Ma che freddo fa

Con questo intervento, cerco di chiarire alcune questioni riguardanti il clima che è cambiato e sta sempre più cambiando. Cercherò anche di sfatare alcune leggende, che qualcuno cavalca, usando frasi ad effetto per i poveri di spirito, abituati alle informazioni social che non si sa bene da dove arrivino.
Ho già spiegato come mai, durante il lockdown la quantità di CO2 presente in atmosfera non è diminuita, ma è anzi aumentata. Non voglio ripetere tutto il discorso, ma mi sembra piuttosto chiaro che la quantità enorme di questo gas nella nostra aria non può essere spazzato via da una riduzione delle attività inquinanti (uso questo termine forse non precisissimo per semplificare il discorso). Ridurre infatti non vuol dire affatto togliere dall’atmosfera la CO2, significa solo che ne abbiamo immessa un po’ di meno. Secondo gli esperti, se l’uomo smettesse oggi di immettere gas serra in atmosfera, ci vorranno un sacco di secoli, forse mille anni per avere l’aria pulita. E con questo credo che il discorso sia chiuso.
Ora, voi sapete che molte cose vengono dette, anche da chi non tratta abitualmente dell’argomento, perché tutti sono, oggi, protagonisti dell’informazione e credono di avere la verità in tasca. A me, purtroppo, questo non capita mai: sono sempre pieno di dubbi su quello che comunico e questo mi costringe a leggere molti documenti e a confrontarmi con ricerche svolte da enti, associazioni, università, gruppi di ricerca. Non ho mai la pretesa che quello che vi racconto sia la verità, ma sono sicuro che si basa su dati pubblicati dalle migliori riviste scientifiche del mondo. E, in ogni caso, suggerisco sempre a chi mi legge di controllare per proprio conto i dati che offro, così da poter avere un’opinione migliore in merito.
Fatta questa premessa cominciamo con un argomento che ho trattato altre volte, ma che merita di essere riconsiderato, visto l’aria che tira su certe pubblicazioni e sui social.
Il tutto può essere condensato in una frase: “Fa un freddo bestia e voi continuate a parlare di riscaldamento globale?
Bene. La prima cosa da dire è che l’espressione “riscaldamento globale” è, a mio parere, fuorviante, perché induce a credere che tutto il problema si riduca ad una questione di caldo e di freddo, mentre non c’è niente di più lontano da questo.
L’espressione che meglio interpreta la situazione attuale è questa “emergenza climatica”, che ha sostituito la precedente “cambiamenti climatici”, ritenuti troppo soft vista la rapidità con la quale i fenomeni anomali si stanno moltiplicando, come vedremo di seguito.
Ci sono alcune cose da precisare. La prima è che il 2020 appena concluso, è stato l’anno più caldo di sempre, a pari merito con il 2016. Lo comunica il Copernicus Climate Change Service, il programma di osservazione della terra dell'Unione Europea. Lo fa l’8 gennaio, basando, ovviamente, la conclusione su una enorme serie di misure della temperatura media del nostro pianeta. Ne hanno dato notizia tutti i media, compresa la RAI, che tra uno scazzo tra i nostri politici e l’elenco dei morti da COVID ha trovato posto per questa informazione così importante.
Lasciatemi fare una brevissima parentesi. Ho sempre detto che la pandemia che stiamo affrontando è una iattura pazzesca, fatta di morti, di ospedali al collasso, di rinunce e di una crisi economica che peserà per anni sulle nostre vite, visto anche i deboli aiuti che provengono da un governo che preferisce andare alla rissa piuttosto che darsi da fare. Questo tuttavia non deve distoglierci dagli altri problemi urgenti, anzi urgentissimi che abbiamo di fronte. La questione climatica è uno di questi problemi, perché siamo terribilmente in ritardo in quanto chi doveva intervenire, e non mi riferisco certo solo all’Italia, non l’ha fatto o non l’ha fatto abbastanza.
Dunque, tornando alla temperatura, il significato di questo dato, del 2020 anno più caldo di sempre, ha un significato preciso, che va al di là della questione caldo-freddo. Significa, infatti, che l’emergenza climatica sta crescendo di anno in anno, che va sempre peggio e che il tempo per intervenire è ormai finito del tutto. Possiamo arrenderci e aspettare la fine, oppure, per lo meno, adottare misure di difesa, perché chi ci sarà, dovrà sicuramente vivere in un mondo assai diverso da quello cui siamo stati abituati fino a qualche decennio fa. Questa è una cosa da temere a mente.

Meteo e clima sono cose molto diverse

Entriamo adesso nel vivo della questione. Ricordate? La domanda era: “Fa un freddo bestia e voi continuate a parlare di riscaldamento globale?
Il freddo e il caldo fanno parte della nostra quotidianità. Incidono sui vestiti che decidiamo di mettere la mattina, incidono su quanto tempo tenere il riscaldamento acceso, incidono sul tipo di attività ricreativa che decidiamo di fare.
La scienza che studia tutto questo si chiama meteorologia. Dai tempi del Colonnello Bernacca (qualcuno non più giovanissimo lo ricorderà senz’altro) gli strumenti in mano ai meteorologi si sono molto affinati e oggi non è frequente che le previsioni siano sbagliate, per lo meno quelle a breve termine, perché nessuno può prevedere cosa succederà tra un mese, neppure il frate Indovino.
La meteorologia non si occupa dell’andamento della CO2 in atmosfera e neppure dello scioglimento dei ghiacciai o dell’innalzamento dei mari. A questo pensa un altro tipo di scienziato, il climatologo.
La climatologia è la scienza che studia il clima. Dunque confondere, come fanno quelli che pongono la domanda alla quale sto cercando di rispondere, meteo con clima è un errore. Gli ambiti delle due scienze sono diversi, diversi sono gli intenti e, ovviamente, diverse le considerazioni e i risultati.
Cerchiamo una definizione di clima. Lo facciamo aprendo l’enciclopedia Treccani, che mi sembra abbastanza neutra e quindi degna di fiducia. Ecco cosa scrive:
Si definisce il clima come la descrizione statistica in termini dei valori medi e della variabilità delle quantità rilevanti (temperatura atmosferica, venti, precipitazioni) in un periodo di tempo che va dai mesi alle migliaia o ai milioni di anni. Secondo la definizione dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale, il periodo di media classico è di 30 anni. 
I valori degli elementi del clima sono determinati, o quanto meno influenzati, dai fattori del clima, distinti in fattori cosmici (movimenti e forma della Terra) e geografici (latitudine, altitudine, distanza dal mare, orientamento delle masse continentali e dei sistemi montuosi, correnti marine, azione umana).
Ecco le due grandi differenze: la prima è la vastità. Intendo con questo sia una vastità geografica, poiché il climatologo guarda al pianeta e non a quello che succede a Borgoricco, sia una vastità temporale, dovendo considerare statisticamente l’evoluzione delle grandezze fondamentali nell’arco di almeno 30 anni.
La seconda differenza è rappresentata dall’individuazione delle cause, che sono la geografia della terra e l’azione umana.

... tecnicamente ...

E adesso passiamo alle spiegazioni più tecniche. Da cosa dipende il fatto che abbiamo settimane di caldo intenso e altre di freddo polare, come in questo periodo invernale in cui è caduta tanta di quella neve, che sicuramente avrà irretito gli sciatori, che avranno pensato … ma come? Proprio quest’anno che le piste sono chiuse?
Sopra le nostre teste, dalle nostre parti, c’è una corrente, che possiamo immaginare come un fiume di aria molto veloce che scorre a circa 10 km di altezza in senso orizzontale rispetto al pianeta. Il suo percorso subisce delle ondulazioni che la fanno salire o scendere di latitudine, spostandosi quindi verso Sud o verso Nord. Quello che capita è dunque che possiamo avere depressioni con la discesa di aria fredda dal Nord o, viceversa, alte pressioni con la risalita di aria calda dai tropici. Qui interviene l’emergenza climatica. A causa dell’effetto serra, i poli si stanno riscaldando di più e più velocemente dell’Equatore e di conseguenza la corrente rallenta e compie oscillazioni più ampie. Tradotto significa che questo incrementa, amplifica l’intensità e la durata dei periodi caldi e di queli freddi. Insomma abbiamo, come possiamo notare da anni, una estremizzazione dei fenomeni meteorologici.
Quello che è successo in questi mesi è che da inizio dicembre l’Europa è bloccata all’interno di una circolazione depressionaria fredda. Tuttavia, mentre a Madrid ci circolava in slitta, in Grecia si registravano temperature estive perché là risaliva l’aria calda sub-tropicale.
La domanda adesso diventa: perché mai quell’aria fredda è arrivata da noi? Non poteva starsene al polo? E poi, come influisce il cambiamento del clima su questo fenomeno?
A tutti questi interrogativi ha risposto una ricerca condotta dall’Università della Bicocca di Milano assieme a quella di Harvard, Cambridge, Massacchussets. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica “Nature Climate Change” l’11 gennaio 2021. Qui ne riprendo i risultati.
I fenomeni descritti sono davvero molto complessi, ma gli scienziati hanno capito che ci sono alcuni elementi che tendono a modificare così drasticamente le condizioni meteorologiche. Si fa riferimento alla nevicata a Roma del 2018 o, ancora più la gelata in pianura padana del 2012, quando ghiacciò perfino la laguna veneta.
Sopra il polo è presente un vortice che tiene l’aria fredda lassù, a meno che non si verifichi un riscaldamento dell’aria a 30 km di quota, in stratosfera, il che produce un’anomalia dei venti. In questo caso bastano un paio di settimane perché le condizioni atmosferiche in superficie comincino a risentire degli effetti dei venti anomali, e noi ci ritroviamo immersi nell’aria polare e in un freddo difficilmente spiegabile.
Proprio a cavallo di questo capodanno la stratosfera in Artico ha subito un riscaldamento molto intenso portando la propria temperatura a circa 50 °C e il gioco è fatto. La neve in Spagna e il freddo del periodo sono così spiegati. Resta da capire perché si manifestino temperature così strane nella stratosfera. Anche in questo caso la spiegazione degli scienziati è chiara: lo scioglimento dei ghiacci artici e le piogge abbondanti ai tropici. Ma nello studio pubblicato su Nature è descritta un’altra condizione per il riscaldamento della stratosfera. Si tratta della temperatura dell’Oceano Pacifico settentrionale, quello, per capirci, che bagna le coste di Stati Uniti e Canada da una parte e del Giappone dall’altra. Quando le sue acque sono particolarmente calde, riscaldano l’aria fredda proveniente dalla Siberia, favorendone la risalita fino alla stratosfera. É evidente che questo fenomeno viene accelerato e potenziato da un clima più caldo, come è, appunto quello dovuto al cosiddetto riscaldamento globale.

L'alba del giorno dopo

C’è un altro aspetto, che vorrei sottolineare che lega il caldo dell’emergenza climatica e il gelo di molte zone della terra. É quanto viene spiegato anche in un film d’avventura del 2004, The day after tomorrow (L’alba del giorno dopo). Vediamo di cosa si tratta.
Uno degli elementi che lo studio del clima prende in considerazioni sono le correnti. Tra queste quella forse più conosciuta è la corrente del golfo. Si chiama così perché inizia la sua corsa nel golfo del Messico, preleva acqua calda e la trasporta nel Nord Atlantico. Molte regioni europee ne beneficiano avendo un clima mitigati proprio grazie a questa corrente: dal Portogallo e Spagna, su su fino alla Gran Bretagna e all’Islanda.
Queste acque calde, salendo verso Nord, cedono il loro calore all’aria circostante. Raffreddandosi, aumenta il loro contenuto salino, fino che, ad un certo punto cadono verso il basso. Da qui ritornano verso Sud, lasciando un vuoto, che viene riempito da altra acqua proveniente dal Messico.
Se questo nastro trasportatore di calore si fermasse o diminuisse sensibilmente la propria portata, sarebbero dolori per le regioni citate, che andrebbero incontro a temperature più rigide di quelle attuali. Pare che questa sia stata una delle cause della piccola glaciazione, un brusco abbassamento di temperatura cominciato attorno al 1350. E oggi? Dobbiamo preoccuparci? Purtroppo la risposta è sì, dobbiamo!
In effetti l’emergenza climatica, con il riscaldamento medio del pianeta, ha come effetto ben visibile e ben documentato lo sciogliersi del ghiaccio polare e del permafrost delle terre più a Nord, come la Groenlandia. C’è quindi una immissione di acqua dolce nel mare, che cambierebbe i rapporti tra la corrente salata e l’acqua circostante. In altre parole la corrente del golfo tornerebbe verso Sud prima delle zone che raggiunge adesso. E quelle zone potrebbero raffreddarsi non poco.
Come si vede, curiosamente, un fenomeno come quello che viene chiamato riscaldamento globale, può indurre conseguenze di tipo opposto.
Chiedersi quindi se l’emergenza climatica non esiste solo perché in gennaio è molto freddo è semplicemente una scemenza.

I ghiacci si sciolgono perché è troppo freddo?

A proposito dei ghiacci polari, c’è un altro studio, che ci dà dati interessanti e anche un tantino avvilenti su quello che sta succedendo. L’Università di Leeds in Gran Bretagna, per conto del già citato Copernicus, ha pubblicato i risultati di recente sulla rivista specializzata The Cryosphere. Il dato più significativo è questo. Nei 24 anni che vanno dal 1994 al 2017 sono state perse a livello globale 28 mila miliardi di tonnellate di ghiaccio. Per capire di che mostruosità di tratta, se coprissimo l’Italia intera con quel ghiaccio, avremmo uno spessore di 100 metri. I ghiacci perduti arrivano un po’ dappertutto, soprattutto dal polo Nord, dalla Groenlandia. Ma anche dai ghiacciai minori che stanno scomparendo sempre più rapidamente e, in tempi recenti, ci si è messa anche l’Antartide.
La conseguenza più temuta è l’innalzamento del livello dei mari. Questo è dovuto per la maggior parte alla situazione delle zone come la Groenlandia, ma anche agli effetti che il riscaldamento del pianeta ha sugli oceani, che assorbono circa l’85% del calore dovuto al clima cambiato. Più riscaldiamo gli oceani e più questi si “gonfiano”, si dilatano, come se soffiassimo dentro un palloncino e di conseguenza il livello dell’acqua si alza.
E siccome i ghiacciai stanno scomparendo, questo effetto dell’aumento di volume degli oceani diventerà, con il passare del tempo, sempre più importante. Oceani più caldi significa accelerazione della fusione dei ghiacci polari, segnatamente della Groenlandia e dell’Antartide, in una specie di effetto a catena, che non lascerà molto scampo a conseguenze catastrofiche.
Groenlandia e Antartide sono già state, in passato, responsabili di inondazioni delle terre e di aumento del livello delle acque anche di alcuni metri, quando la temperatura e la CO2 contenuta in atmosfera aveva valori paragonabili con quelli di oggi. Ma allora le cause sono state eventi del tutto naturali, come le molte eruzioni vulcaniche, cambiamento di orbita della Terra e, cosa ancora più importante, avvenuto nell’arco di migliaia di anni.
L’uomo è riuscito a realizzare le stesse condizioni di quell’epoca così remota nel giro di pochi decenni, inondando l’atmosfera di gas serra e, anzi, superando perfino i valori della percentuale di CO2 presente in atmosfera in quel remoto periodo.
Vediamo nei dettagli cosa ci dicono gli scienziati di Leeds.
La metà di tutte le perdite di ghiaccio sono state causate dal ghiaccio sulla terraferma, inclusi poco più di 6 mila miliardi di tonnellate dai ghiacciai di montagna, 3’800 miliardi di tonnellate dalla calotta glaciale della Groenlandia e 2’500 miliardi di tonnellate dalla calotta glaciale antartica.
Queste perdite hanno innalzato il livello globale del mare di 35 millimetri. E se pensiamo che si stima che per ogni centimetro di innalzamento del livello del mare, circa un milione di persone rischia di essere sfollato dalle terre basse, è plausibile pensare che lo scioglimento dei ghiacci tra il 1994 e il 2017 potrebbe aver già influenzato la vita di più di 3 milioni di persone che vivono lungo la costa.
Dal momento che appare del tutto improbabile una inversione di tendenza in tempi brevi, dobbiamo concludere che la vita lungo le coste, con l’andare del tempo si trasformerà pesantemente. E, lo ribadisco ancora e ancora, se ci abbiamo messo così poco a riempire l’aria di gas serra, per toglierli ci vorranno molti secoli, qualcuno dice almeno mille anni.
Alla domanda: di quanto si alzerà il livello dell’acqua di mari e oceani? Non c’è risposta, perché dipende da quali contromisure verranno prese o da quali non verranno prese. Tuttavia, se le cose continuassero come accaduto fino ad oggi è assai probabile che molti stati spariranno del tutto e altri vedranno cambiati i propri confini geografici.