C'era una volta un arcipelago meraviglioso

g809 01Questa volta voglio raccontarvi una storia abbastanza recente. É la storia di un summit che si doveva fare e non si è fatto, di un arcipelago meraviglioso che abbiamo rischiato di perdere per sempre, di soldi pubblici, quindi nostri, stanziati e che non si sa bene che fine abbiano fatto, di corruttori e corrotti, di delinquenti e truffatori, di processi e assoluzioni nel più classico stile italiano.
Ma è meglio che andiamo con ordine a cominciamo dal principio.
L’inizio di questa storia porta la data del 14 giugno 2007, quando il presidente del consiglio, Romano Prodi e il ministro degli Esteri, Massimo D’Alema, annunciano in pompa magna che il vertice del G8 dell’estate 2009 si terrà in Italia e che, come location è stata scelta La Maddalena, porzione paradisiaca di un’isola fantastica, la Sardegna.
In realtà questa scelta è possibile perché nell’estate del 2006, la Marina statunitense decide di abbandonare la base militare che si trova nell’arcipelago, e di farlo entro l’estate del 2008.
Ci sono alcune conseguenze di grande importanza dietro questa decisione.
Il presidente dell’isola, Renato Soru, sembra contento dell’allontanamento dei militari, anche se questo implica la ricollocazione di 180 dipendenti, oltre ai civili impiegati nella base. L’intenzione dichiarata è di trasformare l’area in una attrazione turistica, come ce ne sono tante altre lungo le coste della Sardegna. Del resto è una zona che fa gola a molti: sia a ricchi privati (ad esempio l’Aga Khan) che ad imprese italiane e straniere.
L’abbandono della base da parte dell’esercito USA ha motivi strategici che qui poco interessano e non intervengono mai nella nostra storia. É tuttavia bene sapere che qui erano stanziati sottomarini nucleari con missili a breve raggio, anche se dopo la guerra fredda, La Maddalena serviva più come officina di riparazione che come base strategica per combattere il terrorismo. Queste sono dichiarazioni dei vertici militari americani, non mie.
Prima di entrare nel cuore della nostra storia, cerchiamo di capire in quale contesto essa si sviluppa.
Dunque siamo nel 2009 e l’Italia è chiamata, per la quinta volta, ad ospitare la riunione del G8, quella che molti pomposamente chiamano la riunione dei grandi della terra, anche se al tavolo delle trattative mancano i rappresentanti delle multinazionali del cibo, delle fonti energetiche, dei medicinali e di tutto il resto che conta davvero. E mancano gli stati emergenti, che sorpasseranno di gran lunga gli attuali primi 8 del mondo nei prossimi decenni. Ma tant’è, non è questo il punto.
Il summit è previsto nei giorni 8, 9, 10 luglio e la sede scelta dal governo italiano, come detto, è bellissima. La Maddalena, un piccolo arcipelago meraviglioso nel NordEst della Sardegna in provincia di Olbia. Si tratta di un pugno di isole, tra cui Caprera, così legata al nostro Risorgimento. É stata infatti, per 27 anni, la dimora, nella famosa Casa Bianca, oggi museo, di Giuseppe Garibaldi. Qui è morto e qui sono sepolti anche alcuni dei suoi animali preferiti, tra cui l’asino al quale aveva dato il nome di uno dei suoi nemici più odiati, papa Pio 9°, ma questa è tutta un’altra storia.
La Maddalena è un parco naturale nazionale, le cui terre e le cui acque sono protette da leggi particolari. Pertanto uno si aspetta che si tratti di un paradiso incontaminato e non solo di una meta turistica ricercatissima, compresa la arcinota spiaggia rosa di Budelli.
Nel 2008 cade il governo Prodi, che aveva preso la decisione di convocare i suoi pari proprio là, e gli subentra Silvio Berlusconi, che forma il suo quarto esecutivo. Si tratta di una decisione internazionale e quindi il nuovo primo ministro è costretto a rispettare questa decisione. Che, tutto sommato, non gli dispiace affatto, anzi, com’è nel suo stile parte lancia in resta: vuole fare in fretta e così coinvolge il dipartimento della Protezione Civile, che può agire in deroga alle norme. É prevista la copertura di 27 mila metri quadrati. Il budget, inizialmente previsto in 200 milioni, viene incrementato di quasi il 60% passando a 327 milioni di euro.
La Protezione civile bandisce la gara, vendendo la concessione. Ma c’è un solo concorrente, la MITA Resort Srl, società di proprietà di Emma Marcegaglia (azionista di maggioranza), all’epoca presidente di Confindustria. L’importo richiesto è 40 milioni di euro, per 30 anni, più 40 rate annue da 60 mila euro.

Il terremoto … quello vero

L’obiettivo è quello di realizzare un summit da sogno, e di trasformare l’ex arsenale in un approdo per yacht di lusso, cosa che richiamerà un turismo d’élite, una volta terminato il G8.
g809 03Poi però succede qualcosa. Nella notte tra il 5 e il 6 marzo 2009, una fortissima scossa sismica sconvolge L’Aquila e i paesi circostanti. Ci sono 309 morti, più di 1600 feriti e 10 miliardi di euro di danni materiali.
La nazione, come sempre in questi casi, non può fare altro che piangere le perdite, lo fa con rabbia e livore, perché ci si accorge subito che quelle costruzioni sarebbero cadute anche per un forte soffio di vento, figurarsi con una scossa di magnitudo 6,3. Gli appalti erano stati vinti da ditte senza scrupoli, come troppo spesso avviene in questo maledetto paese. Si gonfiano le spese e si usano materiali di scarsa qualità per un profitto maggiore. Tutti lo sanno, da sempre, ma ci si stupisce solo di fronte alle file di bare stese in una stanza. Un popolo di parolai, guidato da inutili parolai.
Questo vale per quasi tutte le strutture che lo stato appalta: le scuole, gli ospedali, le strade. Malavita organizzata, mafia e camorra su tutti, e malfattori in giacca e cravatta fanno una strage. Si scoprirà più avanti che la ricostruzione porterà denaro a questi personaggi, come Piscitelli e Gagliardi, che rideranno dei morti pensando a quanto frutterà loro la ricostruzione. Ma, come si dice, tutto questo fa crescere il PIL e così anche i morti hanno un ritorno in denaro per qualcuno. La nazione è riconoscente, specie in tempo di crisi economica. Lo so è tutto orrendo, ma è di casa dalle nostre parti
Cosa c’entra il terremoto abruzzese con il G8 de La Maddalena? Lo vedremo tra poco.
Saputo della decisione di Prodi, il sindaco di La Maddalena, Angelo Comiti del Partito Democratico, va in brodo di giuggiole. Già, perché si stanzieranno un bel po’ di quattrini per sistemare strutture e tutto quello che occorre e, ovviamente, questo servirà, dopo il summit, come incentivo per incrementare il turismo e quindi gli introiti per le amministrazioni e i cittadini dell’arcipelago. La sede offerta è quella della scuola sottufficiali dell’ex base americana, che possiede una sala con 800 posti.
Poi però, sapete come vanno le cose in Italia. Nel giugno 2008 ecco i primi ostacoli. Ci si accorge che mancano 200 milioni, che i lavori non partono, mentre l’Europa apre una procedura d’infrazione contro l’Italia sui pericoli per l‘ambiente.
É un grosso problema, perché il summit rischia di essere compromesso.
I soldi, al momento sono solo 100 milioni, 30 dello stato e 70 della regione Sardegna. Ma ne servono di più, circa 300 per ospitare 35 mila persone, metà delle quali sono uomini delle forze dell’ordine.
Ci sono annunci di lavori che partiranno prestissimo, ma in realtà non si è fatto ancora nulla. Bisogna risparmiare, così Berlusconi trasferisce una delle cene previste a casa sua, a g809 01Villa Certosa sulla Costa Smeralda. Quanto può costare una cena al G8?
L’Unione Europea mette in mora l’Italia per pericoli per l’ambiente, legati alle varie ristrutturazioni previste. Il capo della protezione civile, Guido Bertolaso, comunica che, in accordo con il ministero dell’ambiente, e associazioni ambientaliste, si farà di tutto per organizzare un summit decisamente sostenibile, sia rispetto alle bellezze artistiche che, soprattutto, naturali del luogo. Su questo punto avremo molte cose da dire.
In agosto c’è la visita del presidente della Repubblica, Napolitano, che dichiara che i cantieri sono aperti, che tutto procede per il meglio e che a lui non risulta nessuna ipotesi di cambiamento di sede per il summit. Tutto bene dunque? Lo vedremo tra poco. (97)

Tutto si sposta a L’Aquila … e La Maddalena?

Mentre si discute sulla fattibilità dei lavori a La Maddalena, ecco il terremoto, di cui ho detto prima. Nonostante la drammaticità dell’evento, qui ci interessa in particolare cosa succede in Sardegna, a seguito della decisione del Consiglio dei Ministri italiano di spostare il G8 a L’Aquila.
Sono tutti d’accordo, maggioranza e opposizione, arrivano conferme anche da Londra, Washington, da Berlino e dall’Unione Europea. Perfino i sindacati, attraverso i segretari di CGIL e UIL, Epifani e Angeletti, parlano di una scelta condivisibile. Berlusconi punta su due aspetti positivi del cambiamento. Il primo che si risparmieranno molti soldi (circa 220 milioni) proponendo un summit parco rispetto a quello anche troppo lussuoso inizialmente previsto. E poi i no-global non se la sentiranno di attaccare in un contesto così doloroso. Evidentemente gli spettri dei fatti del G8 di Genova del 2001 sono ancora ben presenti.
A questa teoria berlusconiana risponde il segretario di Rifondazione Comunista, Ferrero, che dice: I no-global sono già a L’Aquila … spostano le macerie cercando di salvare qualche vita. Insomma non si lamenta nessuno, tranne … La Maddalena.
Il sindaco Angelo Comiti dichiara: “Far svolgere il G8 all'Aquila aggiungerebbe un terremoto a un altro. Mi sembra una scelta improbabile e illogica, che non fa certo piacere a chi da più di un anno sta organizzando il vertice. Qui ci sono centinaia di operai che lavorano tutto il giorno per l'appuntamento di luglio. Mettere in piedi un G8 non è come allestire una festa di compleanno. Ora qualcuno dovrà vedersela con la Corte dei Conti.”
Berlusconi si difende, oltre che con la solidarietà della scelta, aggiungendo che i soldi investiti in Sardegna serviranno per il turismo. Tanto si sa che in quelle zone vanno a svernare gli operai della catena di montaggio della FIAT che prendono 1200 euro al mese.
I lavori, altra cosa più che normale nel nostro paese, cominciano in ritardo con costi enormi rispetto al normale, costi del tutto inutili o quasi. Guido Bertolaso, capo supremo della protezione civile, difeso dal presidente del consiglio anche quando diventa palese il suo coinvolgimento diretto nelle malefatte che sto per raccontarvi, dichiara alla nazione che l’Ex g809 03Arsenale diventerà un centro per ricchi turisti, con alberghi di superlusso e yatch club che porteranno lavoro e denaro all’intera isola.
Delle promesse di Berlusconi occorre sempre dubitare: non a caso molte vignette lo rappresentano con il lungo naso di Pinocchio … forse un motivo c’è.
Ad ogni modo, il premier rassicura la regione Sardegna. Non ci saranno lavori incompiuti a La Maddalena, così da poterla usare in futuro per altri convegni internazionali.
Sono arrabbiatissimi anche gli industriali sardi, che speravano che quel convegno servisse da attrazione e da volano per investimenti migliori e nuovi.
Quello che si vuole realizzare viene spiegato nei dettagli. Due le aree dell'arcipelago dove si continua a lavorare. La prima zona fa capo all'ex Arsenale militare. Qui si sta costruendo un albergo a 5 stelle da oltre 100 camere. Poi, su una superficie di 16mila metri quadri, un palazzo dei convegni, un media-center per le conferenze stampa, un porto turistico. Nell' area dell'ex ospedale militare, si realizzano invece un hotel da 110 stanze con le 8 suite destinate ai capi di Stato.
C’è un sacco da fare: lavori da eseguire a terra, rivoltandola, edificando, cementificando, ma anche a mare: serve una darsena per le imbarcazioni e quindi bisogna scavare anche là. Purtroppo quel mare così perfetto in superficie, dai colori che ritrovi solo nelle cartoline dei paesi caraibici, è pieno di veleni dove le rocce affiorano dalla sabbia. Le navi e i sottomarini della base statunitense andavano avanti e indietro: questo passaggio continuo non può non lasciare una traccia di schifezze di vario genere.
Ci sono due fasi nel progetto: la realizzazione a terra delle strutture, ma, prima di creare la darsena, occorre bonificare il tratto di mare inquinato dalle sostanze nocive che in esso sono finite. Sono idrocarburi pesanti, mercurio e altri metalli, tutti inquinanti pericolosissimi, per la fauna marina, per l’uomo, per la catena alimentare.
I lavori, come vedremo meglio tra poco, invece di migliorare la situazione, fanno un disastro. Sparpagliano gli inquinanti in un’area doppia rispetto a quella iniziale. Un vero e proprio disastro ecologico.

A cosa servono tutti quei soldi pubblici?

A fianco di tutto questo c’è la questione dei soldi, che sono soldi dello stato, arrivano dalle tasse, dalle accise su tutto quello che utilizziamo, la benzina, l’acqua, la luce, il gas.
Si tratta, alla fine, di 400 milioni di euro di denaro pubblico per costruire 27 mila metri quadrati di edifici, acquisire 90 mila metri quadrati di terreni e 110 mila di mare. Questi ultimi, consegnati al progetto della MITA Resort di Emma Marcegaglia, non hanno prodotto niente di niente, se non l’inquinamento, che ha rovinato un tratto di mare tra i più belli al mondo.
Tra le opere realizzate, un mega albergo a moltissime stelle con arredi di gran classe. Sorge al posto dell’ex Arsenale. Poi, nel progetto, quell’orrendo stradone che gli corre davanti diventerà una bellissima e romantica passeggiata a mare. Insomma uno di quei posti da sogno che noi vediamo solo sulle riviste, ammesso che le leggiamo.
Nella mente dei promotori lo scenario è questo: finito il G8, che dura pochi giorni, ecco che arrivano i signori dai portafogli gonfi per soggiornare durante l’estate. Le loro barche saranno ormeggiate proprio là davanti, pagando una fortuna per rimanere in baia a La Maddalena.
Il rovescio della medagli è che la Regione Sardegna si trova costretta a pagare l’IMU, la tassa sulle proprietà immobiliari, su avveniristiche strutture architettoniche che nessuno ha mai usato e, visto lo stato delle stesse, nessuno abiterà. La tassa sulla casa per noi, all’epoca, è una seccatura, ma per i sardi è un peso sul groppone: si tratta di mezzo milione di euro l’anno.
g809 03Ma, dice uno; “Qualcuno le avrà pure abitate quelle strutture!”. La risposta è no. Nessuna manutenzione è mai stata avviata. Il mare richiede bonifiche urgenti, ma non se ne parla nemmeno: non ci sono soldi per farle e anche là dove ci sono non possono essere spesi. Infatti il tiritera sulle competenze vede la necessità di un accordo tra le varie amministrazioni dello Stato, accordo che non arriva. Ed è chiaro a tutti che, lasciando le cose come stanno, la situazione certo non migliorerà, anzi … 
Così i 400 milioni necessari a recuperare quello che si lascia andare in malora diventeranno presto 500 o 600. C’è poi un contenzioso tra le amministrazioni e la MITA Resorts. In effetti quei lavori, come le molte grandi opere nazionali, sono state finanziate in Project Financing, vale a dire con soldi dei privati, ai quali viene concesso poi l’utilizzo della struttura per un certo periodo di tempo. In questo caso si tratta di 40 anni.
Ma la società della Marcegaglia ha i suoi scheletri nell’armadio. In effetti l’appalto per quella Grande Opera è assegnato con un bando tagliato su misura per la MITA, che risulta così facile vincitrice. Insomma ci sono forti dubbi che tutto si sia svolto in maniera regolare.
I soldi da versare, come anticipato, sono 31 milioni alla Protezione Civile in tre rate e 60 mila euro l’anno per 40 anni alla Regione, ma questi soldi nessuno li ha mai visti.
E ci sono altri conti in sospeso, conti in denaro intendo. Stefano Boeri è un architetto, quello che ha progettato la “Casa sull’acqua” dell’ex Arsenale. A commissionargli il lavoro era stato Diego Anemone, immobiliarista, costruttore e corruttore, di cui parleremo tra poco. Costui ha dichiarato fallimento e così l’architetto è rimasto con un palmo di naso. Tuttavia il Boeri conosce bene quello che ha progettato e sostiene che “siamo di fronte ad un’altra Ilva”. Il sindaco de La Maddalena mette un altro carico sul piatto quando afferma che Regione, Protezione Civile, Mita Resort “sono come le tre scimmiette sul comò”, nessuno è responsabile, nessuno sente, vede o parla, ognuno scarica le colpe sull’altro e a pagare è la popolazione. Un copione già visto in mille situazioni in questo nostro paese che parla di democrazia senza sapere di cosa si tratti.
Mi sembra inutile girarci tanto intorno. Quando il 23 aprile Silvio Berlusconi annuncia il trasferimento del G8 a L’Aquila, il capo della Protezione Civile Bertolaso si rivolge ai sardi estremamente perplessi e incazzati con una serie infinita di rassicurazioni, che sono soltanto bugie grossolane, secondo la tradizione del suo padrone, il capo dell’esecutivo.
Adesso, però, nella nostra storia fa la sua apparizione un nuovo personaggio, Angelo Balducci.
Lui è uno degli alti dirigenti del Ministero dei Lavori Pubblici, responsabile della ricostruzione del Petruzzelli di Bari, dei lavori per i mondiali di nuoto a Roma, anche là con un sacco di problemi e di dubbi, e di molte altre attività di primissimo piano. Come è consuetudine in un paese estremamente corrotto come il nostro, gli appalti favoriscono amici, parenti e conoscenti e hanno un ritorno. Quando si avviano le indagini tutto questo viene a galla e Balducci si dimette nel 2010. Viene arrestato e poi consegnato agli arresti domiciliari. Ne parleremo tra poco in dettaglio.
In tutte queste situazioni c’è un solo perdente: lo Stato. Poiché le opere, giuste o sbagliate che siano, vengono a costare sempre molto più del dovuto, come una specie di “tassa di corruzione”. É perfettamente inutile che i media e gli stessi cittadini si stupiscano ogni volta che uno scandalo viene svelato. Lo scandalo è la regola, la sua scoperta l’eccezione. Poi c’è la questione della bonifica, di cui parleremo dopo un brano musicale.

Quanto è costato? La visione di Bertolaso

g809 03Il 25 aprile 2009, il capo della protezione civile, Guido Bertolaso, rilascia un’intervista al giornale Repubblica, che riporto integralmente. Ecco domande e risposte.
Quanto è costata sin qui la Maddalena?
"La cifra che abbiamo impegnato fino ad oggi è stata di 500 milioni di euro. Denaro che abbiamo attinto dai fondi speciali per la Sardegna e che verrà saldato alle imprese tra la fine di maggio e giugno, quando le opere saranno consegnate. Risorse indubbiamente importanti, che abbiamo speso in 10 mesi piuttosto che in 10 anni, e che resteranno ai sardi. Un lavoro magnifico. Che in qualche modo credo saldi il debito verso quella terra e la renderà pronta, magari in un prossimo futuro, a eventi importanti. Posso dire che abbiamo portato a termine forse la più grande opera di bonifica ambientale e di rilancio turistico ed economico di quel territorio: alberghi, un centro congressi, una bonifica imponente su amianto, idrocarburi esausti, un depuratore. E, da velista, dico anche un centro nautico con una darsena per 700 barche. Un gioiello come è difficile trovarne nel Mediterraneo".
I cantieri avevano rispettato i tempi?
"E' vero che Andreotti dice che a pensar male spesso si indovina, ma questa volta i cantieri erano addirittura in anticipo. Anche perché se fosse stato il contrario mi sarei impegnato in prima persona. I cantieri hanno lavorato nei tempi previsti. E le opere verranno consegnate alla Sardegna nei tempi previsti. A fine maggio. Anche perché non c'è nulla di piè detestabile che lasciare i lavori a metà".
Torniamo ai conti. Cinquecento milioni di euro erano dunque già impegnati. Quanti ne restavano da spendere?
"Per la sola organizzazione avremmo dovuto tirare fuori altri 260 milioni di euro".
Giustificati da che cosa?
"Le racconto della voce di spesa piè importante. Agli atti del mio ufficio c'è una lettera del ministero dell'Interno dove il solo costo per la sicurezza dei grandi era quantificato in 118 milioni di euro. Per carità, una cifra assolutamente congrua e legittima, su cui non c'è nulla da eccepire, ma che dà la misura della complessità delle risorse e del numero di uomini che si sarebbero dovute mettere in campo per assicurare la prevenzione in mare - dagli accorgimenti subacquei, ai mezzi navali - nel cielo e sulla terraferma".
Era previsto anche un affitto di navi?
"Sì. Due navi. Destinate ad ospitare i 3 mila giornalisti accreditati. Ci sarebbero costate altri 10 milioni di euro. Credo sia chiaro che con il trasferimento all'Aquila, queste cifre vengono se non proprio azzerate, come nel caso delle navi, ricondotte a numeri risibili".
Perché all'Aquila quanto spenderete?
"I conti esatti ancora non li abbiamo fatti, ma, a spanne, posso dire che le spese che dovremo affrontare saranno quelle degli interpreti, dei mezzi di trasporto, delle opere leggere per l'adattamento della caserma Vincenzo Giudice. Parliamo dunque di una somma che dovrebbe oscillare tra i 10 e i 30 milioni di euro".
La caserma della Guardia di Finanza "Giudice" sarà l'unica struttura che impegnerete?
"Sostanzialmente sì. Anche perché ogni giorno, questo complesso riserva felici sorprese. Oltre ai 2500 posti letto in stanze da 4, abbiamo ad esempio scoperto anche la disponibilità di appartamenti, che consentiranno l'accoglienza anche dei capi di Stato, se la riterranno di loro gradimento. Aggiungo: un'accoglienza dignitosa e coerente con il luogo".
Duemila e cinquecento posti letto non sono troppo pochi per fare fronte ai numeri delle delegazioni?
"Ho saputo con piacere che i francesi sono pronti a ridurre la loro delegazione. É una decisione perfetta. Perché va esattamente nella direzione di ciò che auspichiamo. Numeri piè ridotti. Anche perché credo che riuscire ad assicurare, come faremo, una media di 50 posti a delegazione per oltre 20 delegazioni, dimostri già, compatibilmente con il luogo, un'ospitalità importante. E aggiungo: un'ospitalità importante in un luogo sicuro da tutti i punti di vista. Della solidità delle strutture, della permanenza e della sorveglianza. Visto che già oggi, in questo complesso, sono custoditi alcuni dei caveau della banca d'Italia".
Dunque, davvero nessuna altra struttura?
"Se ci sarà l'esigenza di trovare un castello o un'abbazia di cui l'Abruzzo è pieno per un pranzo o una cena ufficiale, la scelta sarà fatta dal presidente del Consiglio. E mi raccomando, l'aggettivo. "Ufficiale", non di "gala", perché di gala, in questo G8 non ci sarà nulla. Si ritornerà, se vogliamo, allo spirito originario del G8, quando si chiamava G5 e i Grandi si riunivano intorno a un caminetto".
Questa è l’intervista a Guido Bertolaso del 2009. Cercheremo di sapere se quello che dice corrisponde al vero o se è solo fumo da gettare negli occhi dei cittadini. (61)

Quante bugie e quante fregature

Ora, cerchiamo di capire bene, perché fidarsi delle parole di un politico coinvolto non è una cosa saggia. Che fine hanno fatto le strutture costruite o quanto meno iniziate per il summit, una volta deciso lo spostamento del G8 in Abruzzo? Seguo qui l’ordine cronologico dei fatti.
Abbiamo parlato di due hotel a cinque stelle. Uno di loro è costato circa 50 mila euro a stanza. Si cerca di venderlo, ma nessuno lo vuole.
Poi, siamo nel febbraio 2010, il partito di Di Pietro, Italia dei Valori, all’epoca ancora attivo, chiede l’intervento della Corte dei Conti. Facciamo chiarezza su questi soldi buttati via, dice.
Bertolaso si difende con una mossa eclatante: invita la stampa a fare una visita guidata a La maddalena. Il suo discorso è di un ottimismo che meriterebbe migliore causa. Dice:
Ora faremo la manutenzione. Prima dell'estate qui ci sarà una grande realtà industriale, che farà funzionare questa meraviglia. Stiamo lavorando al bando di assegnazione”.
Dopo due settimane l’assegnazione avviene, con un bando - come dire? - piuttosto allegro. L’ex Arsenale diventa di proprietà della Mita Resort di Emma Marcegaglia. I concorrenti non sono felicissimi di questa conclusione e presentano ricorsi. L’appalto, infatti, è stato fatto direttamente da Bertolaso e la presidente di Confindustria è stata favorita.
In effetti, quando scoppierà lo scandalo del G8, salterà fuori un’intercettazione gustosa. Eccola: «La durata del contratto la decido io, perché è ovvio che voglio sfruttare questi giorni di campagna elettorale, dove Soru pensa ad altre cose», dice Bertolaso parlando al telefono con Balducci.
Dopo due anni spesi per bonificare la zona, arrivano i dati dell’inchiesta svolta dall’Istituto Superiore per la protezione ambientale. Sei ettari di mare di fronte all’ex Arsenale sono inquinati. Non solo ma i livelli sono cresciuti durante i lavori di bonifica. Idrocarburi, arsenico, amianto, cadmio, piombo, rame, mercurio non sono scomparsi. Il risanamento, costato fin qui 31 milioni allo Stato e alla Regione Sardegna, non è bastato a spazzarli via.
Siamo nella primavera del 2010, quando arriva una vera mazzata alla Regione Sardegna. Deve pagare 400 mila euro l’anno di IMU (la tassa sugli immobili) per le strutture dell’ex-Arsenale. Ci si chiede perché non tocchi alla Mita Resort, che si è aggiudicata la gestione per 40 anni, fino al 2050 per 60 mila euro l’anno. Il motivo è questo: il complesso che avrebbe dovuto rappresentare l’inizio di un turismo moderno e raffinato, è passato dalla gestione statale a quella regionale.
La Mita non ne vuole sapere ed è pronta a consegnare le chiavi alla regione. Intanto i lavori di bonifica vengono assegnati a Bertolaso e a suo cognato Francesco Piermarini. La Marcegaglia licenza i dipendenti in Sardegna.
Primavera 2011: Riccardo Rossi, sostituto procuratore di Tempio Pausania, che ha in carico l’inchiesta sulle bonifiche, informa che la zona da ripulire è raddoppiata. Adesso sono 12 gli ettari di fondali che contengono rifiuti tossici: fanghi, amianto, idrocarburi, arsenico, mercurio, metalli pesanti.
Estate 2012: Depositati gli atti dell'indagine che mette sotto accusa varie persone: oltre all'imprenditore edile romano Anemone e suo fratello, ci sono i figli di Balducci. I reati contestati vanno dal riciclaggio all'appropriazione indebita, alle false fatturazioni. Il tribunale del riesame ha confermato il sequestro di beni. Di questo avremo i dettagli tra poco.
Il Senato approva la riforma della protezione civile, a cui venivano affidati grandi eventi (il G8, i funerali di Carol Woytila e così via).
Intanto all’ex Arsenale il colpo d’occhio è tristissimo: muri scrostati, ruggine e nidi d'uccello. Ecco cosa resta del sogno della Maddalena. La struttura che doveva ospitare il G8 ha bruciato 460 milioni. La società della Marcegaglia chiede 10 milioni di danni.
I cittadini insorgono e occupano, in duemila, le strutture destinate al G8. Interviene il ministro dell’ambiente Corrado Clini (il governo è quello disgraziato di Mario Monti). Risultato delle sue promesse? Il sito La Maddalena viene declassato (assieme a molti altri) da sito di interesse nazionale a regionale. Significa meno soldi investiti dallo Stato e il tutto va a carico della Regione.
g809 03Nel 2016 una perizia richiesta dalla Procura di Tempio Pausania, accerta che l’aumento dell’area di mare inquinata è stata causata dalla grave imperizia che ha caratterizzato le operazioni di bonifica. Insomma, La Maddalena è uno dei più chiari esempi di come le cose da noi vengano fatte male: basta guadagnarci dei soldi. Del territorio, dell’ambiente e dei cittadini non frega niente a nessuno.
Dall’ex Arsenale è fuggita anche la Mita Resort. A scoraggiare gli imprenditori privati sono stati gli esiti dell’inchiesta sulle bonifiche mai fatte, inchiesta che vede sotto accusa 17 persone tra cui Guido Bertolaso. La Procura di Tempio ha sequestrato l’area che avrebbe dovuto ospitare un porticciolo e in attesa delle bonifiche vere il progetto è andato a fondo. Ancora inutilizzato anche l’ex ospedale militare trasformato in hotel di lusso. Ma quel gioiello non è mai stato utilizzato: nessun imprenditore ha partecipato alle gare d’appalto per la gestione e nel frattempo la struttura cade a pezzi. 
Saltiamo la cronistoria dei processi di cui parlerò a parte e veniamo all’oggi.
2019-2020: Christian Solinas, presidente della regione Sardegna, viene nominato commissario straordinario per il recupero dell’area dell’ex arsenale. Vengono stanziati 15 milioni. Ma quando si vanno a cercare, non ci sono più. Sono stati destinati ad altro. L’interrogazione di due parlamentari del M5S scopre le carte. Con la nomina ufficiale di Solinas da parte del premier Conte, all’inizio del 2020, i cantieri vengono sbloccati e, finalmente, si può partire. Il presidente sardo accoglie con grande entusiasmo la nomina e, ai propri concittadini, assicura:
Ora finalmente possiamo programmare il futuro e il rilancio di un patrimonio ambientale prezioso, avviando un progetto orientato a creare sviluppo e serie prospettive di occupazione per La Maddalena e per tutta la Sardegna”.
Sono esattamente le stesse promesse fatte da Berlusconi prima e da Bertolaso poi. I sardi sono gente seria e alle favole non sono più disposti a credere.

La bonifica: tante chiacchiere, zero fatti

In mezzo a tutte le vicende spesso grottesche di questa storia, c’è quella importante e che ci interessa particolarmente di una bonifica mai eseguita, con fiumi di denaro pubblico incassati senza alcun ritorno.
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Torniamo indietro di qualche anno, quando al tavolo delle decisioni c’è Ada Lai, capo gabinetto del presidente della regione. Da quel tavolo se ne sono andati tutti, ognuno con un motivo valido. La protezione civile si è appellata alla legge 100 che ridimensiona le sue competenze.  Il governo e il ministero dell’ambiente si sono levati il problema declassando il sito a regionale, Mita Resort si sente truffata, apre un contenzioso contro la protezione civile e non si fa più vedere. Il sindaco Comiti dice “La situazione è paradossale; da quando la nostra isola è sito di interesse regionale tutto è immobile e coloro che sono responsabili di aver inquinato non fanno assolutamente nulla, mentre tutto è ricaduto sul Comune. Qui c'è un responsabile, lo Stato, che non muove un dito".
E c’è di peggio, per il povero sindaco. Una legge regionale, la numero 9 del 2006, consente alla Regione di delegare tutto al Comune. E quindi Comiti si ritrova all'improvviso con una bella gatta da pelare e ben pochi alleati dalla sua. É solo, una specie di capro espiatorio, mentre i delinquenti sono fuggiti col bottino, lasciando sul campo solo macerie e debiti.
Ci sono 12 mila cittadini abbandonati, 114 mila metri quadrati di edifici a terra e 110mila di mare in balia del vento e del sale.
In questo marasma succede di tutto. C’è l’albergo di lusso che doveva dare lavoro ai locali. C’è il cablaggio della fibra ottica, 13 km in totale, che viene abbandonata quando mancano 100 metri alla conclusione, 8 milioni di euro buttati via.
E poi c’è l’inchiesta di Rossi, di cui ho detto. La sorpresa è che l’inquinamento è cresciuto, raddoppiato dopo la prima bonifica. Addirittura che ai vecchi inquinanti se ne sono aggiunti di nuovi. Il motivo è semplice. Nel 2009 i soldi per la bonifica sono pochi, circa 7 milioni, e il tempo ancora meno. Dunque si prendono delle ruspe e si ara il fondale per 50 cm. In questo modo i veleni che per 50 anni la Marina Militare aveva rilasciato in mare vengono smossi e finiscono in acqua, in balia di onde e correnti, invadendo un’area doppia rispetto a quella iniziale fino ad uscire dai confini del parco naturale. Ecco perché il mare attorno alla Maddalena è invaso da mercurio e idrocarburi pesanti. E la bonifica costa, anzi costerebbe il doppio. Il condizionale è d’obbligo perché, in ogni caso, non ci sono fondi per finanziarla.
Quali le conseguenze? Nessuno lo può dire. Nessuno può sapere quanto l’ecosistema di uno dei più bei parchi naturali del Mediterraneo sia compromesso. Seguono la situazione i responsabili del Parco e l’ARPAS.
Nel frattempo per questi reati vengono messe sotto indagine 17 persone, ma nessuno sa, tanto per cambiare, quanto tempo servirà per accertarne le responsabilità.
Tra i 17 inquisiti ci sono nomi noti, che ho già citato, come Bertolaso e Balducci, di cui parleremo dopo, ma anche altri che nella vicenda possono aver avuto un ruolo importante; Marco Rinaldi e Matteo Canu, responsabili dell'impresa appaltatrice delle bonifiche in mare, la "Cidonio" di Roma; il direttore dei lavori Luigi Minenza; l'ingegnere e direttore operativo Riccardo Micciché; il responsabile unico del procedimento Ferdinando Fonti; il provveditore per le opere pubbliche e magistrato delle Acque del Veneto Patrizio Cuccioletta; i "collaudatori" Andrea Giuseppe Ferro e Valeria Olivieri e il segretario della loro commissione, Luciano Saltari; l'ex provveditore ai lavori pubblici per la Toscana Fabio De Santis, l'ingegnere sismico Gian Michele Calvi, il responsabile nazionale dell'Ispra (ministero dell'Ambiente) Damiano Scarcella e il dirigente del ministero dell'Ambiente Gianfranco Mascazzini. Un elenco in cui si rintraccia il filo rosso dei nomi di quella struttura di malaffare battezzata la "Cricca della Ferratella". La Ferratella è il luogo dove ha sede il Dipartimento per lo Sviluppo e la competitività, dove Balducci e soci, decidevano a chi assegnare gli appalti, come vedremo meglio tra poco.
Intanto i turisti a La Maddalena ci vanno sempre meno e l’economia dell’Isola è in pericolo.
Stato, privati, protezione civile: nessuno sente, vede e parla. Per questo il sindaco Angelo Comiti si aggira per l’ex Arsenale ripetendo come in una litania “Tre scimmiette sul comò”. Che, tradotto in un italiano facilmente comprensibile a tutti, significa che, per lo Stato, gli abitanti di La Maddalena non contano proprio niente.
Veniamo al presente, per capire se sono stati portati dei correttivi a questa faccenda della bonifica, poi vi parlerò delle inchieste e dei processi.
Nel 2018 il Comune appalta la bonifica all’azienda Research Consorzio stabile-Thetis costruzioni. Dopo aver ricevuto il via libera anche dal ministero, i lavori si fermano. Perché? Il fatto è che il progetto è vecchio di dieci anni e il sistema di intervento è ormai diventato obsoleto e quindi non idoneo per intervenire a La Maddalena. Le parole dell’assessore ai lavori pubblici Solaris sono chiare. Eccole: «Per le opere della Maddalena sono previste due tipologie di interventi: le bonifiche in capo all’assessorato all’Ambiente, suddivise in due interventi da 5 milioni ciascuno e la riqualificazione urbana in capo al commissario straordinario che è il governatore, trasferita al Comune che ha in corso un contenzioso con la ditta appaltatrice. Sulle bonifiche, tramite l’intervento del presidente, abbiamo dovuto procedere alla riperimetrazione delle aree inquinate da bonificare. L’appalto che abbiamo ereditato prevedeva una tecnica superata da dieci anni: con una piattaforma in cemento si doveva tombare il fondale, operazione divenuta inutile a giudizio dei tecnici. Questo è quello che abbiamo trovato. Il presidente Solinas, in contatto con il ministero, lavora per la riperimetrazione e per la nuova tecnica di bonifica che stiamo sviluppando».
Questo accade nell’estate del 2021.
Nella legge di bilancio, approvata alla fine di dicembre 2021, vengono destinati 10 milioni e mezzo in tre anni per manutenzioni alle strutture che dovevano ospitare il G8. É solo l’ultima goccia di un fiume di denaro pubblico sperperato inutilmente.

La cricca della Ferratella

g809 03La nostra storia è pronta a raccontare ben altro. Credo che ci siamo incuriositi abbastanza per cercare di capire chi c’era dietro, chi ci ha guadagnato, chi sono i corrotti e chi i corruttori di questo imbroglio colossale.
Dobbiamo tornare alla Ferratella, che ricorderete, è il luogo dove ha sede il Dipartimento per lo Sviluppo e la competitività del turismo, che fa capo alla presidenza del consiglio. Di qui passano i cosiddetti “grandi eventi”, cioè le manifestazioni più importanti, come, appunto, il G8, i mondiali di nuoto a Roma, sempre nel 2009, 150 anni dell’unità d’Italia e così via. Tutti questi eventi sono finanziati abbondantemente, spendendo cioè molto più di quello che sarebbe lecito, con soldi pubblici. La gestione di tali fondi è, secondo gli inquirenti, di stampo mafioso, anche se qui Cosa Nostra non c’entra.
Tutto comincia nel 2001 in Toscana, precisamente a Firenze, zona Castello. C’è un appalto per la costruzione della Scuola Marescialli e Brigadieri, che viene vinto dalla società BTP di Riccardo Fusi. Spesa prevista 190 milioni, che diventeranno quasi 400 in pochi anni. Il Ministero delle Infrastrutture impiega cinque anni a capire che il progetto non va bene, perché non garantisce la sicurezza in presenza di terremoti. Fusi fa ricorso e ottiene un risarcimento dallo Stato. Il cantiere passa allora alla Astaldi SpA; siamo nel 2008.
Appare sulla scena Francesco Maria Piscitelli. Se ricordate questo nome è forse perché è uno dei due (l’altro è suo cognato) che se la ridono la notte del terremoto in Abruzzo, pregustando affari d’oro per la ricostruzione.
Piscitelli prende Fusi e lo porta alla Ferratella, dove incontrano il capo in testa, Angelo Balducci e i suoi fedeli scagnozzi, Fabio De Santis e Mauro Della Giovampaola. Fusi è un imprenditore navigato e capisce subito come vanno le cose: sono loro a decidere tutto. Basta oliare le ruote e la macchina si metterà in moto. Ma i carabinieri sono attenti e lo fotografano mentre consegna un preziosissimo orologio a De Santis, nel frattempo diventato Provveditore alle opere pubbliche della Toscana. E l’appalto da quasi mezzo miliardo, piano piano, si sposta da Astaldi di nuovo verso la BTP. Un colpo perfetto, ma le cose non vanno come sperato. Prima di scoprire di cosa si tratta scopriamo come funziona questo sistema di corruzione.
I tre delinquenti della Ferratella hanno poteri molto ampi e gestiscono somme di denaro altrettanto ampie. Inoltre decidono a chi assegnare gli appalti, dietro, ovviamente, compenso adeguato. Uno degli imprenditori a cui fanno riferimento è Diego Anemone, giovane immobiliarista romano ammanicato in mille affari che chiamare poco puliti è un semplice eufemismo.
Anemone è una specie di mago, in grado di soddisfare qualsiasi esigenza in tempi strettissimi. Non solo denaro, ma terreni, immobili, auto di lusso, ristrutturazioni, le immancabili prostitute, delle quali usufruire in sistemazioni di relax o direttamente a casa propria.
Quando gli inquirenti redigono la relazione a proposito di Guido Bertolaso, di cui parleremo tra poco, si legge: “È alquanto inquietante che sussistano rapporti di collusione (che definire sospetti è mero eufemismo retorico) tra l'introdottissimo Diego Anemone e il potente sottosegretario e capo della Protezione civile Guido Bertolaso (coinvolto nella gestione economica degli appalti aggiudicati con la normativa cosiddetta dei "grandi eventi") che, come risulta inequivocabilmente dalle intercettazioni telefoniche, frequenta spesso e volentieri Anemone e le sue strutture, per così dire, di ‘relax’."
g809 03Ovviamente Anemone è grato ai tre della Ferratella, ai quali vanno omaggi (parola che dovete immaginare tra molte virgolette) di vario genere. É abbastanza avvilente per chi si rompe la schiena per sopravvivere ascoltare l’elenco che segue, ma tant’è.
A Balducci sono destinati: due cellulari, personale di servizio nella proprietà di Montepulciano, autovettura BMW serie 5; una Fiat 500 per sua moglie; fornitura di mobilio per la proprietà di Montepulciano; esecuzione di lavori di manutenzione e riparazione nelle proprietà di Roma e Montepulciano; assunzione del figlio Filippo, al quale va anche una BMW del valore di 71 mila euro, la ristrutturazione dell’appartamento a Roma, con fornitura di arredi vari. E poi viaggi su aerei privati, soggiorni in Sardegna e altre quisquiglie ancora.
Ai suoi accoliti non va meno bene, anche se è Balducci quello da oliare meglio di tutti. Tra le altre cose emergono per i suoi due compari regali dello stesso tipo con l’aggiunta, per De Santis, di prestazioni sessuali a pagamento a Venezia e Roma, regolate ovviamente dal giovane Anemone.

La posizione di Bertolaso

E Bertolaso? Adesso vediamo cosa succede anche a lui.
Possiamo cominciare da quello che scrive il giudice per le indagini preliminari.
Sono emerse dalle intercettazioni telefoniche conversazioni nelle quali il Bertolaso viene menzionato o è uno degli interlocutori (...) È emerso che lo stesso Bertolaso intrattiene rapporti diretti con l'imprenditore Diego Anemone con il quale si incontra spesso di persona e in previsione dei quali Anemone si attiva di persona alla ricerca di denaro contante, tanto che gli investigatori ritengono abbia una certa fondatezza supporre che detti incontri siano stati finalizzati alla consegna di somme di denaro a Bertolaso.”
In realtà le prove non ci sono, si tratta solo di ipotesi. Sono invece documentati, grazie a intercettazioni telefoniche, i favori sessuali fatti da Anemone a Bertolaso.
I legami malavitosi sono diversi, si intrecciano vicende di aziende in cui compaiono anche le mogli dei due boss, Anemone e Balducci. Poi arriva il terremoto abruzzese. Come accennato, se per tutti noi è solo una tragedia di fronte alla quale non si può che avere pietà e tristezza, per gli imprenditori è un enorme colpo di fortuna. La ricostruzione infatti garantirà contratti e cantieri per un sacco di tempo e un sacco di denaro. Se si può mettere le mani su quegli appalti è tutto grasso che cola.
Pochi giorni dopo il sisma, Balducci chiama Anemone e gli dice: “Ti rendi conto? Chi oggi al posto mio si sarebbe mosso?” riferendosi al fatto di aver favorito le aziende di Anemone per la ricostruzione. E chiede di più, per il figlio Filippo, che troverà puntualmente una sistemazione adeguata.
Si arriva così a conoscere una delle cose che hanno schifato di più gli italiani. Francesco Maria Piscitelli, direttore tecnico dell’impresa Opere Pubbliche di , telefona al cognato Gagliardi. Dalle parole dei due si capisce che si aspettano le decisioni di Balducci sugli appalti. Ecco la conversazione intercettata:
Alla Ferratella occupati di sta roba del terremoto perché qui bisogna partire in quarta subito, non è che c'è un terremoto al giorno".
"Lo so", e ride.
"Per carità, poveracci".
"Va buò".
"Io stamattina ridevo alle tre e mezzo dentro al letto".
Poi, ecco un secondo colpo di scena. Un po’ di pazienza e ne parliamo.

Grazie a stampa e televisione

Il colpo di scena non ha a che fare con gli inquirenti, che stanno lavorando sotto traccia o con giudici e pubblici ministeri. Il pericolo per “la cricca della Ferratella” arriva dai mezzi di comunicazione. In particolare da due trasmissioni televisive: Annozero di Michele Santoro, all’epoca in onda sulle reti RAI con un servizio del giornalista Fabrizio Gatti e Report di Milena Gabanelli. La banda si organizza e manda una talpa, un amico di Gatti, a cercare di capire quanto ne sanno per davvero. Poi però salta tutto. Due giornalisti di Repubblica, Paolo Berizzi e Fabio Tonacci, pubblicano un dossier su Repubblica, che racconta ogni cosa: intrecci, intrallazzi, corruttori e corrotti. É l’inchiesta che abbiamo seguito per questa trasmissione.
La reazione dei malfattori a questo punto dovrebbe essere quella di un silenzio tombale per evitare di peggiorare la situazione. Ma loro si agitano, infittiscono le chiamate tra loro, facendo in questo modo un grande favore alle forze dell’ordine che hanno sempre più materiale da vagliare.
Chiamano anche Camillo Toro, figlio del procuratore aggiunto di Roma, Achille Toro, responsabile del pool che si occupa dei reati contro la pubblica amministrazione per sapere cosa sta succedendo. La risposta è chiara: “Ci sono grossi problemi giudiziari in arrivo.
Le indagini sono terminate e, nel febbraio 2010, ci sono i primi arresti. I tre della Ferratella finiscono al fresco. Bertolaso è indagato per concorso in corruzione. Finisce dentro anche Diego Anemone. Nei giorni seguenti i giornali nazionali riportano in prima pagina la vicenda e i titoli a nove colonne si sprecano. Troppo fresco ancora il dolore per le centinaia di morti abruzzesi per tollerare che su di essi si potesse speculare.
Le informazioni degli inquirenti sono precisissime. Gli appalti truccati riguardano un sacco di opere pubbliche: lo stadio centrale del tennis del Foro Italico, il nuovo Museo dello sport italiano a Tor Vergata, il completamento dell'aeroporto internazionale dell'Umbria, il palazzo delle conferenze e la residenza dell'Arsenale alla Maddalena, tanto per cominciare.
g809 03Nella melma finisce anche un ministro, Claudio Scajola, che vive in una casa da un milione di euro, vicina al Colosseo, pagata da Anemone. “Io non ne sapevo nulla” dice in una intervista famosa. Finisce sotto processo. I suoi avvocati puntano alla prescrizione, tecnica ormai abituale per i politici inquisiti. La tattica viene puntualmente premiata nel 2014 dopo che il pubblico ministero ha chiesto una pena di tre anni di carcere. Scajola, comunque, esce dalla scena politica italiana e avrà altre visite della giustizia in relazione all’uccisione di Marco Biagi (2002) e per aver favorito la latitanza dell’ex parlamentare Amedeo Matacena, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa. Insomma un bel personaggino, che è stato per ben 4 legislature un deputato e quindi “onorevole” e per 8 anni ministro nei governi di Silvio Berlusconi. Compare in una serie infinita di casi giudiziari, dai quali esce perché vengono archiviati, perché viene assolto o perché sono scaduti i termini di prescrizione.
Ma, sapete come vanno le cose in questo nostro strano paese: oggi Scajola fa il sindaco di una importante città italiana in Liguria.
L’inchiesta si sposta a Perugia. Achille Toro e suo figlio Camillo, accusati di aver divulgato informazioni riservate, patteggiano nel 2011 sei mesi con sospensione della pena.
Poi l’indagine si sposta ancora, a Roma. Si procede con rito immediato. Balducci e De Santis sono condannati a tre anni e 8 mesi per corruzione aggravata, Piscitelli a 2 anni e 8 mesi, Fusi a 2 anni. Per gli altri si attendono ulteriori sviluppi delle indagini.
Piscitelli decide di vuotare il sacco e comincia a fare i nomi di altre persone coinvolte. C’è suo cognato Pierfrancesco Gagliardi (è l’altro idiota che ride dei morti de L’Aquila); c’è Diego Verdini, all’epoca coordinatore nazionale del PDL di Berlusconi, strenuamente difeso dai suoi colleghi di partito; c’è Antonello Colosimo, giudice della Corte dei Conti e altri funzionari della Ferratella.
C’è anche l’ex generale della guardia di Finanza, Francesco Pittorru, ci sono le mogli di Anemone e Balducci.
Per alcuni beni di famiglia scatta una misura di prevenzione che solitamente si applica ai beni confiscati alla mafia, al fine di evitare la prescrizione. Si parla di decine di milioni di euro, certo non in sintonia con gli stipendi dei soggetti indagati.
Nel luglio 2018 i pubblici ministeri Felici e Calò chiedono dieci condanne e l’intervenuta prescrizione per Bertolaso. Il processo va avanti come sempre in Italia: lentamente! Finalmente ci siamo e si fissa la data per le sentenze: il 18 gennaio 2018.
Nei dettagli le richieste sono, tra le altre:
9 anni e 2 mesi per l’ex presidente alle opere pubbliche Angelo Balducci,
9 anni per l’imprenditore Diego Anemone
6 anni e mezzo per il fratello Daniele.
I due pm, nella loro requisitoria sottolineano che “l’associazione di fatto tra Anemone e Balducci va oltre gli schemi di corruzione cui siamo abituati: siamo di fronte a uno dei più gravi casi di corruzione nell’Italia dal dopoguerra per il danno enorme alla pubblica amministrazione con interi settori assoggettati al gruppo. È una sorta di corruzione 2.0 creata attraverso una rete di rapporti illeciti con soggetti di alto profilo istituzionale, con ripetuti e ingenti vantaggi a pubblici funzionari perché venissero meno ai loro doveri”.
Pene minori sono chieste per gli altri imputati, ad esempio 5 anni per il generale Francesco Pittorru.
Ci sono, prima delle sentenze, passi avanti nel tentativo di trovare un accordo tra stato, regione, protezione civile e privati per recuperare quel tratto di mare e di costa e riportarlo ad essere bello e pulito come una volta.
Bisognerà attendere qualche settimana in più, ma alla fine le sentenze arrivano. É l’8 febbraio 2018.
Sei anni e sei mesi di reclusione per Angelo Balducci, ex presidente del Consiglio per le Opere pubbliche. Sei anni per l’imprenditore Diego Anemone.
In relazione agli appalti del G8, Guido Bertolaso viene assolto perché “il fatto non sussiste”.
Il 31 marzo 2021 Bertolaso e l’allora funzionario della Protezione Civile Angelo Borrelli vengono assolti dalla Corte dei Conti perché “il fatto non sussiste” dato che non c’è stato un danno erariale.
Condanne arrivano per Francesco Pittorru, 4 anni per corruzione e Fabio De Santis, 4 anni e mezzo per associazione a delinquere. E poi le prescrizioni, come nel caso del figlio di Anemone, Daniele.
Già, ma resta la questione delle bonifiche, di cui ho raccontato stasera. I terreni messi a soqquadro, il mare superinquinato e tutto il resto. Il processo si tiene a Roma, e si conclude nel giugno del 2018, con una sentenza, credo lo si possa dire senza timore, inattesa e inquietante. Un processo che, dopo anni di slittamenti per mancate notifiche e altre quisquiglie procedurali, non si è mai tenuto. C’è voluto troppo tempo e i reati sono tutti prescritti. Ciò significa che nessuno paga, ma la devastazione del territorio e l’inquinamento del mare sono là a testimoniare che i reati ci sono stati, eccome. Sei personaggi minori vengono accusati di peculato e rinviati ad altro procedimento.
Ambiente rovinato, prospettive pessime, soldi pubblici volati via non si sa dove. Questa è l’Italia, cari amici … 

Conclusione

Prima di chiudere, voglio sottolineare che, comunque sia, qualunque siano le conclusioni dei tribunali, il giudizio politico o, se preferite, quello storico è ben definito. In effetti le considerazioni che emergono da queste vicende sono di due tipi. Da un lato la soddisfazione di vedere puniti o quanto meno smascherati dei delinquenti, tutelati dal loro potere, o, come nel caso di Verdini, dai suoi colleghi parlamentari. Dall’altro l’amarezza di avere la conferma che, in questo paese, il marcio è ovunque e che, probabilmente, per un bubbone scoperto, chissà quanti altri operano nell’ombra, in silenzio, a danno della nazione e dei suoi cittadini, senza che nessuno sappia nulla. Certo la fiducia nella magistratura, almeno da parte mia, è grande, ma quando leggo delle difficoltà enormi delle corti di giustizia e delle forze dell’ordine a compiere il proprio lavoro, quella fiducia trema, vacilla e spesso si spezza.