Introduzione

Puntiamo l’attenzione sul paese che più di ogni altro ha fatto della produzione di energia elettrica da fissione una bandiera, gli Stati Uniti d’America. Nonostante la percentuale di tale energia non sia paragonabile, ad esempio, a quella francese, raccontare le vicende statunitensi ha senso in quanto si tratta del paese tecnologicamente più avanzato e anche più ricco, Cina permettendo, quindi quello che più di ogni altro sembra essere in grado di risolvere i problemi collegati al cosiddetto nucleare civile.
In fondo la questione assomiglia molto da vicino alla nostra, vale a dire al fatto che nessuno oggi sa come e dove realizzare quel deposito nazionale delle scorie radioattive che permettano di tenere al sicuro cesio, plutonio, stronzio e tutto il resto delle schifezze che restano dal processo di fissione dell’Uranio.
Gli americani avevano individuato alcune aree di stoccaggio, una per i materiali meno pericolosi (si fa per dire), a Carlsbad nel New Mexico, il secondo a Hanford (stato di Washington) e il terzo in Nevada, all'interno di una montagna, l'ormai celebre Yucca Mountain. Vediamo come sono andate le cose.

Il WIPP di Carlsbad (New Mexico)

WIPP CarlsbadDurante la seconda guerra mondiale, nel 1943, ad Hanford, lungo il fiume Columbia non lontano da Seattle, il colosso chimico Du Pont costruisce una base per la produzione di Plutonio. Ci lavorano 42 mila operai, in un’area di 200 mila ettari di terreno, comprato dall'esercito sotto la guida del generale responsabile del progetto Manhattan. Le scorie dei reattori sono conservate da allora in contenitori certificati per 25 anni e tanto sono durati, poi il materiale è fuoriuscito. Le sostanze adoperate per neutralizzare il materiale radioattivo si sono decomposte in altre, altamente esplosive. Insomma, ad Hanford, sono presenti delle vere e proprie bombe nucleari pronte a far saltare tutto per aria. Il problema è grave e va risolto. Si mettono all’opera più di mille persone con un budget di più di mezzo miliardo di dollari l'anno.
L’altra area destinata a contenere le scorie si trova a Carlsbad, in New Mexico, 200 km in linea d’aria da El Paso. Qui sorge il WIPP (Waste Isolation Pilot Plant), il centro sperimentale per l’isolamento dei rifiuti.
Per avere un'idea della gravità della situazione, solo a Carlsbad si calcola che oltre 3 milioni di litri di materiale radioattivo abbiano invaso l'ambiente. E le sostanze contaminanti occupano un volume di 160 milioni di litri e sono stivate in 177 contenitori lunghi venti metri l'uno.
Nel 1990 viene interpellata la Westinghouse per una analisi. La società si rifiuta di fare qualsiasi cosa perché non si sa quali sostanze possono essere presenti e cosa potrebbe accadere infilando una sonda nei contenitori. Ci vuole un anno prima che i tecnici siano pronti per realizzare un video di quello che accade "là dentro".
La registrazione ottenuta ha un effetto a dir poco devastante sull'opinione pubblica; fa il giro di tutte le televisioni e la sua visione – per riprendere un commento dell’epoca - "è come osservare il centro di un vulcano alla vigilia di un'eruzione".
Tra le altre cose nel 1989 si viene a sapere che un contenitore simile a questi era esploso, nel 1957, sugli Urali (a Majak, naturalmente). Gli americani dicono: "Lo sapevamo, birichini!" ma nessuno sa ancora che anche gli USA hanno di quei contenitori e ne hanno tanti.
Questo (ed altri problemi) spingono gli Stati Uniti a cercare una "soluzione finale". L'intento, come detto all'inizio, è quello di realizzare alcune mega-discariche.
MinieraQuella di Carlsbad si trova in una miniera di sale a 700 m di profondità, è costata 1 miliardo di dollari e può contenere un milione di bidoni. Il fatto è che negli USA ci sono circa 100 mila tonnellate di combustibile nucleare ancora sparso per il paese in depositi provvisori. Perfino l'Uranio usato da Enrico Fermi nel 1942 sta ancora aspettando una sistemazione definitiva.
Il problema è sempre lo stesso. Occorre trovare materiali che garantiscano una "tenuta" per l'eternità (ricordo che il Plutonio 239 ha un tempo di dimezzamento di 24'000 anni, come ho spiegato nell’articolo su Majak). Inoltre i siti dei depositi devono essere geologicamente stabilissimi. Se tra qualche secolo la terra si muovesse, i rifiuti potrebbero o tornare in superficie o finire in qualche falda o cadere in un canale con alte temperature. Un bel problema: si cercano alternative possibili (come quella di mandare le scorie nello spazio), ma alla fine, tra le opzioni possibili, quella delle miniere sembra comunque la migliore.
A Carlsbad, lo strato di sale è profondo un chilometro e da almeno 240 milioni di anni non si è mosso. La stessa presenza del sale indica inoltre che nelle vicinanze non scorrono fiumi sotterranei altrimenti si sarebbero notati i segni dell'erosione. Ma vi sono anche altri vantaggi: le gallerie scavate tendono a richiudersi a causa della plasticità degli strati salini. In questo modo le scorie dopo qualche decennio rimarranno sigillate e inaccessibili ai curiosi e soprattutto all'acqua.
Tutto bene? No, proprio per niente!

Cominciano i problemi

Un giorno una trivellazione fa saltare fuori acqua sotto pressione da una "sacca" contenuta tra due strati di sale. Acqua molto antica, rimasta intrappolata là da chissà quanto tempo. Ma cosa succederebbe se tra qualche secolo, quando nessuno potrà "vedere" dall'esterno la presenza della discarica, qualcuno trivellerà il terreno e salterà fuori acqua sotto pressione magari mescolata con sostanze radioattive? E se i gas sprigionati e ad alta pressione si libereranno, cosa potrà avvenire?
Così sono stati predisposti controlli preventivi usando migliaia di sensori, ma (secondo un giudice del New Mexico) nessun piano per rimuovere le scorie nel caso i test andassero male.
CarlsbadLa conclusione è che ci sono ancora troppi rischi e che quella soluzione "definitiva" non ha molto di definitivo.
Si decide quindi di soprassedere e di abbandonare il progetto. Ma l'America (non solo lei ovviamente!), si sa, è un paese straordinario, dove il rendimento degli investimenti è altrettanto importante quanto la salute delle persone. Si cercano altre strade e infine il genio americano rifà capolino. "Ma come - è la conclusione - abbiamo speso un miliardo di dollari per questo impianto e adesso lo buttiamo via così?".
Oggi a Carslbad le scorie nucleari ci sono, sono sepolte nelle miniere di sale, sulla cui stabilità geologica nessuno giura, ma ci sono solo scorie di bassa attività (ad esempio i vestiti, gli strumenti e i macchinari contaminati). Resta, ancora oggi, l’unico sito scavato in profondità. Garanzie? I tecnici assicurano che possiamo dormire sonni tranquilli per 10 mila anni. Che ci sia da fidarsi? E comunque siamo ben lontani dai tempi necessari per il confinamento delle scorie più pericolose. E in questo caso non possiamo neanche dire: non c’è che da aspettare per vedere cosa succederà. Tra 10 mila anni potrebbe anche non esserci più nessuno in superficie per un simile controllo e non è detto che la causa non possa essere una fuoriuscita di materiali radioattivi mal conservati.

Yucca Mountain

Le scorie più pericolose gli Stati Uniti hanno pensato di rinchiuderle ancora più in profondità, scegliendo come sito "sicuro" le viscere di una montagna: Yucca Mountain in Nevada: ma siamo sicuri che sia un deposito sicuro?
Un conto è avere a che fare con le scorie della Svizzera, altro con quelle degli Stati Uniti. Qui si calcola che si producano ogni anno 2'300 tonnellate di materiale contaminante. Per di più ci sono conti che raramente si fanno, specialmente da parte di chi vede nel nucleare la soluzione a tutti i problemi energetici. Quando una centrale ha funzionato 40/50 anni ed è diventata obsoleta è necessario "smaltirla" proprio come si fa con le bottiglie di plastica, il vetro e la carta. Tutto quello che per così tanto tempo è stato a contatto con materiali radioattivi, lo è a sua volta. Smaltire una vite di una centrale nucleare non è affatto lo stesso che smaltire una vite dell'armadio della vostra camera da letto.
Il solo smantellamento di una centrale nucleare alla fine della sua vita operativa produce una quantità di scorie di quasi tre volte superiore a quella prodotta durante i 40 anni della sua attività.
Sistemate le scorie meno pericolose (quelle con tempi di dimezzamento fino a 30 anni) che sono, tuttavia, anche la parte più cospicua, stoccandole in siti appositi, come il Wipp di Carlsbad, si tratta ora di prendere di petto la questione delle scorie più pericolose, quelle con tempi di dimezzamento lunghissimi, come il Plutonio.
La scelta del sito è caduta all'interno di una zona molto protetta, quell'"area 51" così famosa per i misteri che attorno ad essa aleggiano, non solo per le sperimentazioni "strane" supposte, ma soprattutto per le voci circa la presenza di extraterrestri, trattenuti come ospiti dall'esercito americano.
Siamo nel Nevada, a meno di 200 km da Las Vegas, una zona davvero poco frequentata. Il caveau è in costruzione sotto il monte Yucca.
La spesa per gli studi preliminari è stata di 8 miliardi $, il budget per la realizzazione è (per ora) di 60 miliardi $.
Alla fine dei lavori, la montagna conterrà una serie di gallerie a spina di pesce, a 300 m di profondità, completamente "foderate" di un acciaio particolare (lega 22) e rivestite di titanio che ha una funzione anti-sgocciolante per impedire infiltrazioni di acqua. Il deposito è previsto per 77'000 tonnellate di materiale, proveniente da 131 depositi di 39 stati. Doveva essere attivato nel 2017. Siamo nel 2018 e non è ancora successo niente. Le cose vanno così: nel 2002 il congresso americano approva il progetto presentato dall'amministrazione Bush, con 69 voti favorevoli e 39 contrari: tra questi ultimi quelli dei democratici e tutti quelli, conservatori o democratici poco importa, dello stato del Nevada. Perché tanto ostracismo da parte dei politici locali?
Il traffico per far arrivare i container in Nevada sarà pazzesco e già questo mette la popolazione sul chi va là. Un sondaggio ha evidenziato come il 70% dei cittadini sia nettamente contrario alla realizzazione e nelle comunità scientifiche e in quelle amministrative le perplessità sul progetto sono molto forti. In particolare si sottolinea il fatto che sigillare il monte (una volta sistemate tutte le scorie previste) non sia opportuno oggi, quando abbiamo una tecnologia probabilmente non sufficientemente progredita relativa a questo problema.
I tecnici "garantiscono" che da Yucca Mountain non ci saranno fuoriuscite di nessun genere di scorie per 10 mila anni.
Beh, 10 mila anni è un bel po' di tempo, ma non basta!
La National Academy of Sciences e il National Research Council ritengono questa grandezza temporale del tutto insufficiente perché si possa parlare di “messa in sicurezza” di materiale radioattivo che rimarrà tale per centinaia di migliaia di anni. Proprio in virtù di queste osservazioni, la Corte d’Appello Federale ha recentemente stabilito che un sito destinato al seppellimento delle scorie nucleari deve dimostrare di potere accogliere in sicurezza le stesse per almeno 300.000 anni, fino al decadimento della loro radioattività. É tutto? No, ci sono ancora altri elementi da valutare.
Lo stato del Nevada ha messo in campo propri esperti e tecnici per controllare la situazione. Dalle indagini sono emerse alcune cosette simpatiche.
Si è scoperto che il "deserto" tanto deserto non è. L'umidità (19 cm acqua/anno) è ampiamente in grado, con tutti i millenni a disposizione di corrodere i contenitori delle scorie col risultato di ritrovarsi pozzi d'acqua fosforescenti e cavoli abnormi, perché irrigati con l'acqua contaminata.
Inoltre le scorie non tengono la temperatura; esse si riscaldano per via dell'energia prodotta. L'aumento di temperatura provocherà l'insorgere di vapore d'acqua e saremo da capo.
Quando una particella decade, vengono emesse radiazioni che possono in qualche modo interagire con il materiale delle pareti circostanti, frantumandoli o producendo idrogeno e favorendo così le condizioni di una esplosione e di incendi che non sarebbero proprio poca cosa. Las VegasForti dubbi sono sorti anche sulla stabilità geologica di Yucca, una montagna di tufo di origine vulcanica, formatasi oltre 10 milioni di anni fa. A circa 150 km di distanza c'è Las Vegas, con i suoi 1,5 milioni di abitanti (compresa l'area urbana); la città non sarebbe affatto al sicuro in caso di un sisma che facesse fuoriuscire i materiali radioattivi.
Come già accennato, c'è poi il trasporto dai 39 stati coinvolti verso la Yucca Mountain delle scorie. Ci sarebbero migliaia di treni e camion per strada con il loro carico pericolosissimo.
Qualunque situazione di pericolo connessa ad eventuali incidenti, attentati terroristici, guasti dei mezzi preposti ad effettuare il trasporto, rischierebbe di creare una tragedia senza paragoni.
Arriviamo così al 2005, quando il DOE ha rilevato irregolarità ed omissioni nelle pratiche che avrebbero dovuto testimoniare la sicurezza (soprattutto geologica) di Yucca Mountain.
Tali sospetti ingenerati dal contenuto di alcune mail intercettate, hanno contribuito a creare nuove perplessità sulla reale affidabilità di un progetto che era già costato circa 8 miliardi di dollari.
A denunciare le anomalie è stato il Dipartimento dell'Energia, che ha scoperto una serie di e-mail scambiate fra i tecnici del servizio geologico che potrebbero provare l'esistenza di gravi omissioni e irregolarità nelle procedure che hanno stabilito la sicurezza del sito.
Dalle e-mail emerge che alcuni strumenti usati per misurare le condizioni interne alla montagna sono stati usati prima che fossero calibrati e alcuni dati compaiono addirittura prima che la strumentazione sia disponibile, quindi evidentemente inventati di sana pianta. Altri strumenti risultano essere stati usati per mesi interi senza venire mai calibrati. Insomma sembra credibile l'ipotesi che a Yucca Mountain siano stati creati dei dati ad arte relativi alla sicurezza, per poter procedere coi lavori.
Cosa aggiungere? Perfino gli Stati Uniti, la nazione al mondo con la più avanzata tecnologia e il più grande controllo, sono in difficoltà grave di fronte al problema del "confinamento" delle scorie radioattive. Chi potrà risolvere questo problema? Ha senso pensare alla costruzione di nuove centrali? Una volta costruite dove metteremo le scorie?
vignettaAnche se Barak Obama non è stato quel presidente verde che molti aspettavano fosse, sulla questione Yucca Mountain ha avuto una posizione netta. Non se ne fa niente. Così i lavori sono terminati e si è ricominciato a pensare a qualcosa di differente.
Poi è arrivato Donald Trump, il quale, come in quasi tutte le decisioni assunte ha semplicemente detto: “Facciamo il contrario di quello che ha fatto Obama”. Così la questione Yucca si sta riproponendo e vedremo nei prossimi anni cosa ne salterà fuori.
Una notizia curiosa di poche settimane fa è la presa di posizione dell’associazione AGA contro la riapertura dei lavori a Yucca. Per questi infatti è stato proposto dall’amministrazione federale un finanziamento di 120 milioni di dollari.
Chi è AGA? É l’associazione americana dei casinò, che si trovano là vicino, a Las Vegas e in altri centri del Nevada. La preoccupazione non è ambientalista o medica, ma economica. L’area di Las Vegas e dintorni è quella in più rapida crescita negli Stati Uniti, tanto da contare oggi più di 2 milioni di persone che vivono stabilmente nella città del Nevada. Per questo a muoversi, oltre ai cittadini, sono operatori di piccole imprese e membri del Congresso che non vedono certo di buon occhio l’ammassarsi di pericolose scorie radioattive a due passi da un centro di enorme interesse turistico. Talmente enorme che nel 2017 Las Vegas ha contato ben 42 milioni di visitatori, una cifra enorme con un indotto spaventoso, visto il tipo di attività che viene offerta e che possiamo tradurre con: lascia i tuoi soldi nelle sale da gioco.
Questa dunque è la storia, tutta ancora da scrivere, del deposito di Yucca Mountain. Aggiungo solo che l’unico serio tentativo in corso d’opera per realizzare un deposito permanente si trova in Finlandia, vicino alla centrale in costruzione di Olkiluoto. I lavori, cominciati nel 2004 dovrebbero arrivare a compimento entro il 2020.
Anche se il sito fosse davvero quello che vuole essere, non c’è da fare salti di gioia: conterrà solo le scorie finlandesi, perché una saggia legge di quel paese proibisce l’esportazione all’estero delle proprie schifezze.
Concludendo la domanda “Cosa ne facciamo delle scorie nucleari?” ha una sola risposta: “Non lo sappiamo!