto e immobile. La Spa, con sauna, bagno turco, sala fitness e sala massaggi, assomiglia a un vecchio maniero abbandonato, dove tutto è stato coperto da teli bianchi. Mentre la piscina sul tetto è ormai dimora di piante rinsecchite e insetti. Un cinque stelle lusso chiuso da due anni, e destinato a restare tale fino a quando non si troverà un accordo su le bonifiche da fare - "Madre di tutte le battaglie" - secondo il procuratore. Bonifica per cui mancano un progetto, un accordo tra le parti e soprattutto i fondi. Fondi, che la Regione non ha, il Comune nemmeno e che in ragione della legge vigente la Protezione Civile nega di dover versare. Bisognerà aspettare sperando che lo Stato torni a occuparsi di questa Grande Opera dimenticata da 4 anni.
Le inchieste e i processi
Ma la questione La Maddalena non è il solo imbroglio portato avanti da questi malfattori. Siccome credo ci siamo abbastanza incuriositi, cerchiamo di vedere come sono andate le cose fin dal principio. Chi c’era dietro, chi ci ha guadagnato, chi ha corrotto chi.Le indagini sulla “cricca” dei Grandi Eventi comincia con una Scuola per marescialli non ancora inaugurata del valore di 450 milioni e un lussuoso e costosissimo orologio come regalo di natale.

E su quel sistema gelatinoso mettono gli occhi gli investigatori aprendo l’inchiesta sulla “cricca dei Grandi Eventi” che ha gestito in modo mafioso l’assegnazione dei più ricchi appalti di Stato: mondiali di nuoto a Roma, 150 anni dell’Unità d’Italia, e naturalmente la ristrutturazione dell’ex-Arsenale a La Maddalena in previsione del G8 poi spostato a L’Aquila, tanto per citarne qualcuno. In mezzo ai guai è finito anche un ministro, Claudio Scajola oltre al capo della protezione civile.
L’inchiesta inizia in Toscana, nella zona di Castello a Firenze.
Nel 2001 l’azienda BTP, Baldassini Tognozzi e Pontello, di Riccardo Fusi, vince un appalto per la costruzione della Scuola per marescialli e brigadieri. Si tratta di 190 milioni, che raddoppieranno in pochi anni. Ma cinque anni dopo il Ministero delle Infrastrutture verifica che il progetto non va bene, non garantisce sicurezza di fronte ad eventuali eventi sismici. Fusi ricorre, ottiene un indennizzo dallo Stato, ma il cantiere passa alla Astaldi SpA. Siamo nel 2008 e appare sulla scena Francesco Maria Piscitelli, proprio quello che un anno dopo riderà con suo cognato sulle morti a L’Aquila pregustando affari d’oro nella ricostruzione. Costui prende Fusi e lo porta alla Ferratella dove gli vengono presentati il capo in testa, Angelo Balducci, e i suoi fedeli funzionari Fabio De Santis e Mauro della Giovampaola. Fusi capisce subito tutto: sono quelli lì che decidono tutto, altro che appalti e ministeri. E comincia ad oliare le ruote. In occasione del Natale 2008 i carabinieri lo fotografano mentre assieme a Piscitelli consegna un costoso orologio a De Santis che nel frattempo era diventato Provveditore alle opere pubbliche della Toscana. E l’appalto da quasi mezzo miliardo piano piano si sposta da Astaldi di nuovo verso la BTP. Un colpo perfetto, ma ecco arrivare il più classico colpo di scena.
Adesso, come nei romanzi gialli che si rispettano, lasciamo per un momento da parte il colpo di scena e ci occupiamo del funzionamento di questo sistema di corruzione, cercando di capire nei dettagli come funziona e a quali guasti ha portato.

Anemone è come la tasca di Eta Beta, lo strano personaggio disneyano dei mitici Topolino, in grado di estrarre dalla sua tasca centinaia di oggetti, anche i più strani e ingombranti. Come Eta Beta, Anemone è in grado di soddisfare qualsiasi richiesta in tempi strettissimi. E non si tratta solo di qualche decina di migliaia di euro da recuperare in un’ora o due, ma di terreni, immobili, auto di lusso, ristrutturazioni di immobili, prostitute d’alto bordo, di cui usufruire in strutture, per così dire, di relax, o direttamente a domicilio.
Nella relazione degli inquirenti si legge a proposito del sottosegretario Guido Bertolaso:
“È alquanto inquietante che sussistano rapporti di collusione (che definire sospetti è mero eufemismo retorico) tra l'introdottissimo Diego Anemone e il potente sottosegretario e capo della Protezione civile Guido Bertolaso (coinvolto nella gestione economica degli appalti aggiudicati con la normativa cosiddetta dei "grandi eventi") che, come risulta inequivocabilmente dalle intercettazioni telefoniche, frequenta spesso e volentieri Anemone e le sue strutture, per così dire, di "relax""
Gli inquirenti, si sa, sono molto precisi, segnano tutto e annotano ogni prebenda che finisce nelle grinfie della cricca. É abbastanza avvilente per chiunque si spacchi la schiena per portare a sera un piatto di minestra in tavola leggere questi elenchi, ma tant’è.
A Balducci sono destinati: due cellulari, personale di servizio nella proprietà di Montepulciano, autovettura BMW serie 5; una Fiat 500 per sua moglie; fornitura di mobilio per la proprietà di Montepulciano; esecuzione di lavori di manutenzione e riparazione nelle proprietà di Roma e Montepulciano; assunzione del figlio Filippo, al quale va anche una BMW del valore di 71 mila euro, la ristrutturazione dell’appartamento a Roma, con fornitura di arredi vari. E poi viaggi su aerei privati, soggiorni in Sardegna e altre quisquiglie ancora.
Agli altri non va meno bene, anche se è Balducci quello da oliare meglio di tutti. Tra le altre cose emergono per i suoi due compari regali dello stesso tipo con l’aggiunta, per De Santis, di prestazioni sessuali a pagamento a Venezia e Roma, regolate ovviamente dal giovane Anemone.
E Guido Bertolaso?

"Sono emerse dalle intercettazioni telefoniche conversazioni nelle quali il Bertolaso viene menzionato o è uno degli interlocutori (...) È emerso che lo stesso Bertolaso intrattiene rapporti diretti con l'imprenditore Diego Anemone con il quale si incontra spesso di persona e in previsione dei quali Anemone si attiva di persona alla ricerca di denaro contante, tanto che gli investigatori ritengono abbia una certa fondatezza supporre che detti incontri siano stati finalizzati alla consegna di somme di denaro a Bertolaso.
In realtà non c’è alcuna traccia del passaggio di denaro tra i due: è un’ipotesi soltanto. Quello che invece è certo è che Bertolaso gode dei favori sessuali messi a disposizione da Anemone. Lo si ricava da intercettazioni telefoniche che non lasciano, al riguardo, proprio nessun dubbio.
I legami malavitosi sono diversi, si intrecciano vicende di aziende in cui compaiono anche le mogli dei due boss, Anemone e Balducci. Poi arriva il terremoto abruzzese. Come accennato, se per tutti noi è solo una tragedia di fronte alla quale non si può che avere pietà e tristezza, per gli imprenditori è un enorme colpo di fortuna. La ricostruzione infatti garantirà contratti e cantieri per un sacco di tempo e un sacco di denaro. Se si può mettere le mani su quegli appalti è tutto grasso che cola.
Pochi giorni dopo il sisma, Balducci chiama Anemone e gli dice: “Ti rendi conto? Chi oggi al posto mio si sarebbe mosso?" riferendosi al fatto di aver favorito le aziende di Anemone per la ricostruzione. E chiede di più, per il figlio Filippo, che troverà puntualmente una sistemazione adeguata.
Si arriva così a conoscere una delle cose che hanno schifato di più gli italiani. Francesco Maria Piscitelli, direttore tecnico dell’impresa Opere Pubbliche di Roma telefona al cognato Gagliardi. Dalle parole dei due si capisce che si aspettano le decisioni di Balducci sugli appalti. Ecco la conversazione intercettata:
“Alla Ferratella occupati di sta roba del terremoto perché qui bisogna partire in quarta subito, non è che c'è un terremoto al giorno".
"Lo so", e ride.
"Per carità, poveracci".
"Va buò".
"Io stamattina ridevo alle tre e mezzo dentro al letto".
Ma si affaccia presto un pericolo per la cricca e non è rappresentato dalle inchieste della magistratura che una volta tanto si muove in sordina e sotto traccia, ma dalle inchieste giornalistiche. In particolare da quei rompicoglioni di Fabrizio Gatti per Annozero (all’epoca ancora sulle reti nazionali) e di Milena Gabanelli di Report, la trasmissione di RAI3, che per 19 anni svela agli italiani tutte le porcherie che avvengono a loro insaputa. Sono programmi che vengono seguiti molto e vanno comunque contenuti. Si assolda una talpa, amico di Gatti, per capire cosa sanno, ma poi esce un numero di Repubblica che manda tutto per aria. É il 28 gennaio 2010 e Paolo Berizzi e Fabio Tonacci firmano un’inchiesta sul quotidiano che racconta intrecci, pagamenti, corrotti e corruttori.
I malfattori si agitano e infittiscono i contatti, rendendo in tal modo un servizio alle forze dell’ordine. Viene contattato Camillo Toro, figlio del procuratore aggiunto di Roma Achille Toro, responsabile del pool che si occupa dei reati contro la pubblica amministrazione. Il contatto avviene e l’informazione arriva. Il tramite, l’avvocato Edgardo Azzopardi il 30 gennaio avverte la cricca: "Ci sono grossi problemi giudiziari in arrivo".
E i guai, puntualissimi arrivano di là a poco. Ecco il colpo di scena di cui parlavo prima.
I militari indagano, fotografano, ascoltano, scavano e il bubbone purulento della cricca esplode.
Nel febbraio del 2010 i primi arresti. I tre della Ferratella finiscono al fresco. Bertolaso è indagato per concorso in corruzione. Finisce dentro anche Diego Anemone. Nei giorni seguenti i giornali nazionali riportano in prima pagina la vicenda e i titoli a nove colonne si sprecano. Troppo fresco ancora il dolore per le centinaia di morti abruzzesi per tollerare che su di essi si potesse in qualche modo speculare.
E si viene finalmente a sapere quali sono gli appalti truccati: lo stadio centrale del tennis del Foro Italico, il nuovo Museo dello sport italiano a Tor Vergata, il completamento dell'aeroporto internazionale dell'Umbria, il palazzo delle conferenze e la residenza dell'Arsenale alla Maddalena, tanto per cominciare.
Il ministro allo Sviluppo Scajola abita una casa pagata da Anemone oltre un milione di euro. “Io non ne sapevo nulla” dice in una intervista famosa. Finisce sotto processo. I suoi avvocati puntano alla prescrizione, tecnica ormai abituale per i politici inquisiti. La tattica viene puntualmente premiata nel 2014 dopo che il pubblico ministero ha chiesto una pena di tre anni di carcere. Scajola, comunque, esce dalla scena politica italiana e avrà altre visite della giustizia in relazione all’uccisione di Marco Biagi (2002) e per aver favorito la latitanza dell’ex parlamentare Amedeo Matacena, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa. Insomma un bel personaggino, che è stato per ben 4 legislature un deputato e quindi “onorevole” e per 8 anni ministro nei governi di Silvio Berlusconi.
Intanto l’inchiesta sulla cricca viene trasferita a Perugia perché tra gli indagati c’è l’ex procuratore aggiunto di Roma Achille Toro, accusato di aver divulgato informazioni riservate quand’era a Roma anche attraverso il figlio Camillo. Entrambi hanno patteggiato nel 2011 sei mesi con sospensione della pena.
Passa un anno e alla fine di novembre 2012 l’indagine cambia ancora sede e finisce a Roma, nelle mani dei magistrati Ilaria Calò e Roberto Felici. Intanto arrivano le prime condanne con rito immediato. 3 anni e 8 mesi a Balducci e De Santis per corruzione aggravata, 2 anni e 8 mesi per Piscitelli, 2 anni per Fusi. Gli altri aspettano gli esiti dell’indagine.
In una combriccola così eterogenea, capita che qualcuno cerchi di salvare il salvabile e cominci a parlare. Lo fa Piscitelli. E saltano fuori altri nomi. Suo cognato Pierfrancesco Gagliardi, l’imbecille col quale rideva al telefono a proposito della ricostruzione de L’Aquila; Denis Verdini, all’epoca coordinatore nazionale del PDL (per il quale si sono mossi i parlamentari bloccando l’uso delle intercettazioni telefoniche). E poi Antonello Colosimo, giudice della Corte dei Conti e altri funzionari della Ferratella.
Il 13 novembre 2012 parte un’altra costola del processo, che coinvolge l’ex generale della Finanza, con ruolo nei servizi segreti, Francesco Pittorru, al quale Anemone ha comprato due immobili a Roma. Ci sono altre questioni emerse durante le inchieste e tutte fanno capo ad Anemone e Balducci. Il 7 giugno 2013 Anemone finanzia la società Edelweiss, una casa cinematografica riconducibile a Balducci tra i cui soci, come detto, anche le mogli di Anemone e Balducci. Anche per questo Anemone e Balducci finiscono sotto processo nel 2015.
Per alcuni beni di famiglia scatta una misura di prevenzione che solitamente si applica ai beni confiscati alla mafia, al fine di evitare la prescrizione. Si parla di decine di milioni di euro, certo non in sintonia con gli stipendi dei soggetti indagati.
Il processo va avanti come sempre in Italia: lentamente! Finalmente ci siamo e ai giorni nostri possiamo aspettare le sentenze che verranno emesse il 18 gennaio 2018.
Nel luglio di quest’anno i pubblici ministeri Felici e Calò chiedono dieci condanne e l’intervenuta prescrizione per Bertolaso.
Nei dettagli le richieste sono, tra le altre:
9 anni e 2 mesi per l’ex presidente alle opere pubbliche Angelo Balducci,
9 anni per l’imprenditore Diego Anemone
6 anni e mezzo per il fratello Daniele.
I due pm, nella loro requisitoria parlano ancora del “sistema gelatinoso”, sottolineando che “l’associazione di fatto tra Anemone e Balducci va oltre gli schemi di corruzione cui siamo abituati: siamo di fronte a uno dei più gravi casi di corruzione nell’Italia dal dopoguerra per il danno enorme alla pubblica amministrazione con interi settori assoggettati al gruppo. È una sorta di corruzione 2.0”, aggiungono i pm nella requisitoria, creata attraverso una rete “di rapporti illeciti con soggetti di alto profilo istituzionale”, con “ripetuti e ingenti vantaggi a pubblici funzionari perché venissero meno ai loro doveri”.
Pene minori sono state chieste per gli altri imputati, ad esempio 5 anni per il generale Francesco Pittorru.
Conclusione
Ora non resta che aspettare il 18 di gennaio per vedere come andrà a finire questa vicenda giudiziaria. Ma, il giudizio politico o, se preferite, quello storico, può arrivare subito. In effetti le considerazioni che emergono da queste vicende sono di due tipi. Da un lato la soddisfazione di vedere puniti o quanto meno smascherati dei delinquenti, tutelati dal loro potere, o, come nel caso di Verdini, dai suoi colleghi parlamentari. Dall’altro l’amarezza di avere la conferma che in questo paese il marcio è ovunque e che, probabilmente, per un bubbone scoperto chissà quanti altri operano nell’ombra, in silenzio, a danno della nazione e dei suoi cittadini, senza che nessuno sappia nulla. Certo la fiducia nella magistratura, almeno da parte mia, è grande, ma quando leggo che molti tribunali o uffici delle procure sono senza risorse, senza finanziamenti o che le automobili della polizia fanno fatica ad avere benzina, quella fiducia trema, vacilla e spesso si spezza.Ci sono state in questi ultimi mesi passi avanti nel tentativo di trovare un accordo tra stato, regione, protezione civile e privati per recuperare quel tratto di mare e di costa e riportarlo ad essere bello e pulito come una volta. Come sempre non ci resta che aspettare e sperare che davvero si risolva la questione.
A completamento
A completamento riporto, senza ulteriore commento, la notizia pubblicata dall'agenzia di stampa AGI l'8 febbraio 2018 sull'andamento dei processi contro i personaggi citati in questo articolo.Appalti G8: condannati Balducci e Anemone, assolto Bertolaso
08 febbraio 2018,13:40
Quattro condanne per associazione a delinquere, tra cui Angelo Balducci e Diego Anemone, 12 tra assoluzioni e prescrizioni, compreso l'ex capo della Protezione civile, Guido Bertolaso, assolto "perché il fatto non sussiste". Queste le decisioni del Tribunale di Roma al processo sugli appalti del G8 della Maddalena nel 2009, poi trasferito a L'Aquila, e per la realizzazione di opere pubbliche in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia. Tra le condanne spiccano quelle a sei anni e sei mesi l'ex presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici, Angelo Balducci, e a sei anni per l'imprenditore Diego Anemone. Quattro anni per corruzione al generale in pensione della Finanza (ex Sisde e Aisi) Francesco Pittorru, e quattro anni e mezzo l'ex provveditore alle opere pubbliche della Toscana, Fabio De Santis. "Assolto perché il fatto con sussiste nonostante la richiesta di prescrizione: questo vale come una doppia assoluzione", ha commentato Bertolaso su Facebook.Tra le posizioni prescritte quella di Daniele Anemone, fratello di Diego. Assolti tra gli altri Maria Pia Forleo, ex funzionaria della presidenza del Consiglio, e Claudio Rinaldi, ex commissario dei mondiali di nuoto a Roma.