Oggi trattiamo un argomento decisamente inconsueto. Parliamo infatti non di notizie che conosciamo o di argomenti noti. Stasera parliamo di quello che non sappiamo.
In effetti la scuola ci insegna a cercare risposte alle domande. A quelle che gli insegnanti ci fanno per capire se abbiamo studiato e a quelle che noi stessi ci facciamo quando un barlume di curiosità entra nel nostro cervello. Qui facciamo il contrario: cerchiamo delle domande che non abbiano risposta, domande alle quali, almeno finora, nessuno ha saputo dare una spiegazione. A volte, quando discutiamo con gli amici, ci accapigliamo perché ognuno mette sul tavolo la propria verità. C’è subito da dire che se esistono due verità contrapposte, almeno una di queste è falsa, a volte lo sono entrambe. É impossibile che siano entrambe corrette.
É per questo che la scienza ha inventato una risposta saggia di fronte a questioni di cui non sappiamo nulla. Questa risposta è “non lo sappiamo!”, che dovrebbe essere usata più spesso di quanto si faccia così da sembrare più onesti.
Certo, da bambini ci facciamo domande alle quali potremo rispondere solo più avanti nella nostra evoluzione, grazie allo studio, alle letture, alla visione di documentari e filmati. Ad esempio: “Perché il cielo è blu?” forse un bimbo non lo sa, ma la domanda ha una sua risposta ben precisa che ha a che vedere con le proprietà della luce che il Sole invia sul nostro pianeta, quando incontra le particelle di cui è costituita l’atmosfera. Ma se chiedo “Dio esiste? e se esiste è uomo o donna?” nessuno al mondo potrà darci una risposta sensata, corredata da prove e certificata con tutti i timbri apposti nel posto giusto.
E domande come questa ne esistono davvero moltissime, che riguardano la vita, il destino, l’aldilà e un sacco di altre cose sulle quali possiamo interrogarci.
Bastano due domande per capire quale sia il viaggio che facciamo all’interno della conoscenza. La prima: quanti universi esistono? Che se ne tira dietro un sacco di altre, alcune hanno a che fare con noi, altre con dio, come vedremo subito. La seconda riguarda l’esistenza di vita extraterrestre, di cui parleremo più avanti.
La nostra percezione è limitata. Pensate ad esempio alle dimensioni degli oggetti. Una montagna ci sembra molto grande, ma se viaggiamo in aereo ci rendiamo conto che è un puntino rispetto all’intero pianeta. E poi c’è il sole che può contenere un milione di terre e sembra davvero gigantesco, ma è una piccola stella rispetto ad altre che sono migliaia di volte più grandi e sono, a loro volta, solo dei puntini nella galassia alla quale apparteniamo tutti, la Via Lattea, composta di un numero di stelle che non conosciamo con precisione, ma che sicuramente è più grande di 200 miliardi e forse arriva a 400 miliardi. Che numeri incredibili. Eppure anche la nostra galassia non è granché se vista nell’insieme dell’Universo, che contiene più di 100 miliardi di Galassie, alcune come la nostra, altre più piccole, altre più grandi. Ci sono galassie che si allontanano da noi con una velocità talmente elevata che la loro luce non ci raggiungerà mai. Questo significa che non potremo mai vederle, per noi è come se non esistessero. Eppure anche loro fanno parte della nostra storia, cominciata, con ogni probabilità, con una grande esplosione, un big bang, come lo chiamano gli scienziati, che ha dato origine ad ogni cosa: le galassie, le stelle, i pianeti, gli elementi chimici che poi si sono combinati per dar luogo a oggetti fondamentali come l’acqua, il metano, l’atmosfera, l’anidride carbonica e così via.
Noi dunque viviamo in un grande, enorme paese che è l’Universo e la Via Lattea è il nostro Condominio. Non sappiamo molto degli altri condomini, perché sono così lontani che non abbiamo, oggi, gli strumenti per curiosarci dentro. E tutto nasce da piccole particelle, così piccole che noi non siamo in grado di vederle, come gli elettroni, i protoni, i neutroni, i quark, i neutrini, le basi universali del cosmo. Già ma solo del nostro cosmo, quello dei 100 miliardi di galassie che comprendono anche la Via Lattea.
La scienza, lo sapete, cerca sempre nuove soluzioni, elabora nuove teorie che cerca di confermare con elementi di prova, con esperimenti e misure. Così, accanto all’ipotesi appena descritta, ce n’è un’altra, decisamente affascinante: il nostro è solo uno dei molti universi presenti. Rimane un’ipotesi non confermata ed è figlia della meccanica quantistica, della teoria delle stringhe e di quella delle bolle. Uno dei fautori di questa ipotesi è stato il compianto fisico britannico Stephen Hawking, morto nel 2018. Dunque potrebbero esserci universi differenti dal nostro, magari con particelle elementari differenti dalle nostre, quindi con proprietà diverse, che porterebbero a leggi fisiche e chimiche diverse. Tutti questi universi costituiscono quello che chiamiamo il “multiverso”. La teoria delle stringhe più avanzata suppone che in questo multiverso ci siano 10 alla 500 universi differenti. É un numero spaventoso, un uno seguito da 500 zeri, che non sappiamo neppure come dirlo.
Ma anche questo numero è piccolissimo di fronte ad un altro concetto: quello dell’infinito. Qualcuno pensa che lo spazio sia infinito e che contenga infiniti universi, che si espandono e acquistano uno spazio sempre più grande, senza alcun confine.
Ci sono alcune teorie quantistiche che trovano una spiegazione logica solo con la presenza di universi paralleli che vengono creati in continuazione. Alcuni possono essere uguali al nostro e contenere anche le stesse persone, ma con caratteristiche diverse. Chi qui fa il giudice, là potrebbe essere un bandito, o fare il panettiere, o suonare l’arpa nell’orchestra di stato.
Altri scienziati dicono che queste sono solo sciocchezze e che esiste un solo Universo, il nostro. Filosofi e mistici possono sostenere che perfino il nostro Universo sia in realtà solo un’illusione della nostra mente. Come si vede non c’è alcun accordo nel rispondere alla domanda: “Quanti universi ci sono?”. Possiamo solo dire che il loro numero è compreso tra zero e infinito, che non è certo una grande conclusione.
La seconda domanda è questa: “Perché non riusciamo a vedere vita fuori dal nostro pianeta?” Cioè vita extraterrestre o come qualcuno dice con un termine che a me non piace per nulla “Vita aliena”?
É stato Enrico Fermi, il grande fisico italiano a porre la domanda in modo simpatico: “Dove sono finiti tutti quanti?”. C’è anche un bel film con Jody Foster che si conclude con lei, astronoma, che risponde ad un gruppo di bambini che vuole sapere se c’è vita nell’Universo: “Se ci fossimo solo noi sarebbe uno spreco di spazio … giusto?”.
Al di là delle battute e delle citazioni cinematografiche, noi non sappiamo se c’è vita là fuori, ma possiamo cercare di ragionare sulla questione.
Se volete, ma io ve lo sconsiglio, potete seguire i fanatici della cospirazione, quelli che sanno sempre tutte le risposte ma non hanno neanche una prova di quello che dicono. Loro sanno che i cosiddetti UFO ci fanno visita regolarmente da un sacco di tempo, che le autorità lo sanno, ma lo tengono segreto per motivi altrettanto segreti.
UFO è la sigla che indica Oggetti volanti non identificati. Significa semplicemente che non sappiamo cosa o chi sono. É successo spesso che si trattasse di strani palloni sonda di cui si ignorava l’esistenza (tranne da parte di chi li aveva lanciati) oppure che l’osservatore del fenomeno non era - come dire? – nel pieno possesso delle sue capacità intellettive. Ad ogni modo l’osservazione di UFO fa parte della nostra storia. Fissare l’attenzione su questo particolare è esattamente quello che esprime un vecchio proverbio di origine sconosciuta: “Quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito”.
Quello che davvero sappiamo è ben altro, credo molto più interessante.
Nel 2009 la NASA lancia un veicolo spaziale che porta con sé un telescopio e un vero e proprio laboratorio per la gestione dei dati raccolti. La missione si chiama Kepler, in onore del grande scienziato tedesco del 17° secolo Giovanni Keplero, e vuole individuare gli esopianeti, cioè pianeti che non appartengano al sistema solare. Vengono inviati dati per 10 anni, fino al 2018, quando il carburante è esaurito e la missione viene dichiarata conclusa. Cosa scopre Kepler? Scopre più di 2300 pianeti e, nel catalogo che viene realizzato al termine della missione, sono inserite più di 13 milioni di stelle.
Ci importa? Ci importa sì, perché la ricerca della vita extraterrestre deve partire da dove essa si potrebbe o si è potuta sviluppare. Serve un pianeta “giusto” insomma, né troppo vicino, né troppo lontano dalla sua stella (o dal suo sistema di stelle), né troppo piccolo né troppo grande. Ce ne sono, nell’elenco di quelli trovati da Kepler?
Certo che ce ne sono, almeno un centinaio. Se considerate la miseria della porzione di spazio percorsa dal veicolo Kepler nella nostra galassia, si possono fare dei calcoli.
É assai probabile che nell’intera Via Lattea i pianeti simili a quelli osservati dal telescopio siano talmente tanti che, anche se uno solo ogni 10'000 presentasse situazioni favorevoli alla vita, ne resterebbero circa 50 milioni. Dite la verità: se doveste puntare cento euro sull’esistenza di vita nella Via Lattea, lo fareste con queste cifre? Io credo di sì.
Eppure non abbiamo alcun contatto con queste altre forme di vita della nostra Galassia … ricordate? Stiamo parlando del nostro condominio, in una città popolata da centinaia di miliardi di condomini simili.
Ci servono però altre informazioni per essere più precisi. Torniamo coi piedi per terra, anzi sulla Terra, intesa come pianeta.
Circa 13-14 miliardi di anni fa avviene il Big Bang e si forma la materia che nel corso del tempo darà origine alle stelle, ai pianeti, ai sistemi solari, alla materia oscura e a tutto il resto. La Terra si forma circa 9 miliardi di anni più tardi. Ci vorranno altri tre miliardi di anni per avere le prime forme di vita sul nostro pianeta. Noi, l’homo sapiens, siamo arrivati all’ultimo istante di questa storia, appena 200 mila anni fa.
Non tutti i pianeti hanno avuto lo stesso sviluppo. C’è chi si è formato prima e chi dopo; dunque su quei pianeti la vita può essersi sviluppata molto prima della nostra ed essersi estinta prima del nostro arrivo. Oppure l’evento deve ancora accadere e bisognerà vedere se noi ci saremo ancora (come genere umano intendo) per registrarlo. Dunque come prima lettura c’è il fatto che la mancanza di contatti è un fatto di mancata simultaneità.
C’è anche un altro problema. La scienza che noi abbiamo sviluppato ha una specie di dogma, certificato dalla teoria della relatività di Einstein. Niente può viaggiare più veloce della luce nel vuoto, grossomodo 300 mila km al secondo. Certo è un bell’andare. La luce del Sole, che pure è distante 150 milioni di km da noi, impiega solo 8 minuti e mezzo a raggiungerci, ma abbiamo già visto che questi numeri sono piccolissimi, rispetto a quelli che si riferiscono all’intera Galassia, per non parlare del nostro Universo. Noi abitiamo in periferia della Via Lattea. Per raggiungere il centro galattico occorre percorrere circa 265 milioni di miliardi di km, corrispondenti a 28 mila anni luce. Un anno luce è lo spazio che la luce percorre nel vuoto in 365 giorni. Significa che il centro galattico che i nostri telescopi osservano oggi, si mostra ai nostri occhi com’era 28 mila anni fa, che è il tempo necessario alla luce per raggiungere i nostri occhi.
Questo significa che, dal momento che tutti i veicoli che abbiamo inventato viaggiano a velocità terribilmente più basse di quelle luminose, un incontro fisico con altri esseri viventi è quanto mai improponibile. Pensiamo, ad esempio, che la stella a noi più vicina, Alpha Centauri, si trova a quasi 4 anni luce e mezzo e per raggiungerla con un veicolo possiamo prevedere un viaggio che supera di gran lunga la vita media di un umano.
Certo, è possibile che altre civiltà abbiano capito che è possibile superare la velocità della luce, oppure che abbiano davvero scoperto i famosissimi salti nell’iperspazio, che i fantastici scrittori di fantascienza hanno inventato negli anni 50. Ma, per quanto ne sappiamo, si tratta appunto di fanta-scienza e non di scienza.
C’è un’altra cosa importante da dire. Se voi aveste un parente, che so, a Nuova Dehli o a Città del Messico, non potreste andarlo a trovare tutti i giorni per sapere come ha passato la nottata. Ma le comunicazioni sarebbero possibili. Fino a qualche decennio fa avreste scritto una lettera, che nel giro di qualche giorno o di qualche settimana avrebbe portato notizie vostre a lui o viceversa. Anche in questo caso funziona come per il centro galattico. Il vostro parente avrebbe avuto notizie della vostra vita, vecchie di qualche settimana. Nel frattempo voi potreste essere morto o avere un vissuto completamente diverso da come lo avevate descritto. Poi è arrivato internet e la possibilità di trasportare informazioni a velocità eccezionali (sempre inferiori a quella della luce) e il vostro parente avrebbe notizie, come si dice oggi “in tempo reale”, cioè saprebbe di voi le cose che vi stanno succedendo al momento (sempre che apra le mail quando gli arrivano).
Dunque ipotetici viaggiatori del cosmo porterebbero del loro luogo di partenza solo vecchie informazioni del tempo in cui sono partiti. Ma la messaggistica funziona anche nello spazio, funziona con le onde elettromagnetiche che hanno, in quanto a velocità di propagazione le stesse caratteristiche della luce, che peraltro è un’onda elettromagnetica. Chi genera queste onde? Siamo noi stessi, quando facciamo funzionare un microonde o quando una centrale elettrica accende le luci di una città, o quando assistiamo ad una trasmissione televisiva. Gli 8 miliardi di terrestri inviano in ogni direzione dello spazio segnali da molti anni (diciamo cento per semplificare i calcoli). Significa che il nostro messaggio, probabilmente confuso e non sempre elevatissimo, ha già raggiunto una distanza di 100 anni luce e, finora, per quello che sappiamo, nessuno ha risposto. Perché?
Le ipotesi sono tante. Forse nel raggio di 100 anni luce non c’è nessuno o se c’è può avere risposto oggi, ma quella risposta arriverà sulla Terra tra 100 anni, tanto ci vuole per il viaggio di ritorno. Oppure hanno ricevuto il messaggio e si stanno interrogando sul da farsi. Proprio come nei vecchi film sul contatto con gli extraterrestri, anche loro ci considerano alieni e cercheranno di capire se siamo buoni o cattivi. Se sono saggi e hanno visto un po’ della nostra storia è assai probabile che ci mettano in una lista nera di popoli da non avvicinare.
Oppure le risposte sono arrivate e vengono tenute segrete da un grande vecchio, ma questa ipotesi è assai improbabile e i nomi di Snowden e Assange dovrebbero spiegarvi il perché.
Sono tutte ipotesi molto fantasiose: forse esiste un gruppo di giudizio di una civiltà superiore che stabilisce il silenzio radio di modo che ogni civiltà abbia il tempo di svilupparsi per proprio conto. Oppure tutto avviene all’interno di quella materia oscura, che costituisce quasi tutta la massa dell’Universo, e alla quale non abbiamo accesso. Forse … forse!
il SETI è il Centro di Ricerca di Intelligenza Extraterrestre; mette a disposizione di tutti i cittadini della Terra i dati che riesce ad ottenere.
Ecco che possiamo tornare all’inizio. Come abbiamo visto avere così tante risposte vuol dire non averne nessuna di certa. La frase “non lo sappiamo” rimane l’unica certezza. Tuttavia, possiamo concludere che sono proprio le domande senza risposta a pungolare la nostra curiosità, che, come giustamente sottolinea Einstein, è solo il primo passo verso la conoscenza. Il che significa che sono proprio le possibilità insolite, le domande senza risposta, che ci spingono avanti.
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Questo articolo prende spunto dal filmato "Domande di cui non conosciamo le risposte" (inglese sottotitoli italiani).
In effetti la scuola ci insegna a cercare risposte alle domande. A quelle che gli insegnanti ci fanno per capire se abbiamo studiato e a quelle che noi stessi ci facciamo quando un barlume di curiosità entra nel nostro cervello. Qui facciamo il contrario: cerchiamo delle domande che non abbiano risposta, domande alle quali, almeno finora, nessuno ha saputo dare una spiegazione. A volte, quando discutiamo con gli amici, ci accapigliamo perché ognuno mette sul tavolo la propria verità. C’è subito da dire che se esistono due verità contrapposte, almeno una di queste è falsa, a volte lo sono entrambe. É impossibile che siano entrambe corrette.
É per questo che la scienza ha inventato una risposta saggia di fronte a questioni di cui non sappiamo nulla. Questa risposta è “non lo sappiamo!”, che dovrebbe essere usata più spesso di quanto si faccia così da sembrare più onesti.
Certo, da bambini ci facciamo domande alle quali potremo rispondere solo più avanti nella nostra evoluzione, grazie allo studio, alle letture, alla visione di documentari e filmati. Ad esempio: “Perché il cielo è blu?” forse un bimbo non lo sa, ma la domanda ha una sua risposta ben precisa che ha a che vedere con le proprietà della luce che il Sole invia sul nostro pianeta, quando incontra le particelle di cui è costituita l’atmosfera. Ma se chiedo “Dio esiste? e se esiste è uomo o donna?” nessuno al mondo potrà darci una risposta sensata, corredata da prove e certificata con tutti i timbri apposti nel posto giusto.
E domande come questa ne esistono davvero moltissime, che riguardano la vita, il destino, l’aldilà e un sacco di altre cose sulle quali possiamo interrogarci.
Bastano due domande per capire quale sia il viaggio che facciamo all’interno della conoscenza. La prima: quanti universi esistono? Che se ne tira dietro un sacco di altre, alcune hanno a che fare con noi, altre con dio, come vedremo subito. La seconda riguarda l’esistenza di vita extraterrestre, di cui parleremo più avanti.
La nostra percezione è limitata. Pensate ad esempio alle dimensioni degli oggetti. Una montagna ci sembra molto grande, ma se viaggiamo in aereo ci rendiamo conto che è un puntino rispetto all’intero pianeta. E poi c’è il sole che può contenere un milione di terre e sembra davvero gigantesco, ma è una piccola stella rispetto ad altre che sono migliaia di volte più grandi e sono, a loro volta, solo dei puntini nella galassia alla quale apparteniamo tutti, la Via Lattea, composta di un numero di stelle che non conosciamo con precisione, ma che sicuramente è più grande di 200 miliardi e forse arriva a 400 miliardi. Che numeri incredibili. Eppure anche la nostra galassia non è granché se vista nell’insieme dell’Universo, che contiene più di 100 miliardi di Galassie, alcune come la nostra, altre più piccole, altre più grandi. Ci sono galassie che si allontanano da noi con una velocità talmente elevata che la loro luce non ci raggiungerà mai. Questo significa che non potremo mai vederle, per noi è come se non esistessero. Eppure anche loro fanno parte della nostra storia, cominciata, con ogni probabilità, con una grande esplosione, un big bang, come lo chiamano gli scienziati, che ha dato origine ad ogni cosa: le galassie, le stelle, i pianeti, gli elementi chimici che poi si sono combinati per dar luogo a oggetti fondamentali come l’acqua, il metano, l’atmosfera, l’anidride carbonica e così via.
Noi dunque viviamo in un grande, enorme paese che è l’Universo e la Via Lattea è il nostro Condominio. Non sappiamo molto degli altri condomini, perché sono così lontani che non abbiamo, oggi, gli strumenti per curiosarci dentro. E tutto nasce da piccole particelle, così piccole che noi non siamo in grado di vederle, come gli elettroni, i protoni, i neutroni, i quark, i neutrini, le basi universali del cosmo. Già ma solo del nostro cosmo, quello dei 100 miliardi di galassie che comprendono anche la Via Lattea.
La scienza, lo sapete, cerca sempre nuove soluzioni, elabora nuove teorie che cerca di confermare con elementi di prova, con esperimenti e misure. Così, accanto all’ipotesi appena descritta, ce n’è un’altra, decisamente affascinante: il nostro è solo uno dei molti universi presenti. Rimane un’ipotesi non confermata ed è figlia della meccanica quantistica, della teoria delle stringhe e di quella delle bolle. Uno dei fautori di questa ipotesi è stato il compianto fisico britannico Stephen Hawking, morto nel 2018. Dunque potrebbero esserci universi differenti dal nostro, magari con particelle elementari differenti dalle nostre, quindi con proprietà diverse, che porterebbero a leggi fisiche e chimiche diverse. Tutti questi universi costituiscono quello che chiamiamo il “multiverso”. La teoria delle stringhe più avanzata suppone che in questo multiverso ci siano 10 alla 500 universi differenti. É un numero spaventoso, un uno seguito da 500 zeri, che non sappiamo neppure come dirlo.
Ma anche questo numero è piccolissimo di fronte ad un altro concetto: quello dell’infinito. Qualcuno pensa che lo spazio sia infinito e che contenga infiniti universi, che si espandono e acquistano uno spazio sempre più grande, senza alcun confine.
Ci sono alcune teorie quantistiche che trovano una spiegazione logica solo con la presenza di universi paralleli che vengono creati in continuazione. Alcuni possono essere uguali al nostro e contenere anche le stesse persone, ma con caratteristiche diverse. Chi qui fa il giudice, là potrebbe essere un bandito, o fare il panettiere, o suonare l’arpa nell’orchestra di stato.
Altri scienziati dicono che queste sono solo sciocchezze e che esiste un solo Universo, il nostro. Filosofi e mistici possono sostenere che perfino il nostro Universo sia in realtà solo un’illusione della nostra mente. Come si vede non c’è alcun accordo nel rispondere alla domanda: “Quanti universi ci sono?”. Possiamo solo dire che il loro numero è compreso tra zero e infinito, che non è certo una grande conclusione.
La seconda domanda è questa: “Perché non riusciamo a vedere vita fuori dal nostro pianeta?” Cioè vita extraterrestre o come qualcuno dice con un termine che a me non piace per nulla “Vita aliena”?
É stato Enrico Fermi, il grande fisico italiano a porre la domanda in modo simpatico: “Dove sono finiti tutti quanti?”. C’è anche un bel film con Jody Foster che si conclude con lei, astronoma, che risponde ad un gruppo di bambini che vuole sapere se c’è vita nell’Universo: “Se ci fossimo solo noi sarebbe uno spreco di spazio … giusto?”.
Al di là delle battute e delle citazioni cinematografiche, noi non sappiamo se c’è vita là fuori, ma possiamo cercare di ragionare sulla questione.
Se volete, ma io ve lo sconsiglio, potete seguire i fanatici della cospirazione, quelli che sanno sempre tutte le risposte ma non hanno neanche una prova di quello che dicono. Loro sanno che i cosiddetti UFO ci fanno visita regolarmente da un sacco di tempo, che le autorità lo sanno, ma lo tengono segreto per motivi altrettanto segreti.
UFO è la sigla che indica Oggetti volanti non identificati. Significa semplicemente che non sappiamo cosa o chi sono. É successo spesso che si trattasse di strani palloni sonda di cui si ignorava l’esistenza (tranne da parte di chi li aveva lanciati) oppure che l’osservatore del fenomeno non era - come dire? – nel pieno possesso delle sue capacità intellettive. Ad ogni modo l’osservazione di UFO fa parte della nostra storia. Fissare l’attenzione su questo particolare è esattamente quello che esprime un vecchio proverbio di origine sconosciuta: “Quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito”.
Quello che davvero sappiamo è ben altro, credo molto più interessante.
Nel 2009 la NASA lancia un veicolo spaziale che porta con sé un telescopio e un vero e proprio laboratorio per la gestione dei dati raccolti. La missione si chiama Kepler, in onore del grande scienziato tedesco del 17° secolo Giovanni Keplero, e vuole individuare gli esopianeti, cioè pianeti che non appartengano al sistema solare. Vengono inviati dati per 10 anni, fino al 2018, quando il carburante è esaurito e la missione viene dichiarata conclusa. Cosa scopre Kepler? Scopre più di 2300 pianeti e, nel catalogo che viene realizzato al termine della missione, sono inserite più di 13 milioni di stelle.
Ci importa? Ci importa sì, perché la ricerca della vita extraterrestre deve partire da dove essa si potrebbe o si è potuta sviluppare. Serve un pianeta “giusto” insomma, né troppo vicino, né troppo lontano dalla sua stella (o dal suo sistema di stelle), né troppo piccolo né troppo grande. Ce ne sono, nell’elenco di quelli trovati da Kepler?
Certo che ce ne sono, almeno un centinaio. Se considerate la miseria della porzione di spazio percorsa dal veicolo Kepler nella nostra galassia, si possono fare dei calcoli.
É assai probabile che nell’intera Via Lattea i pianeti simili a quelli osservati dal telescopio siano talmente tanti che, anche se uno solo ogni 10'000 presentasse situazioni favorevoli alla vita, ne resterebbero circa 50 milioni. Dite la verità: se doveste puntare cento euro sull’esistenza di vita nella Via Lattea, lo fareste con queste cifre? Io credo di sì.
Eppure non abbiamo alcun contatto con queste altre forme di vita della nostra Galassia … ricordate? Stiamo parlando del nostro condominio, in una città popolata da centinaia di miliardi di condomini simili.
Ci servono però altre informazioni per essere più precisi. Torniamo coi piedi per terra, anzi sulla Terra, intesa come pianeta.
Circa 13-14 miliardi di anni fa avviene il Big Bang e si forma la materia che nel corso del tempo darà origine alle stelle, ai pianeti, ai sistemi solari, alla materia oscura e a tutto il resto. La Terra si forma circa 9 miliardi di anni più tardi. Ci vorranno altri tre miliardi di anni per avere le prime forme di vita sul nostro pianeta. Noi, l’homo sapiens, siamo arrivati all’ultimo istante di questa storia, appena 200 mila anni fa.
Non tutti i pianeti hanno avuto lo stesso sviluppo. C’è chi si è formato prima e chi dopo; dunque su quei pianeti la vita può essersi sviluppata molto prima della nostra ed essersi estinta prima del nostro arrivo. Oppure l’evento deve ancora accadere e bisognerà vedere se noi ci saremo ancora (come genere umano intendo) per registrarlo. Dunque come prima lettura c’è il fatto che la mancanza di contatti è un fatto di mancata simultaneità.
C’è anche un altro problema. La scienza che noi abbiamo sviluppato ha una specie di dogma, certificato dalla teoria della relatività di Einstein. Niente può viaggiare più veloce della luce nel vuoto, grossomodo 300 mila km al secondo. Certo è un bell’andare. La luce del Sole, che pure è distante 150 milioni di km da noi, impiega solo 8 minuti e mezzo a raggiungerci, ma abbiamo già visto che questi numeri sono piccolissimi, rispetto a quelli che si riferiscono all’intera Galassia, per non parlare del nostro Universo. Noi abitiamo in periferia della Via Lattea. Per raggiungere il centro galattico occorre percorrere circa 265 milioni di miliardi di km, corrispondenti a 28 mila anni luce. Un anno luce è lo spazio che la luce percorre nel vuoto in 365 giorni. Significa che il centro galattico che i nostri telescopi osservano oggi, si mostra ai nostri occhi com’era 28 mila anni fa, che è il tempo necessario alla luce per raggiungere i nostri occhi.
Questo significa che, dal momento che tutti i veicoli che abbiamo inventato viaggiano a velocità terribilmente più basse di quelle luminose, un incontro fisico con altri esseri viventi è quanto mai improponibile. Pensiamo, ad esempio, che la stella a noi più vicina, Alpha Centauri, si trova a quasi 4 anni luce e mezzo e per raggiungerla con un veicolo possiamo prevedere un viaggio che supera di gran lunga la vita media di un umano.
Certo, è possibile che altre civiltà abbiano capito che è possibile superare la velocità della luce, oppure che abbiano davvero scoperto i famosissimi salti nell’iperspazio, che i fantastici scrittori di fantascienza hanno inventato negli anni 50. Ma, per quanto ne sappiamo, si tratta appunto di fanta-scienza e non di scienza.
C’è un’altra cosa importante da dire. Se voi aveste un parente, che so, a Nuova Dehli o a Città del Messico, non potreste andarlo a trovare tutti i giorni per sapere come ha passato la nottata. Ma le comunicazioni sarebbero possibili. Fino a qualche decennio fa avreste scritto una lettera, che nel giro di qualche giorno o di qualche settimana avrebbe portato notizie vostre a lui o viceversa. Anche in questo caso funziona come per il centro galattico. Il vostro parente avrebbe avuto notizie della vostra vita, vecchie di qualche settimana. Nel frattempo voi potreste essere morto o avere un vissuto completamente diverso da come lo avevate descritto. Poi è arrivato internet e la possibilità di trasportare informazioni a velocità eccezionali (sempre inferiori a quella della luce) e il vostro parente avrebbe notizie, come si dice oggi “in tempo reale”, cioè saprebbe di voi le cose che vi stanno succedendo al momento (sempre che apra le mail quando gli arrivano).
Dunque ipotetici viaggiatori del cosmo porterebbero del loro luogo di partenza solo vecchie informazioni del tempo in cui sono partiti. Ma la messaggistica funziona anche nello spazio, funziona con le onde elettromagnetiche che hanno, in quanto a velocità di propagazione le stesse caratteristiche della luce, che peraltro è un’onda elettromagnetica. Chi genera queste onde? Siamo noi stessi, quando facciamo funzionare un microonde o quando una centrale elettrica accende le luci di una città, o quando assistiamo ad una trasmissione televisiva. Gli 8 miliardi di terrestri inviano in ogni direzione dello spazio segnali da molti anni (diciamo cento per semplificare i calcoli). Significa che il nostro messaggio, probabilmente confuso e non sempre elevatissimo, ha già raggiunto una distanza di 100 anni luce e, finora, per quello che sappiamo, nessuno ha risposto. Perché?
Le ipotesi sono tante. Forse nel raggio di 100 anni luce non c’è nessuno o se c’è può avere risposto oggi, ma quella risposta arriverà sulla Terra tra 100 anni, tanto ci vuole per il viaggio di ritorno. Oppure hanno ricevuto il messaggio e si stanno interrogando sul da farsi. Proprio come nei vecchi film sul contatto con gli extraterrestri, anche loro ci considerano alieni e cercheranno di capire se siamo buoni o cattivi. Se sono saggi e hanno visto un po’ della nostra storia è assai probabile che ci mettano in una lista nera di popoli da non avvicinare.
Oppure le risposte sono arrivate e vengono tenute segrete da un grande vecchio, ma questa ipotesi è assai improbabile e i nomi di Snowden e Assange dovrebbero spiegarvi il perché.
Sono tutte ipotesi molto fantasiose: forse esiste un gruppo di giudizio di una civiltà superiore che stabilisce il silenzio radio di modo che ogni civiltà abbia il tempo di svilupparsi per proprio conto. Oppure tutto avviene all’interno di quella materia oscura, che costituisce quasi tutta la massa dell’Universo, e alla quale non abbiamo accesso. Forse … forse!
il SETI è il Centro di Ricerca di Intelligenza Extraterrestre; mette a disposizione di tutti i cittadini della Terra i dati che riesce ad ottenere.
Ecco che possiamo tornare all’inizio. Come abbiamo visto avere così tante risposte vuol dire non averne nessuna di certa. La frase “non lo sappiamo” rimane l’unica certezza. Tuttavia, possiamo concludere che sono proprio le domande senza risposta a pungolare la nostra curiosità, che, come giustamente sottolinea Einstein, è solo il primo passo verso la conoscenza. Il che significa che sono proprio le possibilità insolite, le domande senza risposta, che ci spingono avanti.
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Questo articolo prende spunto dal filmato "Domande di cui non conosciamo le risposte" (inglese sottotitoli italiani).