Via Poma: Cesaroni Premessa  


omicidi20L’ultimo caso di cui ci occupiamo non è un delitto in senso classico; l’accusa più grave attribuita agli imputati è di omicidio colposo, cioè senza premeditazione. Ma i morti ci sono e sono tanti, con ogni probabilità ben più dei 19 registrati.
L’arma del delitto è il vino, opportunamente tagliato col metanolo. La vicenda emerge nel 1986 ed è la più grave sofisticazione alimentare italiana. Certo non l’unica e non solo da noi.
Tra tutte, ricordo che, all’inizio degli anni ’80, scoppia quella dell’olio di colza denaturato, che provoca in Spagna circa mille morti e 25 mila casi di danni gravi alla salute. In questo caso viene messo in commercio olio industriale raffinato, con il colore cambiato. Insomma una porcheria immane.
Qualcuno ricorderà, per restare da noi, i pompelmi avvelenati a Roma nel 1988, i panettoni finiti nel mirino dei terroristi, i mangimi alla diossina nel 1999, le bottiglie di acqua minerale siringate nei supermercati. Insomma di fatti ce ne sono stati un bel po’.
Ma il vino al metanolo ha avuto un impatto terribile sui consumatori, terrorizzati dai morti che il telegiornale continuava ad elencare, e sui produttori con un crollo delle vendite del vino.

L'omicidio di WIlma Montesi Premessa Il caso "metanolo"

Simonetta Cesaroni

Qomicidi15uesta storia è lunga e complicata. Si tratta di un altro delitto, avvenuto nell’estate del 1990, che ha appassionato a lungo gli italiani, reduci dalle “notti magiche” del campionato mondiale di calcio, che si è giocato in quei giorni nel nostro paese.
La vittima è ancora una giovane donna, di 21 anni, una bella ragazza, Simonetta Cesaroni, letteralmente massacrata da 29 pugnalate nell’ufficio dove lavorava due volte la settimana. Quell’ufficio si trova in un condominio di via Poma, a Roma, tanto che la vicenda viene subito ribattezzata dalla stampa il delitto di via Poma.
É il 7 agosto 1990, quando, accompagnata dalla sorella maggiore Paola e dal fidanzato di questa, Antonello Baroni, arriva alla stazione “Subaugusta” della metropolitana. Qui si lasciano. Simonetta procede verso il quartiere Prati, per entrare nel condominio di via Poma 2, dove si trova un ufficio della “Redi”, società che lavora per il comitato regionale degli ostelli della gioventù. Sono due mesi che ogni martedì e giovedì Simonetta è là, per registrare su un computer i dati dell’azienda.
Arriva, come sempre alle 15,30, poi alle 17,30 telefona alla collega Daniela per sapere una password, che peraltro è scritta all’interno dell’ufficio in cui si trova.
Daniela è l’ultima a sentirla.

 L'omicidio Codecà Premessa Via Poma: Cesaroni

Una morte “spettacolare”

omicidi11Anche questa storia si snoda nei primi anni ’50, questa volta a Roma, vicino alla Salaria, dove la famiglia Montesi, padre madre e due figlie, vivono una vita normale, fatta delle cose che la maggior parte degli italiani fanno giorno dopo giorno. Ma il 9 aprile del 1953, la figlia Wilma, esce di casa e da allora non si saprà più nulla di lei, fino a due giorni dopo, quando il suo cadavere viene trovato sulla spiaggia di Torvaianica.
É un delitto che, come vedremo, scuote profondamente la nazione. Al fatto, grave di per sé, si aggiunge la spettacolarizzazione dell’evento, pompato dalla stampa e diventato, non più solo il dramma di una famiglia, ma elemento di gossip di cui discutere al bar.
M. De Luca scrive nel suo libro “Storia d’Italia”:
“Da allora l’Italia non sarebbe più stata la stessa. Avrebbe conosciuto per la prima volta l’intrecciarsi spregiudicato di squassanti scontri all’interno del potere politico col procedere sussultorio di un’inchiesta di polizia e di magistratura. Si sarebbe morbosamente divisa in un crescendo di emozioni ben guidate in innocentisti e colpevolisti e sarebbe stata investita da autentiche slavine di menzogne e rivelazioni, da angeliche intransigenze e da demoniache invenzioni, in un rumoroso viluppo di intrighi capaci di far salire le tirature di molti quotidiani ma, contemporaneamente, di minarne in maniera forte irrimediabile una cospicua dose di credibilità”.
Nonostante questa prosopopea, tipica del periodo, nessuno sarà mai in grado di capirci qualcosa in questo delitto. In compenso verranno a galla comportamenti imbarazzanti di persone molto importanti, come politici e giornalisti. É così quando si pensa di avere il diritto di affermare verità (a favore o contro i protagonisti della vicenda) senza avere uno straccio di una prova, seguendo solo ideologie o simpatie per questo o quel personaggio.

Il caso Fenaroli Premessa L'omicidio di WIlma Montesi

L’omicidio

omicidi08La storia che sto per raccontare ci porta a Torino nel 1952, in via Villa della Regina, una strada di quelle aristocratiche, piene di villette singole, a volte decorate in stile liberty. Qui abita Erio Codecà. É un ingegnere, uno degli alti dirigenti della FIAT.
É il 16 aprile. Codecà è appena tornato da qualche giorno di riposo a Rapallo. É tornato da solo: la moglie Elena Piasescki e la figlia Gaby sono rimaste in riviera. Passa la giornata nel suo ufficio, dove ha funzioni di marketing (anche se questo termine è molto più recente dei fatti che sto raccontando). Dunque non maneggia denaro, non ha niente a che fare con la produzione o con le politiche dell’azienda, non ha alcun rapporto con i sindacati. Inoltre è un uomo tranquillo, descritto da tutti quelli che lo conoscono come mite e sempre disponibile. Una pasta d’uomo.
In passato ha diretto la fabbrica in Romania ed è là che ha conosciuto Elena, che diventa sua moglie. Durante la guerra e fino al 1950 dirige il laboratorio sperimentale della FIAT, per poi passare a direttore della S.P.A.
Quella sera, uscito dall’ufficio, torna a casa, verso le sette di sera, saluta la domestica e innaffia il giardino. Cena e, attorno alle 21, esce a fumare una sigaretta. Non c’è niente di strano in questo. Sono tutte cose che fa praticamente ogni giorno, un’abitudine. Poi, senza avvisare la domestica, prende il cane e lo porta a passeggio.
Sono passate da poco le nove, quando in strada si sente uno sparo, un solo sparo, secco a rompere il silenzio di quel quartiere residenziale.
Quasi subito, alcune persone vanno a vedere, si avvicinano alla 1100 di servizio dell’ingegnere. La portiera è socchiusa, dentro c’è il cane, un cocker, terrorizzato. Accanto all’automobile il corpo senza vita di Erio Codecà.

Premessa Premessa Il delitto Codecà

Il caso Fenaroli

Il primo caso di cui ci occupiamo, avviene nel 1958 a Roma.
omicidi04La mattina dell’11 settembre (che sembra una data destinata a fatti di sangue eclatanti) verso le 8,30, la domestica di casa Fenaroli suona alla porta dell’appartamento signorile, di via Monaci 21, vicino a piazza Bologna. Lo occupano il geometra Giovanni Fenaroli, originario di Como e la moglie Maria Martirano, che invece proviene dalla provincia di Lecce. La donna ha 47 anni.
Un vicino di casa aiuta la domestica ed entrare nell’appartamento dove trova Maria distesa a terra, morta, strangolata. Le prime indagini notano che mancano gioielli di valore e si pensa quindi ad una rapina finita male. Il marito è a Milano a cena con degli amici, che gli forniscono pertanto un alibi di ferro. La donna era molto guardinga e difficilmente avrebbe fatto entrare di notte qualcuno che non conosceva. Si scopre che quel qualcuno è arrivato verso le 23,20, mentre la morte risale all’incirca all’una di notte. Nel posacenere ci sono molte sigarette, il che testimonia di una permanenza lunga dell’ospite e probabile assassino in compagnia di Maria.
In questi casi, pensare a una responsabilità del marito non è certo peccato. Nonostante l’alibi milanese, si scopre che la sua azienda versa in cattive acque e che, poco prima e senza dire nulla alla moglie, il geometra aveva acceso una polizza sulla vita di entrambi. Il coniuge avrebbe incassato 150 milioni di lire, che, in quel periodo, sono una cifra molto importante.
Nonostante questo e nonostante la richiesta di arresto da parte della polizia, la magistratura non procede nei confronti di Fenaroli, perché non ci sono prove a giustificare l’atto.