Via Poma: Cesaroni Premessa  


omicidi20L’ultimo caso di cui ci occupiamo non è un delitto in senso classico; l’accusa più grave attribuita agli imputati è di omicidio colposo, cioè senza premeditazione. Ma i morti ci sono e sono tanti, con ogni probabilità ben più dei 19 registrati.
L’arma del delitto è il vino, opportunamente tagliato col metanolo. La vicenda emerge nel 1986 ed è la più grave sofisticazione alimentare italiana. Certo non l’unica e non solo da noi.
Tra tutte, ricordo che, all’inizio degli anni ’80, scoppia quella dell’olio di colza denaturato, che provoca in Spagna circa mille morti e 25 mila casi di danni gravi alla salute. In questo caso viene messo in commercio olio industriale raffinato, con il colore cambiato. Insomma una porcheria immane.
Qualcuno ricorderà, per restare da noi, i pompelmi avvelenati a Roma nel 1988, i panettoni finiti nel mirino dei terroristi, i mangimi alla diossina nel 1999, le bottiglie di acqua minerale siringate nei supermercati. Insomma di fatti ce ne sono stati un bel po’.
Ma il vino al metanolo ha avuto un impatto terribile sui consumatori, terrorizzati dai morti che il telegiornale continuava ad elencare, e sui produttori con un crollo delle vendite del vino.
Di cosa si tratta dunque?
Per alzare la gradazione di un vino occorre aggiungere zucchero oppure alcol metilico, composto organico molto tossico. C’è un limite all’uso di questa sostanza, fissato da una legge del 1965: il 3 per mille per i rossi e il 2 per mille per i bianchi. Se si eccede, l’organismo subisce dei danni e, per un uomo sano, la dose di 150 millilitri per litro è letale. Se uno non sta benissimo o è un alcolista, basta anche molto meno per morire.
Eppure il vino al metanolo è stato da sempre messo in commercio. La morte di quei poveri disgraziati è stata, per tutti gli altri, una fortuna, perché altrimenti si sarebbe continuato a bere vino al metanolo, con morti più diluite nel tempo e nessuno si sarebbe accorto di niente.
Nella primavera del 1986, alcune persone si presentano in ospedale con gli stessi sintomi: forti dolori alla testa, nausea, abbassamento della vista. Dopo le prime morti, un’indagine nelle case di queste persone, fa scoprire, in tutte, lo stesso tipo di vino: un barbera da tavola e un banco da tavola, imbottigliato dall’azienda “Vincenzo Odore” delle colline astigiane. Vino regolarmente venduto nei supermercati di grandi catene di distribuzione.
Il primo decesso, e la maggior parte dei seguenti, avviene a Milano. Le indagini arrivano presto a capire tutto. 1200 ditte vengono controllate, decine di migliaia di ettolitri requisiti e saltano fuori responsabilità a vari livelli: imbottigliatori, commercianti e soprattutto i trafficanti di alcol metilico.
Il governo è responsabile indiretto di questo dramma. Infatti, togliendo, nel 1985, l’imposta sul metanolo, dà il via ad una vendita indiscriminata di questa sostanza, abbattendone il costo.
Le 19 vittime, come detto, non sono probabilmente le sole. Ce ne sono sicuramente altre la cui morte non è tata fatta risalire a questa causa. Sappiamo però che ci sono stati 15 casi di lesioni permanenti, tra cui 11 di completa cecità.
Gli imputati sono in tutto 21, a partire da Giovanni e Daniele Odore, della ditta omonima, quella da cui tutto sembrava essere partito.
Tra gli altri anche Giovanni e Daniele Ciravegna, titolari di una cantina dalla quale è uscita una partita di vino trattata con quantità di metanolo così elevate da provocare avvelenamento acuto nei consumatori.
omicidi20Le accuse sono di omicidio volontario plurimo aggravato per un gruppo, attraverso la sofisticazione di sostanze alimentari. E poi, per 9 imputati, c’è anche l’associazione a delinquere finalizzata al commercio di alcol metilico. La quantità di questa sostanza messa in commercio viene valutata, complessivamente, in 2621 quintali.
Nel processo di primo grado ci sono dodici condanne e una assoluzione (la situazione di qualcuno degli imputati era stata archiviata in precedenza). 16 anni la pena più grave per tre imputati e via via pene minori di 13 anni, dieci anni, tre anni.
Oltre a questo c’è l’aspetto del risarcimento, che, deve essere giudicata attraverso un procedimento civile, ma la corte indica anche gli importi, variabili da 20 a 300 milioni a seconda dell’età e, udite udite, della condizione sociale dei danneggiati. Anche il ministero del tesoro, le Regioni Piemonte ed Emilia Romagna hanno diritto ad un risarcimento: un miliardo per il Piemonte, 300 milioni per l’Emilia. I successivi gradi di giudizio confermano le sentenze, con qualche leggero ritocco delle pene, ma senza modificare i termini della sentenza di primo grado.
La vicenda del vino al metanolo torna alla ribalta nel giugno 1994 quando Giovanni Ciravegna, uno dei principali responsabili, presenta un memoriale ai giudici della Procura di Torino. Dagli accertamenti svolti dai magistrati torinesi e astigiani vengono a galla accordi corruttivi tra commercianti e pubblici funzionari, oltre a presunte frodi sui contributi Cee all’imprenditoria vinicola. I reati sono avvenuti in un arco di tempo di quasi una quindicina d’anni, ma ormai la scure della prescrizione ha chiuso ogni discorso.
Le famiglie delle vittime stanno ancora aspettando ...
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