Collaudi e monitoraggio
Quando la diga fu terminata nel 1960 iniziarono le attività di
collaudo con le prove d’invaso per il controllo della tenuta della diga.
Nello stesso tempo iniziò lo studio dei movimenti delle masse rocciose
rilevando, con metodi topografici, lo spostamento di capisaldi infissi nel
terreno.
Gli invasi e i livelli raggiunti
Furono effettuate tre prove di invaso:
Prima prova d’invaso
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Febbraio 1960: riempimento a 590 m (che provoca il distacco di una prima
massa terrosa)
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Giugno: l’acqua arriva a 600 m (i movimenti della massa continuano)
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Novembre: l’acqua raggiunge quota 650 m (si stacca una frana più
consistente che scivola nel lago e si forma una frattura a forma di "M" sul
versante settentrionale del monte Toc
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Novembre: svaso fino a 600 m
Seconda prova d’invaso
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Novembre 1961: inizia il riempimento graduale dell’invaso
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Novembre 1962: il livello raggiunge i 700 m si registra un aumento delle
velocità di spostamento della massa
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Dicembre: inizia lo svaso che porterà il livello a 647 m
Terza prova d’invaso
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Aprile 1963: inizia il terzo invaso
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Settembre: l’acqua raggiunge quota 710 m
Livello dell’acqua nell’invaso (modificata da D. Petley, 1996)
Il monitoraggio e le osservazioni del tempo
Il monitoraggio dei movimenti delle masse rocciose,iniziati
in concomitanza con il primo invaso e i primi movimenti franosi, vennero
effettuati rilevando, con metodi topografici, lo spostamento di capisaldi
infissi nel terreno.
Quando nel marzo del 1960 l’acqua, salendo a 590 m arrivò a lambire la paleofrana si staccò una prima massa
terrosa, il fenomeno si ripetè nel giugno dello stesso anno quando
l’acqua raggiunse quota 600 m. In questa occasione si osservò nel
versante una fessura continua lunga oltre 2 km. Nel novembre del 1960 con
l’acqua nell’invaso a 650 m, si staccò una terza frana che scivolò
nel lago senza però creare grossi danni.

posizione dei 4 capisaldi nella valle del Vajont
L’analisi dello spostamento del caposaldo 1 è
abbastanza indicativa dei movimenti verificatisi dal luglio 1960 al momento
della tragedia.

All’inizio del 1961 si constatò che, avendo
ribassato il livello dell’acqua a quota 600 m circa, i movimenti della
massa instabile erano dapprima rallentati e poi divenuti costanti. Ciò
portò a pensare, in accordo con quanto ipotizzato in precedenza dagli
esperti, che il movimento della frana potesse essere guidato o perlomeno
controllato attraverso un opportuno gioco di svasi e invasi del bacino.
Si decise quindi di procedere a prudenti invasi sperimentali in modo da
raggiungere una maggior conoscenza del fenomeno.
Si evidenziò in tal modo che la velocità
del movimento della massa veniva influenzata soprattutto in corrispondenza
della prima bagnatura di zone mai interessate prima dall’invaso. Il fenomeno
poi si arrestava all’abbassarsi dell’invaso stesso, e non si ripeteva
alle bagnature successive in quanto le velocità di spostamento risultavano
di molto inferiori a quelle registrate nell’autunno del 1960. Anche le
registrazioni sismografiche compiute alla stazione sismica istallata alla
diga confermavano la presenza di periodi di calma alternati a periodi di
attività prevalentemente durante le fasi di invaso.
Tali constatazioni confermavano la diagnosi fatta
in precedenza circa la natura lenta a graduale del fenomeno conducendo
gli esperti ad ipotizzare che si potesse tenere sotto controllo la massa
in movimento e che questa potesse assestarsi con movimenti di piccola entità.
Le operazioni di invaso e svaso, effettuate durante
il collaudo della diga, in realtà, determinarono delle fessure nelle
rocce, un effetto di lavaggio e di esportazione del materiale più
fine, peggiorandone la coesione ed alterandone la permeabilità.
Inoltre l'acqua ha esercitato una sottotensione
tra i grani interstiziali della roccia fino a permettene il "il galleggiamento". Questo
spiegherebbe come la massa franante sia precipitata tutta in blocco ed
in tempi rapidissimi.