Non so se qualcuno di voi ha già sentito il termine “event attribution science”. Non vi preoccupate, si tratta di un ramo della scienza piuttosto recente e molto interessante. Mi scuso se sarò un pochino pedante, ribadendo alcuni concetti che, chi mi segue, avrà letto ormai molte volte, ma qui serve proprio, per poi capire meglio di cosa sto parlando.
meteoclimaCominciamo dunque con il dire che clima e tempo (o meteo se preferite) non sono affatto la stessa cosa. Certo sono collegati o correlati come dicono quelli che sanno. Il clima descrive i modelli meteorologici per lunghi periodi di tempo e quindi riguarda anche quello che succede oltre le nuvole: le grandi correnti d’aria come “el Ninho”, che riscalda le acque degli oceani e le correnti marine come quella del golfo, che trasporta calore dal golfo del Messico fino alle regioni nordiche verso l’Artico.
Il tempo si riferisce, invece, ad eventi specifici, come giornate calde o temporali. Insomma se volete fare un picnic il prossimo weekend, dovrete preoccuparvi del meteo, del tempo, non del clima in generale, anche se, come vedremo, quest’ultimo influenza, eccome, la nostra possibilità di starcene tranquilli in mezzo ad un prato.
Questa sera parliamo di condizioni climatiche estreme. Di cosa si tratta?
Ondate di calore, siccità, incendi, uragani, tornado, inondazioni sono tutti esempi di questo tipo di eventi. Purtroppo sono termini che, da qualche anno, sono entrati nel nostro vocabolario, nei notiziari, nelle pagine dei giornali, anche da noi, mentre prima erano tipici di altre zone del pianeta, quelle prossime ai tropici e all’equatore.
Quando avvengono fatti di questo genere, si trascinano dietro conseguenze sempre drammatiche. Quando va bene e non ci sono morti, c’è sempre un conto da pagare in termini economici. La distruzione di centri abitati, quella di coltivazioni agricole e quindi di cibo e così via. Uno degli ultimi esempi è quello che è avvenuto proprio qui, nel Veneto, verso la fine di Agosto 2020, con una serie impressionante di nubifragi.
Quando qualcosa accade noi, che siamo curiosi e abituati a ragionare in modo scientifico, ci chiediamo sempre quali cause hanno generato il fenomeno. Nel caso specifico degli eventi estremi ci chiediamo se alla base di tutto ci sono i cambiamenti climatici in atto.
“meteoPermettetemi una brevissima digressione. Oggi non si parla più di cambiamenti climatici, la cui esistenza è ormai conclamata e accettata da tutti quelli che non hanno interesse specifico a negarlo (probabilmente vi vengono in mente i nomi di Trump e Bolsonaro). Si parla più correttamente di emergenza climatica, dal momento che la società, e più precisamente l’economia e la politica, hanno fatto di tutto per arrivare tardi, troppo tardi, a cercare di rimediare ai guasti subiti dall’ambiente.
Dunque ci interessa sapere se c’è una causa a questi effetti, vale a dire se i cambiamenti climatici sono o no responsabili degli eventi estremi che ho citato prima.
É abbastanza ovvio che, per trovare questo legame, serva un’analisi seria, condivisa e soprattutto che segua il metodo scientifico e non le fantasie di chi è un negazionista per professione … vale anche per il COVID, perché chi ne nega l’esistenza, pensate un po’, è un negazionista nientemeno che di Trump e Bolsonaro … fate un po’ voi!
Ma torniamo al nostro quesito. A Boulder, in Colorado, c’è un centro nazionale (ovviamente statunitense) che si occupa dell’informazione ambientale. É qui che lavora Stephanie Herring, una delle scienziate più in vista della NOAA, l’Amministrazione nazionale atmosfera e oceani degli Stati Uniti. Per chi sa l’inglese e fosse interessato ad approfondire quello che sto per raccontarvi in breve, segnalo una sua intervista riportata dal sito futureoflife.org (link all’articolo) dell’ottobre 2019.
La Herring avverte subito che non c’è modo di rispondere alla domanda sulle origini dei disastri, in quanto qualunque evento meteorologico può accadere casualmente, come parte di una variazione naturale del tempo. Ma la ricerca è importante: possono i cambiamenti climatici aver peggiorato questa situazione, tanto da diventarne la causa principale?
Questa ricerca è conosciuta come scienza dell’attribuzione, da cui il termine inglese event attribution science. Si tratta di una cosa piuttosto complicata, continua la Herring, ma gli scienziati, negli ultimi anni, hanno sviluppato tecniche sempre più raffinate e sicure.
La cosa più importante è fare le domande giuste. Poi la scienza ha elaborato modelli matematici, gestiti dai computer che possono rispondere correttamente.
La Harring fa un esempio che trovo molto illuminante. Dice: pensate di dover analizzare il comportamento di un giocatore di baseball che nell’ultima partita ha effettuato 10 fuori campo, risultato davvero stupefacente di chiunque si tratti.
Quell’atleta è stato davvero straordinario oppure ha barato in qualche modo? Come si può saperlo con certezza? Bene, con una quantità sufficiente di dati e una matematica piuttosto elaborata, potrebbero emergere risposte affidabili a queste domande.
Gli scienziati sostengono da molto tempo che i cambiamenti climatici avrebbero peggiorato e reso più frequenti alcuni eventi meteorologici estremi. La scienza di attribuzione, la event attribution science, ha cominciato a dare risposte positive in questo senso. Può mostrare non solo che un collegamento è reale, ma anche quanto forte è. Come?

Responsabilità dell’uomo

“meteoEd è proprio seguendo questo nuovo modo di interpretare i fenomeni che gli scienziati arrivano alla conclusione che, mano a mano che passa il tempo, diventa sempre più evidente che dietro a questi fenomeni estremi c’è la responsabilità dell’uomo.
Mentre aspettiamo che termini quest’anno così funesto per molti motivi e che risulterà essere, secondo le stime attuali, l’anno più caldo di sempre, possiamo rivedere un documento di qualche tempo fa, che analizza il precedente quinquennio, quello tra il 2011 e il 2015. Anche quegli anni sono stati i più caldi di sempre. C’è una specie di rincorsa ad un nuovo record ogni volta che si analizzano i dati alla fine di ogni singolo anno.
Ma, andare a rivedere quei dati e le conclusioni che ne ha tratto il WMO, l’Organizzazione Meteorologica Mondiale, è interessante, perché così scopriamo (o meglio confermiamo) che la questione che pongo oggi non è certo una novità e che, già allora, tutti potevano sapere esattamente cosa stava succedendo. In questo caso, dunque, non aver fatto nulla o aver fatto troppo poco, è un delitto ancora più grave.
Anche allora si procedeva con molta cautela, sostenendo che molti di quei fenomeni probabilmente sarebbero accaduti lo stesso, ma l’aumento delle emissioni di gas serra in atmosfera ne ha incrementato il rischio di un fattore fino a oltre 10 volte. E siccome i gas serra in atmosfera non ci finiscono certo per caso o per qualche strana coincidenza galattica, la conclusione sulle responsabilità dell’uomo sono presto tratte.
I segnali di questo degrado ambientale sono arcinoti: basterebbe considerare la scomparsa di ghiacciai e la riduzione spaventosa del ghiaccio polare, per non parlare del costante innalzamento del livello del mare.
E poi ci sono le misurazioni che nel 2015 segnalano la presenza in atmosfera di 400 parti per milione di gas serra, una soglia simbolica, considerata quella dalla quale non si può più fare ritorno senza bloccare completamente per molti decenni le attività attuali come sono gestite adesso. Oggi, nel 2020, la situazione è ancora più complicata e quel numero è cresciuto ancora, il che significa che non è stato possibile fare marcia indietro.
“meteoIl rapporto del WMO è accompagnato da altri studi di quegli anni, ad esempio il Bollettino della Società Americana di Meteorologia. In questi si mostra come il cambiamento climatico antropogenico (cioè provocato dall’uomo) ha contribuito agli eventi registrati.
Difficile coprirsi gli occhi e continuare a negare le evidenze, come spiega il segretario generale della WMO, Petteri Taalas “Gli effetti del cambiamento climatico sono stati costantemente visibili su scala globale dal 1980: l’aumento della temperatura sia terrestre che marina, l’innalzamento del livello del mare, lo scioglimento dei ghiacci. Questo ha aumentato i rischi di eventi estremi come ondate di calore, siccità, pioggia record e inondazioni”.
Se queste cose sono state dette cinque anni fa, non si riesce a capire dove fossero i responsabili delle decisioni, i magnati dei combustibili fossili, i grandi e superpagati manager delle multinazionali, i responsabili delle decisioni politiche. Possibile che nessuno di loro avesse dei figli di cui tutelare il futuro?
Cerchiamo di essere chiari fino in fondo. Perché credo tutti capiscano che quei fenomeni estremi procurano danni economici spesso gravissimi, soprattutto se avvengono in zone, come le nostre, non abituate alla situazione. Per questo oggi più che cercare di fermare i cambiamenti del clima, si cerca di adeguare le nostre vite e le nostre strutture ad affrontare una nuova drammatica realtà.

Intervenire perché la gente muore

Così, ma è solo per fare un esempio, qualche amministratore intelligente ha cominciato a piantare alberi nelle città, alberi a milioni per tentare di ridurre le temperature e quindi le ondate di calore. Già, perché gli eventi di cui stiamo parlando costano vite, costano molte vite in giro per il mondo. E non si tratta di qualche sventurato qua e là, si parla di milioni di esseri umani che sono morti, ammazzati dai fenomeni estremi e, dunque, da chi li ha provocati.
“meteoForse qualcuno potrà pensare che i paesi più colpiti siano quelli della fascia centrale della Terra, come le Filippine o gli stati meridionali dell’America, dove uragani e tifoni sono di casa. Ma le cose non stanno così.  Ci sono molti documenti al riguardo. Faccio riferimento ad uno del dicembre 2019, l’ultimo completo per valutare quello che accade di anno in anno. É realizzato da German Watch, una onlus che opera dal 1991 a Bonn, in Germania, e che cerca di influenzare le politiche pubbliche in materia di commercio, ambiente e relazioni tra i paesi del nord industrializzato e del sud sottosviluppato. La classifica dei morti nel decennio 2010-2019 vede ai primi posti Giappone, Filippine, Germania, Madagascar, India. L’Italia nel 2018 è stata sesta in questa triste classifica. C’è da notare come, accanto a paesi che tradizionalmente sono coinvolti in disastri ambientali ci siano paesi industrializzati come Giappone, Germania, Italia, Canada. La differenza tra paesi ricchi e poveri, che quindi hanno meno difese contro gli eventi estremi di cui stiamo parlando, questa differenza si sta sempre più assottigliando e responsabile di questo non può che essere un cambiamento del clima mondiale.
Lo stesso report fornisce dati numerici relativi all’Italia. Negli anni 2000 fino al 2018 abbiamo avuto perdite per 33 miliardi di euro e un numero di decessi che sono stati in media di circa mille ogni anno. Magari questo dato potrà non fare impressione, ma stiamo parlando di morti provocati, alla fine dei conti, dalla pioggia.
Tra i settori più colpiti, ovviamente, l’agricoltura. Secondo Coldiretti nel solo 2018 ci sarebbero stati danni per 14 miliardi di euro.
Come si fa a fare dei conti in questi casi? Ci pensano le grandi compagnie di assicurazione come la MunichRE, che analizzano giorno per giorno quanto succede alle proprie polizze. A questo proposito vale la pena di sottolineare come, comunque, il danno causato dai cambiamenti climatici sia più grave nei paesi poveri. David Eckstein, uno degli autori del report tedesco, afferma: “L’indice di rischio climatico mostra che i cambiamenti climatici hanno impatti disastrosi soprattutto per i paesi poveri, dove nessuno è assicurato, ma causa anche danni sempre più gravi in paesi industrializzati come Giappone o Germania, diventando un rischio anche per le compagnie assicurative.
Dunque quando parliamo di conseguenze drammatiche di eventi estremi, provocati dalla emergenza climatica che viviamo non parliamo di fantasie. 

Eventi estremi: dove e come

Tornando al nostro tema di partenza, quello della event attribution science, raccogliamo ancora una dichiarazione di Sonia Seneviratne del Politecnico di Zurigo, la quale afferma: “Vediamo emergere dei segnali che non avrebbero avuto praticamente nessuna probabilità di accadere senza cambiamenti climatici indotti dall’uomo“.
I casi più eclatanti per quanto riguarda l’Europa sono le ondate di calore, particolarmente letali nelle città, ma che inducono a volte anche incendi che si accompagnano alla deforestazione provocata dall’uomo e da alcuni governi criminali come quelli indonesiano e brasiliano. Ogni anno si aggiungono record a record. Nella prima metà di questo 2020 sono andati in fumo 9 mila km² di boschi, mai così tanti nella storia.

Calore e umidità

“meteoCredo che molti sappiano che esiste una temperatura assoluta e una percepita. I 30° Celsius a Padova o a Parma, in città con un alto tasso di umidità sono percepiti dall’uomo in modo molto diverso, molto peggiore, che in zone asciutte o ventilate, ad esempio in montagna o in collina
Questo ha una spiegazione fisica molto semplice. La sudorazione non è altro che l’evaporazione di liquidi (soprattutto acqua) dal nostro corpo. É questo fenomeno che regola (o cerca di farlo) la nostra temperatura. Infatti, per evaporare, le molecole di sudore hanno bisogno di sottrarre energia alla pelle, e questa dunque si raffredda. Se acceleriamo la sudorazione, ad esempio con il vento o con l’aria di un ventilatore, sentiamo fresco, anche se la temperatura dell’aria non cambia di una virgola.
Se l’ambiente in cui le molecole del nostro sudore devono entrare è asciutto, c’è per loro tutto lo spazio necessario e quindi il travaso avviene senza problemi. Se, al contrario, l’ambiente è saturo d’acqua e quindi molto umido, questo travaso viene contrastato e il fenomeno avviene molto a rilento con poca energia sottratta alla nostra pelle e quindi con poca riduzione della temperatura corporea.
Insomma, per farla breve, l’umidità gioca un ruolo importante, come la temperatura, sul nostro benessere fisico.
Ed è proprio questo che spaventa gli osservatori. Nel futuro si prevedono sì eventi climatici estremi di calore, ma anche di umidità. La loro combinazione può raggiungere livelli al limite della sopravvivenza umana.
C’è un recente studio della Columbia University di New York, pubblicato su Science Advances, una delle più importanti riviste scientifiche online, con sede a Washington D.C. In questo studio appare un’analisi che mostra come questo futuro fatto di calore e umidità non è poi così lontano. E, per sostenere questa tesi, identifica migliaia di eventi climatici senza precedenti di umidità combinata al calore avvenuti in Asia, Africa, Australia, Sud America e Nord America, compresa la regione della costa del Golfo. Questi “focolai” di umidità e calore sono stati finora limitati ad aree localizzate e sono durati solo poche ore, ma stanno aumentando in frequenza e intensità.
Analizzando i dati delle stazioni meteorologiche dal 1979 al 2017, gli autori hanno scoperto che gli eventi climatici estremi di umidità e calore sono raddoppiati nel corso del tempo. In più, livelli potenzialmente fatali sono stati registrati già 14 volte in diverse città del Golfo Persico.
Il sud-est degli Stati Uniti ha già vissuto decine di episodi di eventi climatici estremi di umidità combinata al calore, soprattutto nel Texas orientale, nella Louisiana, nel Mississippi, in Alabama e in Florida. Non sorprende che i fenomeni si siano concentrati sulle coste, dove l’evaporazione dell’acqua di mare fornisce abbondante umidità che viene aspirata dall’aria calda. Nelle aree più interne, i venti monsonici, carichi di umidità e le vaste zone di irrigazione agricola sembrano svolgere lo stesso ruolo.
Commentando lo studio, Steven Sherwood, climatologo dell’Università australiana del Nuovo Galles del Sud, ha dichiarato: “Queste misurazioni ci dicono che alcune aree della Terra sono molto più vicine del previsto al raggiungimento di livelli di calore prolungato intollerabili. In precedenza, si pensava che avessimo un margine di tempo molto più ampio“.

E in Italia?

“nubifragio”Anche nel nostro paese vengono fatti studi accurati su questi argomenti. Vi voglio riferire di uno del 2019, con dati riferiti al 2018, che, fotografa una situazione che si è poi mantenuta identica negli anni successivi e fino ad oggi.
Lo realizza l’ISPRA, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale. É risaputo che, a Parigi nel 2015 alla COP indetta dall’ONU, era stato raggiunto un accordo, poi aggirato dagli imbecilli di turno, come Trump, Bolsonaro e altri eminenti geni del male. Secondo questo accordo occorreva evitare che la temperatura media del pianeta aumentasse di più di 1,5 °C entro il secolo in corso, altrimenti la razza umana difficilmente sarebbe sopravvissuta.
Questo dato è il risultato di una serie enorme di ricerche, calcoli, simulazioni, modelli matematici elaborati da un grande numero di Università e di centri di ricerca di tutto il mondo. Come stanno andando le cose? Ecco cosa ci dice l’ISPRA a proposito del nostro paese, che, meglio sottolinearlo, non è certo quello messo peggio in questo particolare campo.
Nel 2018 si è registrato un nuovo valore massimo di temperatura media annuale, con uno scarto rispetto al valore climatologico di riferimento 1961-1990 di ben più 1.71°C.  E non è stata l’estate a scombussolare la media: tutti i mesi 2018 – ad eccezione di febbraio e marzo – sono stati più caldi della norma. Si tratta, spiega l’ISPRA, del 28° anno consecutivo con un’anomalia positiva, e gli incrementi più consistenti si sono registrati proprio negli ultimi anni. A crescere è stata anche la temperatura minima: un più 1.68 °C che ha superato il precedente record del 2014 (+1.58 °C).
Tra gli eventi estremi, di particolare rilievo i fenomeni associati al ciclone denominato Vaia – spiega l’Istituto – che ha investito gran parte del territorio nazionale tra il 27 e il 30 ottobre: venti di straordinaria intensità, con medie orarie fino a 120 km/h e raffiche fino a 200 km/h hanno soffiato insistentemente per diverse ore sulla nostra Penisola, causando, tra l’altro, danni ingenti ed estesi al patrimonio forestale dell’arco alpino”.
Proviamo a concludere. Riprendo le parole pubblicate su Rinnovabili.it pochi giorni fa.“meteo “E più eventi come questi diventano estremi, più il confronto con le serie storiche porta gli scienziati a concludere con maggiore certezza che dietro a uno specifico evento c’è la mano dell’uomo. Per avere un’idea di quanto si stia velocizzando questo processo, basta pensare che agli scienziati sono bastati pochi giorni per identificare i cambiamenti climatici come principale responsabile delle recenti temperature record registrate in Siberia, che hanno innescato vasti incendi delle foreste e delle torbiere della tundra russa.”
Insomma, è difficile sfuggire alle nostre responsabilità. Chi ha potere e lo fa è un delinquente, inutile usare giri di parole.