Introduzione
E così eccoci arrivati al 2025.
Con questo spirito comincio a scrivere del Giubileo, ponendomi una serie di domande. Come è nato e soprattutto perché? É davvero un rito cattolico o già prima esisteva una simile tradizione? Chi è stato il primo ad inserirlo nella liturgia e a che scopo?
Sono tante domande alle quali cercherò di dare risposta.
Il Giubileo nel Levitivo (antico testamento)

La Torah ebraica e la Bibbia cristiana sono composte di vari Libri: 5 per la Torah e 73 nella Bibbia. Uno di questi è il Levitico, che, nei suoi 27 capitoli, raccoglie le leggi religiose e sociali, che Mosè consegna agli ebrei durante la loro permanenza nel deserto del Sinai. A dire il vero si tratta di una specie di vademecum per i sacerdoti che devono poi farle applicare ai fedeli.
Ebbene in questo libro, i Levitico appunto, compare, nel capitolo 25, un lungo paragrafo nel quale si spiega cosa e come santificare. L’Antico Testamento utilizza in modo massiccio il numero sette. Sembra che questo numero abbia qualcosa di mistico o di magico, comunque di soprannaturale. Secondo alcuni la sua importanza è legata al fatto che è la somma dei quattro punti cardinali e delle quattro sezioni in cui il creato è suddiviso, cioè cielo, terra e inferi.
Vale la pena ripetere anche in questa puntata un concetto che è probabilmente la chiave di lettura più corretta delle scritture, che potete ritenere sacre o laiche, poco importa, perché contengono comunque messaggi di straordinaria importanza. Il concetto è il fatto che giudicare quelle pagine come se fossero scritte per noi è quanto di più assurdo si possa fare. Sono state scritte per gli uomini e le donne di quel periodo, quindi per le popolazioni di tremila anni fa l’Antico Testamento e di circa 2000 anni fa i vangeli e il Nuovo Testamento.
A noi, che abbiamo alle spalle una quantità enorme di storia, di cultura, di scoperte e, ultimamente anche di tecnologia, molte delle frasi riportate in quei testi sembrano sciocche superstizioni e con ogni probabilità lo sono davvero. Questi testi sono stati concepiti per la gente di allora, nel caso della Bibbia di molti millenni fa, prima trasmessi oralmente di generazione in generazione e poi trasformati in un testo, le cui parti più antiche risalgono, secondo gli storici, a mille anni prima della nascita di Gesù. Nelle superstizioni e nelle allegorie finisce anche il numero sette, che sicuramente ha a che fare con il fatto che, secondo la Genesi, dio ha creato l’universo in sette giorni, o meglio in sei, riposandosi poi il settimo, che era di sabato, visto che la conta dei giorni comincia la domenica. E proprio sul riposo del settimo giorno nasce quel sabbath, il sabato ebraico in cui bisogna solo riposare e non fare nulla di particolarmente gravoso. Il numero sette, in questo senso, rappresenta la completezza, la totalità, perché non può esserci opera più completa della creazione dell’universo da parte di dio.
Ma torniamo al testo, del Levitico 25, che è, come la maggior parte dei testi biblici, assai contorto e ripetitivo. Se sei sono i giorni lavorativi e il settimo è di riposo, ecco passare alla conta degli anni, in cui deve essere applicato lo stesso ritmo. Dunque è necessario, per la bibbia, rispettare il riposo del settimo anno, durante il quale non bisogna seminare né lavorare la terra, che dovrà dare quello che spontaneamente produce. Ora, uno può dire: e noi cosa mangiamo se non produciamo cibo nei nostri campi? Ma dio ha una soluzione geniale. Teniamo presente che la bibbia presenta dio come il padrone assoluto del mondo, che fa e disfa a suo piacimento qualsiasi cosa. Così, ai suoi fedeli, un tantino perplessi, ricorda che è lui a decidere quanto abbonda ti saranno i raccolti e garantisce che quelli del sesto anno, grazie al suo intervento, saranno così abbondanti da bastare per almeno tre anni e quindi il riposo del settimo anno non produrrà nessun effetto negativo.
E adesso si passa ad un livello superiore, perché si affronta la questione di un anno davvero speciale, quello che viene dopo sette volte i sette anni, cioè dopo 49 anni e quindi al cinquantesimo anno. Cosa succede in quell’anno? Ecco cosa dice Levitico 25.
“Santificherete il cinquantesimo anno e proclamerete la liberazione nel paese per tutti i suoi abitanti. Sarà per voi un giubileo; ognuno di voi tornerà nella sua proprietà e ognuno di voi tornerà nella sua famiglia. Il cinquantesimo anno sarà per voi un giubileo; non seminerete e non raccoglierete quello che i campi produrranno da sé e non vendemmierete le vigne non potate. Poiché è il giubileo; esso vi sarà sacro; mangerete il prodotto che vi daranno i campi”.
Ecco il giubileo, citato per la prima volta, che non ha molto a che vedere con quelli attuali, come vedremo meglio più avanti.
Gli obblighi sociali del giubileo nel Levitico

Ora tutto questo non sembra avere niente a che fare con il giubileo come noi lo intendiamo oggi, ma questo è un discorso che faremo più avanti.
Per cominciare a capirci qualcosa, partiamo dalle questioni più semplici: la terminologia, il significato delle parole.
Giubileo a quanto pare non ha niente a che fare con il latino jubilare, che noi traduciamo con giubilare che significa esprimere grande gioia, esultare.
Deriva invece da un sostantivo ebraico, yobel, che compare circa trenta volte nel Vecchio Testamento e significa “corno d’ariete”. Ora vi chiederete sicuramente cosa c’’entrano montoni e capre in questa storia. Quel corno veniva usato come strumento di richiamo. Il suono emesso serviva a radunare a raccolta i cittadini in occasioni particolari e speciali. Tuttavia c’è anche un verbo, ybl, che invece richiama la restituzione delle proprietà, proprio come previsto dal passo del Levitico che abbiamo appena visto. Dunque yobel e per estensione giubileo può significare sia la chiamata per quest’anno speciale con il corno d’ariete, oppure l’azione associata ai festeggiamenti del 50.mo anno, cioè dell’anno del giubileo. Ma cosa occorre fare in quell’anno fatidico, come si deve comportare il buon fedele?
Il ruolo di dio nel giubileo

Le disposizioni di cui parla la Bibbia per l’anno del giubileo sono essenzialmente tre. Di alcune ho accennato poco fa, ma è meglio riassumere per bene la questione.
La prima riguarda la terra. Questa deve riposare così come i contadini che normalmente la lavorano. Nessuna semina, nessun raccolto, nessuna vendemmia. La terra, insomma, deve essere lasciata a se stessa. Questo implica ovviamente che anche chi la lavora deve starsene buono senza intervenire in alcun modo. Una specie di anno sabbatico speciale. Già perché, come abbiamo visto dalla lettura del Levitico, l’anno sabbatico si ripete ogni sette anni. Del resto sabbatico è una parola di derivazione greca che significa “di sabato”, il giorno di riposo per gli ebrei praticanti. Durante questo anno l’antica legislazione ebraica prescriveva la cessazione dei lavori nei campi, la liberazione degli schiavi ebrei, il condono dei crediti. L’anno del giubileo riprende tutte queste abitudini.
Ovviamente non lavorando la terra gli ebrei dell’epoca si chiedevano come facessero a procurarsi il cibo. Ma la soluzione l’abbiamo vista prima: la presenza di dio è la soluzione. Non sappiamo come questa previsione sia andata a finire nel corso dei secoli, ma questo è ben difficile da documentare.
La seconda disposizione riguarda il riscatto delle terre da parte di chi per un motivo qualsiasi le aveva dovute vendere nei precedenti 49 anni. I crediti andavano condonati e tutti rientravano nel pieno possesso dei loro averi. In realtà c’è un limite fissato dalla Bibbia per questa operazione.
Quale è il riferimento per le proprietà? La divisione delle campagne da coltivare era avvenuta dopo la conquista della terra di Canaan da parte degli ebrei. Un dono, come già detto offerto in via transitoria e non permanente.
In realtà attorno al nome Canaan sono sorte diverse interpretazioni, per cui è molto difficile stabilire dove fosse situata e quando cade questo punto di riferimento temporale. Nella Bibbia, Canaan coincide con la terra promessa e la conquista da parte ebraica avviene con la distruzione dei cananei, che prima abitavano quella regione. I greci, ad esempio, facevano coincidere, siamo nel 500 a.C. i cananei con i fenici.
Dunque le terre distribuite alla presa di Canaan erano il riferimento per le restituzioni a chi le avesse ceduto ad altri negli anni seguenti.
Questo meccanismo, che a noi sembra così strano, ha la sua ragione d’essere nelle disposizioni dettate da dio al povero Mosè, che deve aver sudato sette camicie (eccolo di nuovo il numero sette) per capirci qualcosa all’interno di tutte quelle norme. Ma il testo nell’Antico Testamento è molto chiaro. Ora per i molti che credono che le scritture siano opera di uomini saggi e certo non arrivate dall’alto dei cieli, queste disposizioni sono alla base di una società che è sicuramente più equa della nostra, in cui il profitto e il capitalismo non esistono. Si tratta di una specie di comune socialista o anarchica leggermente rivisitata. L’unica nota stonata è quel dio possessore di ogni bene, ma, sapete come si dice, non si può avere tutto.
Purtroppo questa deduzione così ottimistica trova degli scogli nelle stesse pagine del Levitico. Infatti alla restituzione ci sono delle eccezioni che riguardano le case all’interno delle mura nelle città fortificate. Per quelle c’è solo un anno di tempo per la restituzione. Insomma è un po’ come oggi che gli immobili nel centro delle città valgono molto più di quelli in periferia. Infine i Leviti, cioè i sacerdoti godono di particolari privilegi e attenzioni, il che ci fa sospettare che non siano per nulla estranei alla realizzazione delle scritture cosiddette sacre.
Liberare gli schiavi
Ed infine ecco la terza disposizione importante da seguire nell’anno del giubileo. Riguarda gli schiavi. Eh già, perché al divino poco importa se ci sono degli uomini sottomessi ad altri. Gli uni possono essere venduti e comprati dagli altri senza troppi problemi. Negli anni del giubileo questi schiavi vanno liberati e restituiti alle famiglie di origine, sempre che esistano. Ma questo vale solo per gli ebrei. Per i popoli vicini la disposizione non si applica. Gli ebrei possono fare schiavi gli abitanti di altri popoli, anche vicini. Non una grande apertura di questo dio, che oggi avrebbe vita durissima a far passare le sue bizzarre teorie. Per questo, lo ribadisco, è assai probabile che fosse il potere, rappresentato in questo caso dalla casta religiosa, ad aver messo in circolo queste tesi non troppo democratiche.Al di là della restituzione dei servi alla loro dignità di uomini liberi, questa sezione di Levitico ribadisce la necessità, più volte espressa nella legge di Mosè, di non approfittare delle persone in difficoltà, e cioè di non pretendere gli interessi sui prestiti, né tantomeno di praticare l’usura, ma anzi di sostenere ed aiutare il prossimo in stato di bisogno.
Dunque si entra, con queste pagine dell’Antico Testamento in una dimensione socio-economica che vorrei analizzare meglio.
Le scritture non sono per noi
Il popolo di Israele presente al momento della confezione dei testi è il destinatario delle raccomandazioni e delle norme che Mosè gli comunica, dopo aver avuto, as quanto dice, le istruzioni direttamente da dio.Dunque anche il Vecchio Testamento va inserito nel contesto dell’epoca, che possiamo individuare precedente all’inizio della monarchia vale a dire attorno all’anno mille a.C. Una società organizzata ancora in tribù, a loro volta divise in clan e questi in famiglie. La terra di Canaan era stata divisa tra i clan, che a loro volta avevano il compito di dividere i beni e le risorse in modo equo, anche per preservare l’integrità se non la sopravvivenza delle famiglie. Come avviene in ogni popolo, anche in questo caso ci sono fattori che remano contro il mantenimento di questa struttura sociale. E come sempre, come avviene da allora in ogni angolo della storia è la ricchezza e il potere a farla da padrone. Ecco dunque crescere la tendenza a creare latifondi, acquisendo la terra di altri, il che comporta inevitabilmente la presenza di sottoposti, che all’epoca erano sicuramente servi, forse anche schiavi. Spesso le difficolta di sopravvivenza portavano una persona in difficoltà addirittura a vendersi a chi poteva comprarla e mantenerla.
É chiaro che questi atteggiamenti sono l’esatto contrario dell’immagine che la Bibbia vuole ottenere. Le conseguenze sono gravi perché in questo modo si assiste alla disgregazione delle famiglie e di conseguenza dei clan ed infine dell’intera società ebraica. Ecco perché l’assegnazione delle terre e il loro mantenimento diventano punti davvero cruciali, irrinunciabili per la vita del popolo dell’epoca. Questo spiega ampiamente la necessità, addirittura l’urgenza, delle molte disposizioni dell’anno del Giubileo contenute nella Bibbia e nella Torah. Si tratta di norme di carattere straordinario per contrastare la concentrazione di proprietà nelle mani di pochi clan via via arricchitisi a scapito dei gruppi familiari più piccoli e più deboli e per ridare libertà ai servi. In questo modo, i clan e le famiglie avrebbero potuto essere salvaguardati mediante la restituzione periodica dei loro terreni e la cessazione cinquantennale dei rapporti di servitù. Anche le proprietà avrebbero così conservato la loro consistenza originaria e il legame che le univa alle famiglie a cui erano state assegnate. Un modo, quello di attribuire a dio l’idea di queste disposizioni davvero notevole. Far passare per teologiche norme così chiaramente socio-economiche è una trovata geniale.
Il significato religioso del giubileo
Tuttavia non si può, per quanto concerne il giubileo, sorvolare sul suo significato religioso e liturgico e di questo occorre parlare adesso.L’aspetto teologico dei versi del Levitico sul giubileo si possono condensare nel richiamo, che è ripetuto una infinità di volte, del fatto che dio è il padrone di tutto, lui è il Signore, l’Eterno al quale va dato rispetto e obbedienza. A leggere quelle pagine si fa fatica a riconoscere in quel dio quello misericordioso e buono che ci è stato raccontato a catechismo, ma i tempi sono evidentemente cambiati e tremila anni fa ci voleva un polso diverso, assai più fermo di quello attuale.
Ci sono, sempre nel Levitico, alcuni richiami importanti a questo proposito.
Primo: Il riposo del settimo giorno, del settimo anno e quello giubilare dopo i sette volte sette anni, cioè ogni cinquantesimo anno, richiama la creazione divina dell’universo. Dio si riposa il settimo giorno, che cade di sabato, essendo la settimana iniziata la domenica. Del riposo della terra ho già detto, ma vale la pena aggiungere che tutto questo mostra, ancora una volta, la presenza di dio come gestore della produttività della terra. Onora dio e sarai ricompensato è la frase usata ripetutamente dalla Bibbia, che può suonare un pochino come un ricatto. E però tutto si basa sulla fede che è, di per sé, un grande mistero, dal momento che non esiste alcuna prova, alcuna evidenza di tutto l’impianto narrativo che la chiesa ha messo in piedi. Dunque per chi ha fede non si tratta di un ricatto, ma di un’obbedienza dovuta a chi ti ha dato la vita e tutto il resto.
Di legami tra le norme giubilari e la storia religiosa di Israele ce ne sono altre, a cominciare dalla liberazione di servi e schiavi. Perché una simile azione ha un legame con la storia del popolo eletto? Bisogna tornare alla fuga degli ebrei dall’Egitto, quando, secondo le scritture, viene stipulato un accordo tra il popolo d’Israele e un dio che dunque non è più solo il signore che provvede al suo mantenimento, ma anche quello che li libera dalla schiavitù. Ecco il legane con le norme giubilari della restituzione della libertà ai servi in occasione dell’anno del giubileo. A noi questa cosa sembra un po’ strana, perché non troviamo mai esempi nella storia di servi o schiavi che si siano liberati per l’intervento divino. In questa ottica, il giubileo è un’espressione concreta del diritto di Dio d’intervenire negli affari degli uomini per far rispettare l’ordine della creazione e per correggere le distorsioni introdotte nella vita del suo popolo. Questa prerogativa di Dio, nella prospettiva del giubileo, è parte integrante, imprescindibile, incontestabile del fatto che Dio è creatore, provveditore e Signore del mondo.
Ed infine il giubileo si occupa del peccato. Esso inizia con il suono del corno il giorno dell’espiazione, una giornata dell’anno ebraico dedicata al pentimento per i peccati commessi. Ecco un legame profondo tra giubileo e religione, perché i peccati sono commessi sempre contro dio, perché infrangono sempre le leggi che egli ha stabilito e offerto a Mosè sul monte Sinai.
Riassumendo, ci sono alcuni aspetti che sono evidenti dell’organizzazione del Giubileo, come proposto dalla Bibbia e dal Levitico in particolare.
Vediamoli di seguito.
Le indicazioni di cui abbiamo parlato finora sono estremamente drastiche, non ammettono repliche e sono decisamente dirompenti, se pensiamo alle restituzioni: delle terre o della libertà.
C’è poi la ciclicità che significa che quelle disposizioni non sono prese una tantum, ma si ripetono periodicamente e quindi incidono comunque sulla vita sociale del popolo.
E poi la spiritualità, perché in Levitico non ci sono solo indicazioni sociali, ma un vero e proprio manifesto della fede d’Israele, messa alla base delle correzioni delle storture sociali eventualmente presenti.
Gesù di Nazareth: un giubileo perenne

E questa situazione porta molti profeti ad invocare un pentimento, un ritorno alle origini. Lo fa, ad esempio Isaia, che vive nell’8° secolo a.C., nei “Canti del Servo”, preannunciando la venuta di un Messia per riparare i danni provocati dall’uomo. Ed è abbastanza chiaro che il contatto con quando previsto dal giubileo è abbastanza evidente.
Ora dobbiamo passare dal Vecchio al Nuovo Testamento. Anche questo è un insieme di libri, tra i quali trovano spazio i quattro vangeli, di cui ho detto ampiamente la volta scorsa. Ci sono poi gli Atti degli apostoli, le lettere di San Paolo, l’Apocalisse e altri ancora. In tutto sono 27.
In questi non si parla mai di giubileo esplicitamente, anche se viene raccontato da Luca l’entrata di Gesù nella sinagoga, dove legge proprio la profezia di Isaia che abbiamo visto poco fa.
Ma Gesù è sceso in terra proprio per riaffermare e far rispettare le indicazioni giubilari. Lui si rivolge ai poveri, ai diseredati, agli ultimi, che sono i veri destinatari delle sanzioni prevista per il giubileo nell’antico Testamento.
Con Gesù tuttavia viene fatto un passo avanti. Ricorderete le distinzioni tra ebrei e stranieri, tra abitanti in periferia e dentro le mura. Il vangelo di Luca spazza via tutte queste distinzioni. L’opera benefica di Cristo è universale e rivolta a tutti gli uomini di buona volontà senza alcuna distinzione.
In questo senso il Gesù del Vangelo rappresenta proprio la realizzazione di quello di buono che il Giubileo del Levitico prevede. Nello stesso spirito del giubileo, con Gesù i poveri sono dichiarati beati (Luca 6:20), gli oppressi sono rimessi in libertà (Marco 9:17-27), coloro che hanno fame sono saziati (Marco 6:34-44). Grazie a Lui, i beneficiari del giubileo non saranno più delusi perché Gesù, con le Sue opere, ha dimostrato la Sua potenza nel cambiare qualsiasi stato di cose, anche il più radicato e aggrovigliato. I miracoli di Cristo, soprattutto le Sue guarigioni, sono anticipazioni straordinarie delle benedizioni che il giubileo renderà un giorno definitive.
Tutta la storia del Cristo, la sua crocifissione e la successiva resurrezione non sono altro che opere in sintonia con il Giubileo.
Se ci pensate queste due fasi della narrazione evangelica sono davvero emblematiche. La morte di Cristo sulla croce rappresenta l’espiazione, anche così cruenta, dei peccati. Che lui lo faccia non per sé, ma per il popolo che lo segue non ha alcuna importanza: è una metafora, un simbolo molto forte e di facile interpretazione. La resurrezione poi è un’altra trovata geniale nella narrazione religiosa. Alla fine, grazie proprio all’espiazione, ecco la vittoria sul peccato, perché quell’espiazione ti apre la strada verso il regno dei cieli. Tu sarai perdonato perché ti sei pentito e hai espiato le tue colpe. E questo è lo spirito giubilare spinto al massimo livello.
La prima chiesa cristiana a Gerusalemme

Come si regge in piedi, nella prima chiesa cristiana, una simile società tanto utopistica? É evidente che tutto questo si rende possibile solo se è presente una forte fede in Cristo, la cui azione come raccontata dai Vangeli, è un cammino da seguire negli insegnamenti di pace, onestà, convivenza, amore per il prossimo. E tutto senza che niente venga imposto, ma fatto sempre spontaneamente.
Ancora una volta appare la netta distinzione tra la Chiesa, quella primordiale dei cristiani, e la società tutta. Gli Atti degli Apostoli lo raccontano bene. Se da un lato si trovano le virtù positive, dall’altro la società evolve con l’accaparramento dei beni, la sopraffazione del potente sul debole e del ricco sul povero. Noi non sappiamo se davvero tutte le belle parole del Nuovo Testamento abbiano trovato una applicazione generalizzata, ma di certo sarebbe bello che fosse accaduto.
Queste dunque sono le prime società utopiche della storia, esempi davvero isolati rispetto ad una realtà molto più cruda che oggi conosciamo così bene.
La Chiesa delle origini non fissa una data o una ricorrenza per l’applicazione delle norme giubilari. Diventano un modo di essere cristiani, nella quotidianità. In questo senso, l’esempio di Cristo, come appare dai racconti dei vangeli, veri o inventati che siano, rappresenta lo spirito vero del giubileo, come prescritto e descritto nel Vecchio Testamento.
Bisogna aspettare un sacco di tempo perché il Giubileo diventi qualcosa di ciclico, di organizzato e previsto dal calendario ecclesiastico. Per questo ci dobbiamo spostare molto avanti negli anni, fino al medioevo per vedere cosa è successo.
Rendere ufficiale il giubileo

In realtà in essa si parla di Anno Santo e tra i due termini, che oggi vengono usati con lo stesso significato, c’è una differenza sostanziale. Il termine Anno Santo deriva dal fatto che quell’anno comincia con dei riti svolti dal pontefice e per questo ritenuti sacri o santi. Del resto ricorderete la questione del corno suonato all’inizio di ogni giubileo o, oggi, l’apertura delle quattro porte sante nelle quattro basiliche romane. Sono tutti riti previsti come inaugurazione del Giubileo o, se preferite, dell’Anno Santo. La tradizione dell’apertura delle porte è successiva a Bonifacio 8°. Comincia duecento anni più tardi con il papato di Alessandro 6°, un papa molto birichino, padre, si dice, di Lucrezia Borgia.
Ma torniamo al trecento. Con quella bolla si instaura l’indulgenza plenaria. Significa che se seguirai le indicazioni riportate nel testo, i tuoi peccati possono essere tutti mondati e ti liberi da quel fardello, potendo riprendere da capo a farne di tutti i colori. E cosa bisogna fare per avere un simile vantaggio? I romani, all’epoca, devono effettuare trenta visite alle due basiliche di San Pietro e San Paolo, quelli che arrivano da fuori solo 15. Ma l’indulgenza ti viene concessa anche se non ce la fai a finire le visite per motivi di forza maggiore, come malattie o morte. Morte?
Già c’è scritto proprio così, una remissione dei peccati postuma, sperando che il giudizio divino non sia già stato inoltrato all’archivio del regno dei cieli.
La Chiesa inoltre prevede un Anno Santo ogni cento anni, dunque nell’ultimo anno del secolo. Come? È il primo? No, il primo è l’anno 1, 101, 1301 e così via o voi quando contate i vostri soldi cominciate da zero? Dunque le previsioni erano per il 1400, 1500 e così via. Ma le previsioni non sempre si avverano, anche perché sono sempre legate a quello che accade al di là dei riti, nella quotidianità che finisce poi nella storia.
E la storia del papato vede, in quegli anni, un lungo periodo tumultuoso con forti contrasti tra il Vaticano e la nobiltà romana e buona parte dei monarchi europei. Per sessant’anni circa la sede viene spostata da Roma ad Avignone, in Francia. Per quanto riguarda la periodicità del Giubileo ne succedono di tutti i colori. Clemente 6° lo indìce nel 1350, quindi a metà strada rispetto alle previsioni iniziali. Poi arriva Urbano 6° a complicare ancora i calcoli, volendo effettuare l’Anno Santo ogni 33 anni, in riferimento alla durata della vita di Cristo. Bonifacio 9° ne celebra due: uno nel 1390, non si sa bene perché e uno nel 1400 perché il precedente aveva avuto un grande successo con una marea di pellegrini arrivati a Roma.
Quelli successivi cadono a 25 anni di distanza, nel 1425 e 1450. Alla fine Paolo II emette una bolla che fissa in 25 anni la distanza tra due giubilei e da allora le cose non sono più cambiate.
All’epoca, come sappiamo, non c’era un sindaco di Roma che poteva dire la sua sull’organizzazione dell’evento. Così alcuni papi prendono l’occasione del Giubileo per abbellire la città, dotarla di strutture recettive per i pellegrini. Si stima che già in quegli anni del 16° secolo, siano davvero molti i fedeli che arrivano da ogni parte d’Europa, fino a 300 mila, una massa enorme se si pensa agli abitanti presenti all’epoca, alla difficoltà dei viaggi e alle difficoltà economiche di buona parte della popolazione. A parte qualche buco dovuto all’invasione di forze straniere, come quelle napoleoniche, il ritmo dei 25 anni si è mantenuto regolare fino ad oggi.
Giubileo e Anni Santi
Altro discorso vale per gli Anni Santi, che hanno le stesse caratteristiche del giubileo in quanto significato e tutto il resto. Loro non sono soggetti alla periodicità dei 25 anni e un papa può indirlo un po’ come gli pare, tanto di occasioni, importanti per la Santa Sede o per la religione, se ne trovano un sacco, visto tutti i santi, esistiti o meno, che sono stati inventati. Nel 17 secolo, per fare un esempio, ci sono stati addirittura 40 Anni Santi, in media uno ogni due anni e mezzo. L’ultimo è stato voluto da papa Francesco nel 2020 dedicato a San Giuseppe.A parte la periodicità, si deve notare che questi anni santi e i giubilei non hanno molto in comune con il giubileo biblico, di cui abbiamo parlato all’inizio di questa puntata. Il giubileo del Levitico non prevede infatti alcun pellegrinaggio né a Gerusalemme né altrove e viene il sospetto che dietro questa scelta ci sia dell’altro, magari un’azione che oggi potremmo definire di marketing da parte della chiesa.
E il fatto di renderli periodici, ogni 25 anni, va contro quello che possiamo chiamare lo spirito giubilare di Gesù. La visione he dagli scritti degli evangelisti si evidenzia non ha nulla di ciclico: le disposizioni giubilari come vengono interpretate da Cristo sono costanti, continue, fannoparte dell’essere cristiani e questo non può avvenire una volta ogni tanto. Insomma il giubileo è un po’ come le giornate di qualcosa che oggi vengono celebrate da una massa di ignoranti, che pensa di togliersi il peso del proprio maschilismo con un mazzo di fiori una volta l’anno. Essere cristiani è un’altra cosa e su questo credo siano tutti d’accordo, credenti e non credenti.
Insomma il giubileo come è stato istituito dal 1300 in poi è una festa cattolica, non cristiana, voluta e gestita dalle sfere amministrative della chiesa romana. In questo calderone finiscono diverse questioni, anche spinose, a cominciare da quella delle indulgenze, di cui sto per parlare. Ma per questo dobbiamo nuovamente spostarci nel tempo, agli albori della Riforma protestante, innescata dal teologo tedesco Martin Lutero. Eccoci dunque all’anno 1517 a Wittenberg, in Sassonia, affacciata sulle acque del fiume Elba.
La rogna delle indulgenze: Martin Lutero

Nel 1517 il papa è Leone X, il quale vorrebbe sistemare la basilica di San Pietro, ma le finanze dello stato pontificio non gli consentono di sostenere le spese per lavori molto imponenti. Così chiede ai fedeli un aiuto, ma non lo fa semplicemente chiedendo una questua, come quella abituale durante la messa, senza nessuna contropartita. Mette, in sostanza, in vendita l’indulgenza, vale a dire la remissione dei peccati, con lo scopo di permettere anche ai peccatori di non finire all’inferno.
Va tenuto presente che siamo in un periodo in cui la vita dopo la morte è un argomento molto importante per le persone e che, evitare di finire in mezzo ai diavoli è un desiderio diffuso soprattutto tra i poveracci. I potenti, che invece peccano a tutto spiano, possono, in questo modo, comprarsi una vita eterna un po’ meno drammatica.
Papa Leone X, bandisce in tutto il mondo una speciale indulgenza per coloro che fanno un'offerta in denaro. Dal momento che per cancellare i peccati è necessario un pentimento sincero, anche questo fa parte del pacchetto necessario per accedere alla indulgenza pontificia. Ma lo sconto offerto sui peccati e tradotto, forse, in anni di purgatorio al posto dell’inferno, è proporzionale al denaro offerto alla chiesa. Ora, si capisce chiaramente come tutto questo appaia ad un credente e fedele incrollabile come Lutero un semplice mercimonio, una contrattazione volgare e sacrilega, contraria ad ogni regola delle scritture.
É, in effetti, inimmaginabile, che Gesù di Nazareth possa chiedere un compenso per le sue opere nei confronti dei poveri, dei sottomessi o di quelli che guarisce o resuscita.
Il problema tuttavia non si limita a questo. L’indulgenza plenaria del 1517 è solo il caso più eclatante del commercio delle indulgenze, piuttosto diffuso in tutta Europa occidentale. Ma Leone X aggiunge qualcosa di poco ortodosso: la totalità delle pene viene annullata anche per tutti coloro che invece di recarsi in pellegrinaggio a Roma, versano un obolo per la costruzione della basilica di s. Pietro. Interpretando questa iniziativa come un ennesimo abuso della chiesa romana, Lutero protesta, dando così inizio alla Riforma protestante.
Quali problemi poteva suscitare questa prassi? perché Lutero di arrabbia così tanto da provocare uno scisma? Tanto per cominciare, il peccatore viene indotto a pensare che i peccati pesino un tanto a infrazione, che si possano levare di mezzo semplicemente pagando una quota, una specie di tassa per poter peccare.
E poi, le indulgenze vengono assegnate per iscritto e compare uno stuolo di addetti, di mediatori, un po’ come i procuratori dei calciatori di oggi, che distribuiscono le indulgenze. Lo fanno gratis? Certo che no. Dunque questa scelta del papa crea un nuovo lavoro che non può certo essere giudicato etico e che innesca speculazioni a non finire. Il mediatore vuole la sua parte, usa tariffe proporzionali alla richiesta del beneficio. Chi rifiuta questa consuetudine viene considerato un "cattivo" credente perché presuntuoso, avaro, quasi un eretico ... e non sono tempi in cui agli eretici le cose vanno benissimo.
Martin Lutero afferma che la mancanza di fede in Dio, o di coscienza personale non può essere sostituita dall'attivismo con cui si vuole dimostrare a tutti i costi d'essere santi, buoni e perfetti. Ecco perché le indulgenze, così come i pellegrinaggi, i digiuni, i voti di povertà o obbedienza, non servono a niente, se mancano le due cose fondamentali: la volontà di Dio e la fede dell'uomo. L'uomo si giustifica per fede e per grazia. Può fare delle "buone azioni", ma a titolo personale e non perché obbligato da qualche legge o consuetudine.
Le cose non sono cambiate di molto nella chiesa cattolica per questo nuovo giubileo del 2025. Ed è impossibile non notare la differenza rispetto ai vangeli e all’insegnamento di Cristo. Lui ha pagato con la morte per i peccati di tutti, e la Bibbia è molto chiara in questo. La salvezza provocata da questo episodio, che sta alla base di molta parte della dottrina cattolica, è unica e definitiva. La chiesa non può relativizzarla. Se è vero che il giubileo è un richiamo alla conversione e al timore di Dio, la chiesa non può trasformarlo in un incoraggiamento a forme di religiosità popolare derivate dal paganesimo. Se è vero che il giubileo è un appello alla sobrietà, esso non può essere inscenato su di un dispendioso palcoscenico luccicante. Soltanto Cristo ha proclamato l’anno di grazia di Dio e la chiesa non può indire nulla. Quello del 2025, come la maggior parte dei precedenti, sarà certamente un anno santo della tradizione religiosa cattolica, ma non può dirsi un giubileo in senso biblico.
Del resto che la Chiesa sia diventata, nel corso dei secoli, una specie di società per azioni è cosa più che nota e quindi non ci si può meravigliare più di tanto che abbia perduto per strada buona parte degli insegnamenti che derivano da quelle che lei stessa considera scritture sacre.
Proviamo a riassumere
Facciamo un riassunto.Il giubileo biblico dovrebbe essere un anno di riposo dalle attività ordinarie, di riscatto delle proprietà, di liberazione degli uomini dalle condizioni di servitù. Il tutto da ripetersi ogni 50 anni. Il massimo splendore di questi concetti si ha con la descrizione da parte degli evangelisti della vita e della morte di Gesù di Nazareth, che offre agli uomini la possibile di beneficiare del vero giubileo. Diventa un modo di vivere, non legato agli anni o alle date. La prima chiesa di Gerusalemme imposta la vita comunitaria proprio nel senso previsto dal giubileo, arrivando alla condivisione dei beni e delle risorse tra tutti i fedeli.
Nel corso della storia poi il termine giubileo è stato impropriamente sovrapposto a quello di Anno Santo, evento che ha poco da spartire con la sostanza e lo spirito del giubileo biblico.
Il passaggio dal cristianesimo al cattolicesimo ha comportato cambiamenti radicali, essendo il centro della chiesa, lo stato pontificio e poi il Vaticano, diventato un ente politico con tutto ciò che di negativo questo comporta. Abbiamo visto come la Riforma protestante di Martin Lutero nasca proprio da quel mercato delle indulgenze, che hanno sostituito nel tempo il perdono e la redenzione previste anticamente.
La domanda è allora: cos’è oggi il giubileo? Cosa significa questo termine nel 2025, dopo che tutte le quattro porte delle basiliche sono state aperte?
In realtà, se avete seguito fin qui, credo sia piuttosto chiaro che ci sono due interpretazioni di questo evento.
La prima è spirituale e si rifà completamente al messaggio del Levitico che abbiamo analizzato all’inizio di questa puntata. Le raccomandazioni o le norme previste sono rivolte all’anima delle persone, parlano di bontà, di accettazione, di pentimento e di perdono. Ma la festa che è appena cominciata non risponde più soltanto a questo aspetto, che potremmo chiamare liturgico del giubileo.
L’altra interpretazione è sociale o, se capite cosa intendo, politica, di gestione del patrimonio della chiesa, formato non solo dai possedimenti materiali, ma dalla incredibile moltitudine di fedeli che la seguono.
Entrambe queste interpretazioni, se prese da sole, comportano il rischio di ridurre il giubileo biblico a qualcosa di obsoleto e inutile. In effetti quel giubileo, quello del Levitico, mescola le due versioni in modo mirabile. il “giorno delle espiazioni” va insieme alla liberazione dei servi, il richiamo alla signoria di Dio si coniuga con l’interesse per la giustizia nei rapporti di proprietà. Nei profeti, la denuncia dei soprusi a scapito dei poveri, accompagna la proclamazione della venuta del Messia che realizzerà il giubileo. Nella vita di Gesù, l’annuncio che “oggi”, con Lui, si è adempiuto il giubileo è testimoniato dai Suoi miracoli a favore dei destinatari del giubileo, i poveri, gli affamati, gli ammalati. Nella comunità cristiana di Gerusalemme, l’assenza di “bisognosi” a cui il giubileo tendeva va di pari passo all’opera di diffusione del Vangelo. Insomma, tutta la Rivelazione biblica sottolinea che il giubileo non può essere ridotto a un evento che è, separatamente, o religioso oppure sociale.
Non sappiamo se i milioni di persone che visiteranno Roma durante l’anno che è appena incominciato abbiano chiara questa visione del giubileo o se siano spinti da una fede cieca e ottusa o dal semplice desiderio di mondare i propri peccati con un obolo alle casse di San Pietro.
Non sappiamo nemmeno quali intenzioni spingano i papi del nostro tempo ad indire questi anni speciali, unendoli alla moltitudine di Anni Santi, spesso con motivazioni curiose e poco comprensibili per chi non è un fedele a tutti gli effetti.
Ma tant’è, quello che volevo comunicare era la storia di questo anno magico e, se proprio devo fare una considerazione personale, trovo molto bello quanto previsto dal giubileo del Vecchio Testamento e assai meno tutto il resto.